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  • NL 2: Il pugno e il sorriso
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Il pugno e il sorriso ...

di Antonio Minguzzi

Come genitore ho più volte utilizzato la metafora del KO per spiegare che cosa significhi avere un figlio autistico. È come ricevere un pugno in faccia che ti manda al tappeto senza che tu te lo aspettassi. Ti trovi a terra a massaggiarti la mascella e ci metti un poco a capire che cosa è successo. Ovviamente ti rialzi e aspetti che passi il dolore ... e quello alla mascella prima o poi passa. Ma come decidi di proseguire da quel momento in poi dipende da te.
Posso dire per esperienza che si attraversa un primo periodo in cui si cercano esasperatamente le diagnosi mediche. Non esiste uno specialista bravo a sufficienza, non importa quanto costi o in quale parte del mondo sia. È lui che mi deve liberare dal timore della diagnosi "a vita", è lui che deve sbugiardare i suoi colleghi che non hanno capito che mio figlio è un caso speciale . . .  lui potrà guarire, non è come gli altri.
Non ho mai capito se è meglio conservare a vita quest'illusione che ti spinge sempre alla massima intensità di assistenza o se è più utile un genitore che prende coscienza - non rassegnazione - e riorganizza la sua vita su nuovi parametri. Non credo esista un modello perfetto di genitore, certo non lo sono io, e ho sviluppato in questi anni la più assoluta capacità di comprensione dei comportamenti, folli e squilibrati, di chi è iscritto al mio stesso club: quello dei genitori di bambino autistico.
Non abbiamo fatto domanda di iscrizione, ci ha pensato il fato, la natura, ma ci accumuna la voglia di fare qualcosa, di reagire. Si sviluppano così i modelli di comportamento più diversi: il genitore-medico, che studia, conosce, comprende e a volte si lancia in diagnosi e terapie. Il genitore-guardiano, che controlla in modo esasperante la qualità dei servizi erogati al proprio figlio autistico a scuola, presso i centri di terapia, nelle ASL, in piscina e in qualunque altro posto lui sia presente. È il terrore degli operatori. Il genitore-missionario, che dedica in modo ossessivo e totalitario la sua vita all'assistenza del figlio fino ad annullare ogni altra attività e relazione per identificarsi nel sogno della morte comune e contemporanea.
Io rappresento il gruppo dei genitori-vogliofarequalcosa, che è intensamente presente nella comunità e si aggrega e disaggrega in associazioni, fondazioni e gruppi vari secondo correnti di pensiero e ideali che contribuiscono a diffondere il tema, elaborare modelli di intervento sociale, individuare criticità e a volte "sporcarsi le mani". Siamo il terrore - o l'ideale - dei nostri partner (mogli/mariti) perché brilliamo di solito per assenza casalinga.
Il grande salto è comunque passare dal dibattito agli interventi e Autism Aid ONLUS (www.autismaidonlus.org) costituisce il risultato finale della filiera: pugno in faccia, quali medici, parliamone tra noi, facciamo qualcosa.
Tre famiglie, incontratesi strada facendo, hanno iniziato nel 2004 a sostituire alle riunioni serali dei progetti di partecipazione operativa. Le storie personali e professionali dei partecipanti hanno orientato il timone verso alcuni temi specifici: la diffusione degli ausili tecnologici, l'organizzazione di attività ludiche, il "dopo di noi". Ma uno dei primi punti discriminanti è stata l'organizzazione/struttura. Non basta esistere formalmente per raggiungere risultati ma è necessario impegnare risorse, umane e finanziarie, e interagire con altri soggetti che già operano a vario titolo nel sistema: famiglie, centri terapeutici, ASL, scuola, ecc.
L'esperienza di cui eravamo portatori e le prime timide iniziative ci hanno insegnato che la via migliore per procedere è quella dei progetti. Presentiamoci, candidiamoci, coinvolgiamo chi possiede risorse e competenze complementari alle nostre in uno specifico progetto che abbia un inizio e una fine e per il quale siano definibili le necessità di competenze e di budget. C'è stato il progetto del nuoto, c'è stato il progetto del banchetto elettronico, c'è stato il progetto della comunicazione aumentativa e alternativa, c'è stato il progetto del campo estivo, dell'avviamento al canottaggio, dell'assistenza allo studio universitario.
In questo scenario abbiamo incontrato un compagno di viaggio che all'inizio guardavamo con un certo timore: SInAPSi dell'Università Federico II di Napoli. La consueta misura dei primi appuntamenti celava in realtà dei dubbi e delle curiosità: un'istituzione universitaria piena di "sapere teorico" è in grado di essere efficiente sul piano degli interventi operativi? Di dialogare con noi genitori per comprenderne i problemi? Di considerarci interlocutori credibili? Di accettare le nostre inadeguatezze e apprendere dagli errori . . .?
Se oggi, con grande piacere, scrivo queste note è perché ciò è avvenuto nel 99% dei casi. Il gigante ci ha accolti come partner e ci ha insegnato molto. Ha spostato il nostro punto di osservazione molti piani più in alto, ci ha inserito in un network enorme, ha dato credibilità ai nostri sforzi e soprattutto ci ha mostrato come, all'interno della più grande e complicata università del meridione, sia possibile elaborare e alimentare un progetto "autismo" multidisciplinare, solido, continuo e realistico.
Insieme a SInAPSi, anche con il nostro piccolo contributo, abbiamo progettato, partecipato e vinto progetti regionali, nazionali e, partecipato (perché non abbiamo vinto!!) a progetti europei. Da SInAPSi abbiamo imparato e ci siamo accorti che ci hanno ascoltato. È durato poco il tempo dei "gentile Dottore" ed "esimio Professore". Siamo velocemente passati al "tu" perché, per fortuna, gli obiettivi comuni si perseguono meglio se si è rilassati e le email che ci scambiamo per le nuove idee da sviluppare sono superiori in numero di quelle che rendicontano le cosa fatte.
Delle scorse settimane è la comune partecipazione ad un bando della Fondazione con il Sud per un importante progetto di "avviamento al lavoro" che fa leva su uno dei cavalli di battaglia di SInAPSi: l'inclusione lavorativa. Sono ottimista per il risultato che conosceremo tra alcuni mesi e solo la maturità mi evita di fantasticare sulle importanti opportunità che potremo offrire ai ragazzi autistici con le risorse che speriamo di ricevere. Aggiungeremo soprattutto molti "sorrisi" al nostro personale bilancio delle cose buone fatte insieme a SInAPSi per i soggetti autistici.
Due considerazioni finali. La prima è che Autism Aid ONLUS prosegue le sue attività confrontandosi con altri soggetti pubblici e privati della Campania, del Paese e anche con qualche soggetto estero. Non abbiamo incontrato nessuno paragonabile a SInAPSi nella capacità di coniugare teoria e realtà. Di arricchire gli interventi di nuovi contenuti, destreggiandosi contemporaneamente nelle complesse burocrazie del sistema pubblico. Sicuramente neanche loro sono perfetti ma siccome hanno accettato sempre le nostre imperfezioni (sulle quali ovviamente siamo nettamente superiori) credo rappresentino a oggi un modello di intervento da prendere ad esempio nel ricco e variegato mondo degli attori del settore dell'autismo. Cito indispensabilmente i soggetti che incontro più spesso e che hanno delle forti responsabilità nella catena degli eventi che oggi mi ha portato alla scrittura di questo articoletto: il Direttore Prof. (qui è indispensabile) Paolo Valerio, la Prof.ssa Maura Striano e il Prof. Alessandro Pepino. Ormai ho il loro cellulare . . .  e li disturberò ancora a lungo.
L'ultima considerazione, infine, è relativa a un episodio della scorsa settimana. Ero seduto a un tavolo insieme a dei funzionari della Polizia Municipale per esaminare un verbale che non mi vedeva dalla parte dei vincitori. Siccome il clima non era per fortuna condito di insulti il discorso è scivolato su temi personali e sull'autismo. Nella mia illustrazione delle attività di Autism Aid ONLUS (non perdo mai l'occasione) ho citato ad un certo punto la collaborazione con SInAPSi.
"SInAPSi?" mi ha interrotto uno di loro. "Ma io mi sono laureato con la Prof.ssa Maura Striano!!!".
Bè, nonostante la situazione mi è subito diventato simpatico ... e ho sorriso ...


Autism Aid ONLUS

 
 

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