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  • NL 2: Il sentimento del contrario: l'esperienza dei volontari di servizio civile presso SInAPSi
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Il sentimento del contrario: l'esperienza dei volontari di servizio civile presso SInAPSi

di Valentina Palomba, Antonella Scirocco

Alle volte, afferma Pirandello, "solo superando l'avvertimento del contrario si può giungere al sentimento del contrario"; in pratica, solo andando oltre le apparenze si può percepire una realtà ben diversa.
Ecco, rubiamo questa massima per parlarvi della nostra esperienza.
Da circa tre anni ormai svolgiamo servizio presso SInAPSi, un Centro di Ateneo che si occupa di offrire servizi a tutti quegli studenti che si sentono esclusi dal percorso di studi universitario a causa di disabilità o difficoltà temporanee o a cui, purtroppo, la frequenza rischia di essere preclusa per cause quale l'accessibilità agli ambienti. 
Quello che noi volontari del Centro SInAPSi facciamo è, agli occhi degli altri, uno dei tanti progetti che ci sono in giro e che hanno il solito fine e non "un" fine.
Soltanto giorno dopo giorno abbiamo potuto, nel nostro piccolo, constatare che non era affatto così!
In realtà tutti noi un fine ce l'abbiamo, eccome; ogni singolo giorno cerchiamo di soddisfare al meglio le richieste e i bisogni degli studenti che chiedono un supporto, sia fisico che didattico. Ci occupiamo, nello specifico, di accompagnare lo studente in aula, alle volte anche per l'intera durata delle lezioni; talvolta segue la presa appunti o anche la registrazione. Registrazioni che vengono successivamente sbobinate e consegnate al ragazzo che le ha richieste. Aiutiamo quindi a facilitare e velocizzare lo studio e la comprensione. Così facendo, lo studente può ritrovare sicurezza e forza, senza lasciarsi scoraggiare. Inoltre, lì dove siano richiesti, e in base alle varie difficoltà/disabilità, lavoriamo per audio-libri, ingrandimenti e scrittura braille.
Stiamo cercando con tutte le forze di superare quella barriera di superficialità che purtroppo c'è, ci accompagna e, peggio, ci etichetta.
Nonostante i molti sacrifici non amiamo chiamarlo lavoro. Preferiamo piuttosto  vederlo come una dedizione che, purtroppo, soli pochi hanno. O meglio, è così che dovrebbe essere, un fatto del tutto spontaneo. Ma andrebbe bene ugualmente anche  se solo si facesse uno sforzo in più e si rendessero disponibili le proprie energie, le proprie qualità. Sforzi, energie, attenzioni che, a quanto pare, oggigiorno non si corre il rischio di avere o, peggio!, che ormai non fanno minimamente parte dell'agire quotidiano.
Basterebbe semplicemente voler vedere le cose con un'ottica diversa. Ma alle volte è chiedere troppo!
Con tutta sincerità, inizialmente molti di noi hanno scelto di candidarsi e svolgere il servizio civile più che altro per essere indipendenti. Come molti non conoscevamo bene il Centro e cosa volesse significare: il suo scopo, le sue attività, le sue sfide.
Una volta dentro, poi, si è aperto un mondo. Un mondo che noi stessi non conoscevamo ma al quale, non senza difficoltà, non abbiamo esitato ad avvicinarci.
Ci siamo messi in gioco; abbiamo affrontato paure, limiti, pregiudizi. Ma ci è bastato stare a contatto con le persone che incontravamo per poter andare avanti e procedere al meglio; persone che ci hanno ricambiato enormemente, che ci hanno aiutato nei momenti di sconforto e che talvolta ci hanno insegnato qualcosa. 
Purtroppo in giro c'è ancora poca disponibilità, comprensione, volontà, attenzione, poca pazienza, poca conoscenza e accettazione della realtà.
E poca l'informazione, questa è la verità. Anzi a dirla tutta in alcuni casi è assente!
Da sempre nell'immaginario comune la disabilità o anche la diversità non sono riuscite a farsi spazio e a ottenere una valutazione positiva.
La verità è che la gente non vuole accettare che esista un altro, l'altro. La verità è che noi viviamo di pregiudizi, di preconcetti che ci trasciniamo dietro; la diversità è vissuta come una vera e propria minaccia, un pericolo.
Sono proprio questi pregiudizi, profondamente radicati ormai, che elevano barriere e alimentano divisioni.
È il timore in noi del diverso, dello sconosciuto.
Eppure l'esperienza della diversità dovrebbe essere propria dell'esistenza umana; ognuno sia per natura sia per decisione volontaria vive secondo tappe diversificate.
Anni fa si usava definire l'ambito della disabilità con il termine "handicap". Oggi è caduto in disuso, perché non adatto a descrivere un mondo dalle mille sfumature. Il termine inglese, traducibile come "svantaggio", può far pensare che uno svantaggio c'è, ma che è propriamente nella testa di chi guarda. Oseremmo dire che c'è una sorta di "disabilità dello sguardo" da parte di chi ha incontrato questo mondo.
Lavorare nell'ambito della disabilità ci ha posto davanti problematiche che prima non avremmo affatto percepito. Ora per strada capita spesso di notare se un marciapiede termina con lo scivolo e se qualche macchina ne ostruisce il passaggio e capita di infastidirci per l'insensibilità che il cittadino dimostra. Un'insensibilità che purtroppo è dettata dalla non conoscenza. Spesso la difficoltà diventa anche nostra se, trovandoci a condurre una sedia a ruote, non possiamo farlo in modo agevole, se siamo costretti a fare mille manovre prima di poter scendere da un marciapiede e se, attraversando una strada, dobbiamo stare attenti a non inciampare a causa del  pavimento sconnesso. Incontriamo noi stessi mille difficoltà se, offrendo il nostro aiuto a un ragazzo non vedente, ogni volta dobbiamo stare attenti alla macchina che arriva a tutta velocità, visto che siamo costretti a camminare in strada, non potendo farlo sul marciapiede, dove sono parcheggiate le auto che, invece, dovrebbero essere in un altro posto. E troviamo difficoltà a spiegargli che dobbiamo salire al quarto piano e dobbiamo farlo con le scale perché non c'è un percorso che lui possa affrontare in modo autonomo.  
Prima  parlavamo della disabilità come se fosse qualcosa di eccezionale e come se una persona con disabilità fosse un eroe per ogni cosa che riuscisse a svolgere quotidianamente. Ora invece pensiamo che si tratti di una persona che deve superare le proprie difficoltà e che cerca di farlo nel migliore dei modi.
Oggi riesce difficile pensare al Centro come luogo di lavoro, o come sinonimo di accompagnamenti e ausili didattici. Ora è diverso!
Il SInAPSi è socializzazione, unione, confronto, tolleranza, accettazione, dialogo. È avere pazienza, è saper ascoltare, saper spendere anche solo due minuti per una giusta causa, è sapersi guardare intorno. È rispetto!
Il rispetto per l'altro, chiunque sia.

 

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