A cura di Carmen Ricci
"Violenza di
genere", è questa la terminologia utilizzata per indicare tutte quelle azioni
discriminatorie e violente agite nei confronti delle donne. L'origine del
termine risale al 1993, quando la Conferenza Mondiale
delle Nazioni Unite (Vienna, 1993) ha definito VIOLENZA DI GENERE "qualsiasi
atto che comporta, o è probabile che comporti, una sofferenza fisica, sessuale
o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce
di tali violenze, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della
libertà personale sia che si verifichino nel contesto della vita privata che di
quella pubblica". In questa occasione per la prima volta un organismo
internazionale riconobbe la violenza nei confronti delle donne come una
problematica da trattare a livello mondiale.
La violenza di genere
rappresenta un fenomeno socio-culturale largamente diffuso e, ancora oggi, poco
riconosciuto e denunciato: l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato
che la violenza è uno tra i più urgenti problemi della salute mondiale,
osservando un incremento drammatico nella sua frequenza verso le persone di
tutte le età e sessi, ma soprattutto donne, bambini e adolescenti. A
testimonianza di tale dichiarazione, la cronaca italiana dimostra come il
fenomeno abbia assunto proporzioni veramente drammatiche, delineando così i
contorni di una condizione di alta tensione e violenza nei confronti delle
donne, un'immagine svalutata e una condizione di passività che caratterizza
ancora oggi la donna all'interno del contesto sociale e culturale. A fronte di
tale drammatica situazione, l'OMS ha sottolineato l'importanza di introdurre e
implementare specifiche politiche e programmi per prevenire la violenza nella
società e mitigarne gli effetti. Anche la ratifica della Convenzione del
Consiglio d'Europa su "Prevenzione e
lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica",
approvata l'11 maggio 2011 ad Instanbul, evidenzia la necessità di realizzare
azioni di contrasto alla violenza di genere.
"Ginocidio" e "Femminicidio" sono altri due
termini, coniati dal femminismo degli anni '70, per definire la violenza di
genere ed indicano non solo gli assassinii di donne, ma anche tutta la violenza
che si rivolge contro l'essere donna, contro il femminile, a causa del
disprezzo sociale e di brama di controllo sui corpi femminili da parte di un
sistema di potere fondato sul maschile, sul patriarcato. La radice del
ginocidio sarebbe rintracciabile nella rigida separazione tra i sessi con la
prescrizione della subordinazione del sesso femminile a quello maschile: è la
violenza rivolta contro il femminile allo scopo di affermare la superiorità
maschile, è lo stupro che collega al piacere sessuale un'aggressione intima
contro la vittima, è l'annichilimento della volontà della partner nei
maltrattamenti familiari, è l'omicidio per gelosia, per passione, in cui la
pretesa di amare la vittima nasconde la manifestazione suprema del suo
possesso, ossia la distruzione (Danna, D. 2007).
Il punto di partenza
per comprendere a fondo un tema così delicato e complesso, quale quello della
violenza di genere, non può che essere l'analisi del concetto di genere che oggi è in ricostruzione tra
vecchi stereotipi e nuovi equilibri. Nella prospettiva dei cosiddetti Gender Studies, nati in America negli
anni Settanta-Ottanta, il genere viene definito come una categoria fondamentale
della realtà, della percezione sociale e culturale, che differenzia la sfera
delle donne da quella degli uomini. La complessità del termine ha a che fare
con una problematicità strutturale, ossia col fatto che si pone al crocevia tra
fattori biologici, psicologici, sociali e culturali, e sembra essere colta da
molte autrici. Judith Butler (1990), ad esempio, definisce il genere come ciò
in cui una persona si identifica, senza che ciò debba derivare da una
componente biologica o fare riferimento ad un orientamento sessuale. Viene,
dunque, destrutturato l'allineamento natura-genere per dimostrare come il
genere sia un artificio che si riproduce attraverso il linguaggio, i gesti, gli
abiti, i movimenti, le leggi e le usanze. Per quel che riguarda il genere
femminile, la specificità dello sviluppo femminile rispetto a quello maschile
non è stata immediatamente intuita ed esplicitata. L'evoluzione negli studi
psicologici e psicoanalitici ha determinato una maggiore attenzione al genere
femminile, individuando un modello che considerasse la donna non come individuo
mancante rispetto l'uomo, bensì come differente.
Ritornando al tema
principale, esistono diverse forme di violenza agite nei confronti delle donne
ed è possibile suddividerle in 4 macro-aree:
- VIOLENZA FISICA. Racchiude qualsiasi atto guidato dall'intenzione
di far del male o terrorizzare la vittima. Rientrano nella violenza fisica atti
come lo spintonamento, il lancio d'oggetti, gli schiaffi, morsi e/o calci,
percosse, soffocamento, minacce ecc.;
- VIOLENZA
PSICOLOGICA. Racchiude l'insieme di strategie volte ad esercitare potere e
controllo sulla vittima attraverso azioni tese a ledere la dignità della donna
e ad esercitare su di essa un potere totale. Nella violenza psicologica possono
rientrare atti come: attacchi verbali finalizzati a convincere la donna di
"non valere nulla", per meglio tenerla sotto controllo; isolare la
donna, allontanarla dalle relazioni sociali di supporto o impedirle l'accesso
alle risorse economiche e non, in modo da limitare la sua indipendenza; estrema
gelosia ed ossessività: controllo eccessivo, accuse ripetute di infedeltà e
controllo delle sue frequentazioni; minacce verbali di abuso, aggressione o
tortura nei confronti della donna e/o la sua famiglia, i figli, gli amici; minacce
ripetute di abbandono, divorzio, inizio di un'altra relazione se la donna non
soddisfa determinate richieste; danneggiamento o distruzione degli oggetti di
proprietà della donna; violenza sugli animali cari alla donna e/o ai suoi
figli. Tali comportamenti veicolano il messaggio che la persona sia di poco
valore: la persona che li subisce, pertanto, può facilmente introiettare tali
convinzioni che diventano parte integrante della propria identità personale.
Nella categoria della
violenza psicologica è possibile farvi rientrare anche lo "STALKING".
Caratterizzato dall'assenza dell'oggetto d'amore, il fenomeno si presenta come
una forma di aggressione messa in atto da un persecutore che irrompe in maniera
ripetitiva, indesiderata e distruttiva nella vita privata di un altro
individuo, con gravi conseguenze fisiche e psicologiche (Gargiullo e Damiani,
2008). Tali condotte persecutorie rappresentano una modalità relazionale
ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima e si esplicano in
comportamenti quali pedinare la persona, aspettarla o fare incursioni sul luogo
di lavoro, a casa o in altri luoghi frequentati dalla vittima, telefonarle
continuamente, lasciarle ripetuti messaggi o inviarle regali non graditi. I
comportamenti di uno "stalker" sono accomunati da alcune
caratteristiche: l'imprevedibilità; l'essere palesemente inefficaci e bizzarri
nel loro intento inconcludente; il sottintendere la frustrazione emotiva
derivante da un oggetto d'amore assente (Sasso, G. 2010). La relazione forzata
tra stalker e vittima viene messa in atto allo scopo di mantenere un controllo
e generare ansia e paura, condizionando così il normale svolgimento della vita
quotidiana e minando l'autonomia personale. Attualmente, il reato di stalking è
regolato dal Codice Penale Italiano, nell'articolo 612-bis - comma 1 - ed è punito con la
reclusione da sei mesi a quattro anni
- VIOLENZA
ECONOMICA. È una forma difficile da
rintracciare e riguarda la sfera della gestione economica delle finanze
familiari. Rientrano in essa comportamenti quali: estorcere denaro alla donna,
sottrarle il mantenimento previsto dalla legge, spendere grosse somme senza
consultarla, impedire di avere conto corrente, escluderla dalla gestione del
denaro familiare.
- VIOLENZA SESSUALE. In questa tipologia di violenza rientrano le
situazioni in cui la donna è costretta a fare o a subire contro la propria
volontà atti sessuali di diverso tipo: stupro, tentato stupro, molestia fisica
sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati subiti
per paura delle conseguenze, attività sessuali degradanti e umilianti,
visionamento obbligatorio di materiale pornografico ed imitazione di tali
comportamenti, costrizione a scambi di coppia ecc.
La violenza di genere è
una problematica socio-culturale non solo perché si inserisce nelle relazioni
sociali, ma anche perché è la tradizione culturale a definire il maschile e il
femminile in un determinato contesto storico-sociale, condizionandone i
rapporti. La violenza di genere trova la sua origine in una dimensione
socio-culturale e, specificatamente, nei cosiddetti "stereotipi di genere".
La violenza di genere
può portare a conseguenze di natura fisica e psicologica. Le conseguenze
fisiche, si distinguono in:
·
Dirette.
Un'aggressione
fisica diretta consiste in chiari segni sul corpo della donna, come lesioni,
lividi, fratture fino ad arrivare a disabilità permanenti o addirittura morte;
in caso di violenza sessuale c'è invece il rischio di una gravidanza
indesiderata, di lesioni e abrasioni, di una malattia sessualmente
trasmissibile. Nel caso in cui la violenza avvenisse durante una gravidanza,
ciò comporterebbe rischi di aborto spontaneo, nascita di un feto morto,
travaglio e parto prematuro, lesioni fetali.
·
Indirette.
Si tratta di conseguenze scatenate dallo stress e mediate dal malfunzionamento
del sistema immunitario, e possono colpire qualsiasi organo o funzione. I
cosiddetti "disturbi disfunzionali" sono in questo caso i più frequenti, ossia
una serie di indisposizioni che spesso non presentano cause mediche
individuabili, come ad esempio la sindrome dell'intestino irritabile, disturbi
gastrointestinali e diverse sindromi da dolore acuto.
Le conseguenze psicologiche
si distinguono in:
·
A
breve termine. Le reazioni immediatamente successive
alla violenza fisica o sessuale e possono variare dalle reazioni di ansia
acuta, di dissociazione o di "numbing ", fino a reazioni di disturbo post
traumatico da stress.
·
A
medio e lungo termine. La conseguenza psicologica più
frequente è sicuramente la depressione: diverse ricerche hanno mostrato che le
donne maltrattate hanno un rischio di depressione 4/5 volte superiore delle
altre donne. Non sono rari i casi in cui queste donne sviluppano inoltre
disturbi del sonno e dell'alimentazione, fobie e attacchi di panico, sensi di
colpa. Ma soprattutto chi ha subito violenza tende a sviluppare comportamenti a
rischio, quali fumo, sedentarietà, abuso di alcol e droghe, comportamenti
sessuali non protetti.
Al di là del tipo di
violenza e delle conseguenze che può comportare, la violenza di genere è
attualmente un fenomeno ancora molto diffuso e di cui sembra difficile
delinearne i confini e le dimensioni realistiche. L'incertezza e la quantificazione
poco precisa del fenomeno rendono ancora più arduo gli obiettivi di prevenzione
e contrasto, in quanto concedono alla violenza di genere invisibilità.
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