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  • NL 1: Volontari e inclusione
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Volontari e inclusione. Come costruirsi la cassetta degli attrezzi?

di Alessandra Ricciardi Serafino de' Conciliis

Il Centro SInAPSi si avvale, nella realizzazione dei suoi interventi, della collaborazione di Volontari di Servizio Civile. Il lavoro di accompagnamento degli studenti svolto dai Volontari impone, alcune volte, il confronto con realtà poco note e che per questo possono risultare dolorose e di forte impatto emotivo. La gestione di tali emozioni, da parte del volontario, non avviene in maniera semplice e automatica, è necessario, nella maggior parte dei casi, un lavoro di elaborazione e di digestione delle esperienze vissute. Nel volume Il viaggio dell'inclusione (scaricabile su www.ateneapoli.it e su www.sinapsi.unina.it) è stato illustrato il percorso standard di formazione e accompagnamento che viene offerto ai giovani, costruito proprio con l'intento di favorire tutto ciò.
Nel tempo mi sono resa conto anche dell'importanza di offrire ai giovani strumenti diversificati per affrontare le delicate questioni che li riguardano. Infatti l'esperienza di conduzione del gruppo di counselling che da tempo porto avanti con  i gruppi di volontari che si sono succeduti negli anni, mi ha portato a riconsiderare l'offerta formativa unica. Bisogna precisare che la partecipazione al gruppo non è facoltativa, ma tutti i volontari sono tenuti a partecipare. Ovviamente, in quasi tutti gli interventi di tipo psicologico, l'obbligo alla partecipazione non ha senso, da qui l'idea di offrire, a chi ne senta l'esigenza, altri spazi, come i colloqui riservati, la partecipazione ad iniziative di interesse culturale e, infine, la formazione di piccoli gruppi su tematiche particolari. A mio avviso solo dall'insieme di tutte queste attività è possibile per il giovane volontario procurarsi gli strumenti necessari per affrontare in maniera soddisfacente e proficua il proprio lavoro.
Il percorso di counselling di gruppo ha la peculiarità di far risaltare le difficoltà di alcuni partecipanti a riconoscere che gli studenti accompagnati sono coetanei con esperienze simili alle loro, con la stessa voglia di divertirsi, di innamorarsi e di vivere che appartiene a loro. La possibilità data ai giovani di parlare liberamente in gruppo, senza che ci siano punti predefiniti o argomenti proposti da me da discutere, rappresenta una pagina bianca in cui le emozioni e i pensieri diventano visibili attraverso le parole utilizzate per raccontare e raccontarsi. Molte volte nel gruppo si parla degli studenti come di persone, e non di ragazzi, da proteggere e controllare, invece di accompagnare e supportare. Altre volte si rimarca una certa lontananza tra la loro esperienza, riferita a quella degli studenti, e la nostra esperienza, riferita a loro stessi, lasciando intendere che la vita emotiva  degli studenti disabili sia diversa e meno ricca di quella degli altri. Solitamente nessuno dei partecipanti al gruppo è pronto a riconosce la difficoltà che vive nel confronto con gli studenti disabili. Solitamente Tutto bene è quello che mi rispondono quando, durante i primi mesi di attività, chiedo come vanno le loro attività con gli studenti. La mia sensazione è che i ragazzi, pur volenterosi e pieni di buone intenzioni, spesso fuggono l'incontro autentico con lo studente con disabilità perché non ancora pronti ad affrontare le forti emozioni  che tale incontro suscitava in loro. Aiutare questi ragazzi a riconoscere e accettare le forti emozioni senza spaventarli è stato uno dei miei compiti principali del mio lavoro con loro. Affrontare apertamente le questioni relative alla disabilità e alla malattia e l'impatto emotivo che queste suscitano in ognuno di loro apre la possibilità di sganciare l'immagine dello studente con disabilità dalla visione pietistica del povero e sfortunato disabile, o dalla visione spettacolare dello studente disabile eccezionale. Scardinare le immagini stereotipate dei disabili che ognuno di loro porta con sé permette di far venire fuori le vite degli studenti, e i giovani costatano che non sono poi così diverse dalle loro vite. Quando questo avviene nasce la curiosità di approfondire le tematiche della disabilità al di là degli stereotipi. È nato così, nell'ultimo anno, un tavolo aperto, durante il quale i giovani hanno iniziato a  riflettere sulle differenze individuali e sulla necessità di ripensare ad alcuni concetti quali "normalità" e "diversità", che pur diffusi e comunemente utilizzati sono privi di significato comunicativo. Sono stati utili allo scopo libri, fumetti, film e spot pubblicitari che aiutano il fruitore a uscire dai soliti luoghi comuni sull'handicap e sulla disabilità, e lo accompagnano verso una la costruzione di una mentalità differente, un pensiero più complesso che considera la realtà eterogenea e diversificata dell'essere umano, dove la disabilità resta una parte, seppur importante, ma solo una parte dell'esperienza personale. Da questi confronti è scaturita la voglia di diffondere l'esperienza fatta anche all'esterno del gruppo. Spero che in poco tempo il gruppo di lavoro sia pronto a condividere il percorso fatto e a mettere in rete gli strumenti utilizzati in modo da allargare con gli utenti dei social network suggestioni, idee, progetti e realizzare in questo modo un tavolo aperto con la partecipazioni di molte più persone.

 

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