testata per la stampa della pagina
  1. Contenuto della pagina
  2. Menu principale di navigazione
  3. Menu di sezione
  4. Menu fondo pagina di navigazione
 
  • NL 5: In che modo i nostri sensi influiscono sulla percezione e rappresentazione del mondo? Uno studio attraverso l'illusione di Müller-Lyer.
Contenuto della pagina

In che modo i nostri sensi influiscono sulla percezione e rappresentazione del mondo? Uno studio attraverso l'illusione di Müller-Lyer.

di Teresa Amato

Recentemente molti studi hanno indagato e approfondito il ruolo che i nostri sensi hanno nella percezione e rappresentazione del mondo. Generalmente essi ci forniscono informazioni precise e accurate su quanto ci circonda ma, talvolta, possono essere fuorvianti, generando illusioni percettive. Le illusioni percettive sono incisive e durevoli e hanno un carattere di universalità poiché riguardano tutti gli individui ugualmente sensibili. Poiché si può essere tratti in inganno dai propri sensi, lo studio delle illusioni consente di approfondire la conoscenza dei meccanismi percettivi (Wertheimer, 1923).
Tra le illusioni maggiormente studiate in letteratura vi è quella di Müller-Lyer, composta da due differenti rappresentazioni: una configurazione IN che consiste in una linea orizzontale con le estremità rivolte verso l'interno e una configurazione OUT, costituita da una linea orizzontale le cui terminazioni sono rivolte verso l'esterno. Analizzate insieme queste due rappresentazioni fanno sì che un osservatore percepisca la configurazione IN come meno estesa rispetto a quella OUT (vedi figura).
 
Per le teorie ottiche, basate sul funzionamento del sistema visivo, le illusioni derivano da fuorvianti indizi di profondità e prospettiva mentre per le teorie centrali i meccanismi che generano le illusioni, non dipendono strettamente dalla modalità sensoriale di input ma dal funzionamento del sistema nervoso centrale. In letteratura è stata, infatti, dimostrata la presenza dell'effetto illusorio di Müller-Lyer, acquisito attraverso esplorazione aptica (tattile), in diverse tipologie di soggetti: non vedenti congeniti (dalla nascita), avventizi (perdita tardiva della vista dopo 6/7 anni d'età) e in vedenti bendati.
Diversi studi (Gentaz & Hatwell, 2004; Heller et al., 2002; Miller & Al-Attar, 2002) hanno dimostrato che l'effetto illusorio di Müller-Lyer permane indipendentemente dal grado di esperienza visiva degli individui, ovvero è presente sia nei non vedenti dalla nascita, che in coloro che hanno perso la vista e nei soggetti vedenti bendati. Tale esperienza lascerebbe pensare che tutti i gruppi si affidano allo stesso tipo di rappresentazione spaziale.
Tuttavia la letteratura sui non vedenti ha largamente dimostrato che le rappresentazioni spaziali di questi ultimi, acquisite attraverso il tatto, differiscono da quella dei vedenti. Ad esempio, i primi si basano su una rappresentazione spaziale di tipo prevalentemente egocentrico/sequenziale (relazioni soggetto-oggetto, come l'esplorazione tattile) mentre quella dei vedenti si basa su un sistema di riferimento allocentrico mediato dalla vista (relazioni oggetto-oggetto) e quindi su percezioni di tipo simultaneo (cioè le relazioni tra parti di oggetti o tra oggetti acquisite nello stesso momento).
La mancanza di esperienza visiva porterebbe dunque a una "preferenza" per il punto di riferimento egocentrico (Noordzij et al., 2006). Ciò accade perché la modalità tattile fornisce delle informazioni che sono meno adatte a trasmettersi in parallelo non consentendo, quindi, l'uso di un sistema di riferimento allocentrico.
I non vedenti hanno un modo diverso di rappresentare le informazioni spaziali. Ma come fanno ad avere la rappresentazione di un mondo che non hanno mai visto?
Studi neurofunzionali condotti su non vedenti hanno mostrato che la perdita della vista produce una massiccia riorganizzazione funzionale, che vede la corteccia deprivata (occipitale) attivarsi in presenza di input provenienti da altre modalità sensoriali (Amedi et al., 2003). Per esempio, la lettura Braille o compiti di memoria verbale attivano aree visive occipitali e temporali in soggetti con cecità acquisita e congenita. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che molte regioni cerebrali sono di natura sovramodale, cioè sono regioni capaci di elaborare le informazioni provenienti dall'ambiente indipendentemente dalla modalità sensoriale con cui sono state acquisite (Ricciardi & Pietrini, 2011).
Pertanto, la rappresentazione degli oggetti non è semplicemente una rappresentazione di immagini mentali ma, piuttosto, una rappresentazione di caratteristiche più astratte della forma degli oggetti (Cattaneo et al., 2008). La vista, quindi, non sarebbe indispensabile per sviluppare la complessa architettura funzionale del cervello. La natura 'sovramodale' consente una specializzazione per il tipo di funzione indipendentemente dalla provenienza dell'input sensoriale. Ciò probabilmente accade perché tutti gli input sensoriali viaggiano sotto forma di segnali elettrochimici consentendo ai neuroni di non dover necessariamente "prestare attenzione" alla specifica origine dell'input (Pasqualotto & Proulx, 2012). La sovramodalità ci permette, dunque, di comprendere come sia possibile che individui privati della vista riescano ad avere una rappresentazione del mondo potendo interagire efficacemente con esso attraverso diverse modalità sensoriali.
Tuttavia l'esperienza visiva porterebbe a una specializzazione funzionale di specifiche aree corticali. Ricciardi e Pietrini (2011) hanno dimostrato che processi di ordine superiore, come la memoria di lavoro e la discriminazione spaziale, potrebbero derivare da un simultaneo coinvolgimento sia di componenti periferiche, specifiche per modalità sensoriale, sia di strutture sovramodali più centrali che elaborano le informazioni senza considerarne la fonte. Inoltre la mancanza dell'esperienza visiva potrebbe compromettere l'abilità neuronale di integrazione multisensoriale, che raggiunge la sua maturazione durante i primi anni di vita, comportando un deficit per compiti spaziali allocentrici (Zuidhoek et al., 2004). In più la riorganizzazione corticale seguita da una perdita sensoriale potrebbe non influire su tutti gli aspetti delle restanti modalità (es. la sordità migliora alcune delle abilità visive, ma non tutte).
Alla luce di queste considerazioni, che ritengo vadano interpretate come complementari, è possibile comprendere meglio la natura dei fenomeni dispercettivi nelle modalità sensoriali della vista e del tatto.
Ma come possiamo spiegare l'assenza di un effetto del ruolo dell'esperienza visiva negli studi sulle illusioni percettive? Nell'ambito della letteratura sulle rappresentazioni spaziali dei non vedenti, molte evidenze hanno mostrato che quando tra apprendimento di tipo egocentrico e test viene introdotto un delay (un intervallo di tempo), questi ultimi migliorano anche la rappresentazione spaziale allocentrica. Mentre, senza intervallo, la rappresentazione spaziale rimane saldamente ancorata al sistema di riferimento privilegiato e naturale per i non vedenti ossia quello egocentrico. Ciò è sostenuto anche dagli studi sulla doppia via visiva dorsale e ventrale.
La via dorsale (anche nota come via del where) favorisce rappresentazioni egocentriche che permettono un'interazione "online" con gli oggetti ed è, quindi, caratterizzata da immediatezza e breve durata (vision for action), mentre la via ventrale (via del what) favorisce rappresentazioni allocentriche che consentono un'interazione "offline" e hanno durata maggiore (vision for perception) (cfr. Goodale, 2008; Milner & Goodale, 1995; Ungerleider & Mishkin, 1982). L'introduzione di un delay, secondo quanto dimostrato dagli studi di Bruno et al. (2008), consente il passaggio da una rappresentazione all'altra.
Pertanto gli studi che finora hanno analizzato l'effetto illusorio di Müller-Lyer nei non vedenti non hanno considerato la possibilità che l'introduzione di un delay comporti il passaggio da una rappresentazione egocentrica a una allocentrica nella formazione dell'illusione.
A questo scopo si è condotto uno studio  con l'obiettivo di capire come possa agire l'esperienza visiva nella formazione del fenomeno illusorio di Müller-Lyer, ipotizzando che l'inserimento di un intervallo di tempo amplifichi quest'ultimo in soggetti con esperienza visiva (soggetti vedenti e non vedenti avventizi per i quali tale esperienza è residuale) ma non modifichi le prestazioni dei non vedenti congeniti, poiché essi non hanno mai beneficiato di tale modalità sensoriale.
I risultati conseguiti hanno mostrato un effetto dovuto alle differenze tra i gruppi: i soggetti congeniti hanno fornito stime di lunghezza inferiori rispetto agli avventizi e ai vedenti bendati. Un ulteriore effetto appare con la configurazione spaziale dello stimolo IN-OUT: la configurazione IN è sottostimata mentre quella OUT è sovrastimata. Si conferma, quindi, la presenza dell'effetto illusorio in tutti i gruppi di soggetti. Tuttavia, quando si introduce un delay tra apprendimento e test, i soggetti non vedenti avventizi sovrastimano maggiormente la configurazione OUT in condizione differita rispetto a tutti gli altri gruppi. Ciò ha portato a un'amplificazione dell'effetto illusorio per questa categoria.
Dai risultati riscontrati emerge che la modalità percettiva attraverso la quale vengono acquisite le informazioni dall'ambiente non altera il fenomeno illusorio grazie alla sovramodalità del sistema nervoso centrale (Ruggiero et al., 2012; Ruotolo et al., 2012). L'illusione si verificherebbe indipendentemente dall'input sensoriale perché è espressione del funzionamento del nostro sistema percettivo e del modo in cui il nostro sistema nervoso elabora le informazioni provenienti dall'ambiente esterno.
Tuttavia, la rielaborazione della rappresentazione motoria (via dorsale) a carico dei processi di memoria (via ventrale), avvenuti grazie al delay, risente dell'influenza delle caratteristiche specifiche della modalità percettiva dominante: l'esperienza visiva amplifica l'effetto dell'illusione (effetto della rappresentazione modalità-specifica). Difatti, inserire un delay tra acquisizione e test ha sollecitato l'attivazione di meccanismi specifici di elaborazione cognitiva che si sono formati in base alla modalità percettiva dominate utilizzata .
La vista/percezione simultanea (residuale per gli avventizi e ridotta per i bendati) aumenta l'effetto illusorio soprattutto in presenza della configurazione OUT poiché è il tipo di stimolo che elicita maggiormente un'estensione della rappresentazione spaziale. I soggetti che hanno perso tardivamente la vista hanno mostrato una tendenza a sovrastimare in modalità differita e, grazie alla loro residuale esperienza visiva, tendono a produrre performance più vicine a quelle dei vedenti bendati che dei non vedenti dalla nascita.
Riferimenti bibliografici
Amedi, A., Raz, N., Pianka, P., Malach, R., Zohary, E. (2003), "Early 'visual' cortex activation correlates with superior verbal memory performance in the blind", Nature Neuroscience, 6, pp. 758-766.
Cattaneo, Z., Vecchi, T., Cornoldi, C., Mammarella, I., Bonino, D., Ricciardi, E., Pietrini, P. (2008), "Imagery and spatial processes in blindness and visual impairment", Neuroscience e Biobehavioral Reviews, 32, pp. 1346-1360.
Gentaz, E., Hatwell, Y. (2004), "Geometrical haptic illusions: The role of exploration in the Müller-Lyer, vertical-horizontal, and Delboeuf illusions", Psychonomic Bulletin & Review, 11 (1), pp. 31-40.
Goodale, M.A. (2008), "Action without perception in human vision", Cognitive Neuropsychology, 25, pp. 891-919; 
Heller, M.A., Brackett, D.D., Wilson, K., Yoneyama, K., Boyer, A., Steffen, H. (2002), "The haptic Müller-Lyer illusion in sighted and blind people", Perception, 31, pp. 1263-1274.
Miller, S., Al-Attar, Z. (2002), "The Müller-Lyer illusion in touch and vision: Implications for multisensory processes", Perception & Psychophysics, 64, pp. 353-365.
Milner, A.D., Goodale, M.A. (1995), The visual brain in action Oxford: Oxford University Press;
Noordzij, M.L., Zuidhoek, S., Postma, A. (2006), "The influence of visual experience on the ability to form spatial mental models based on route and survey descriptions", Cognition, 100, pp. 321-342.
Pasqualotto, A., Proulx, M.J. (2012), "The role of visual experience for the neural basis of spatial cognition", Neuroscience e Biobehavioral Reviews, 36, pp. 1179-1187.
Ricciardi, E., Pietrini, P. (2011), "New light from the dark: what blindness can teach us about brain function", Current Opinion in Neurology, 24, pp. 357-363.
Ruggiero, G., Ruotolo, F., Iachini, T. (2012), "Egocentric/allocentric and coordinate/categorical haptic encoding in blind people", Cognitive Processing, 13 (1), pp. 313-317;
Ruotolo, F., Ruggiero, G., Vinciguerra, M., Iachini, T. (2012), "Sequential vs simultaneous encoding of spatial information: A comparison between the blind and the sighted", Acta Psychologica, 139 (2), pp. 382-389.
Ungerleider, L.G., Mishkin, M. (1982), "Two cortical visual system", in D.J. Ingle, M.A. Goodale, R.J.W. Mansfield (Eds.), Analysis of visual behavior, Cambridge, MA: MIT Press, pp. 549-586..
Wertheimer, M. (1923), "Untersuchungen zur Lehre von der Gestalt II", Psycologische Forschung, 4, pp. 301-350.
Zuidhoek, S., Visser, A., Bredero, M.E., Postma, A. (2004), "Multisensory integration mechanisms in haptic space perception", Experimental Brain Research, 157, pp. 265-268.





 

Le sedi SInAPSi

Sede Legale
Via Giulio Cesare Cortese, 29
Palazzo degli Uffici - piano terra
80133 Napoli
P.IVA: 00876220633

Email: sinapsi@unina.it
PEC: sinapsi@pec.unina.it
Sito: www.sinapsi.unina.it

Sede Operativa di Monte Sant'Angelo
Via Cinthia, 26 Complesso Universitario di Monte Sant'Angelo
Edificio 1 (Centri Comuni) - piano terra
80126 Napoli

Fax: 081 676768
Email: accoglienza.sinapsi@unina.it