A cura di Camilla Esposito
La Sezione Anti-discriminazione e
Cultura delle Differenze del Centro di Ateneo SInAPSi si è sintonizzata, nel
percorso delineato in questi anni di attività, principalmente sul contrasto
alle discriminazioni legate al genere e all'orientamento sessuale, fissandosi
come obiettivo la diffusione, appunto, di una cultura delle differenze.
Ha
deciso, però, di ampliare il suo raggio di pratiche, cominciando ad occuparsi
fattivamente anche di altre forme di discriminazione, per lo più etniche e
religiose.
Ma procediamo con ordine. Per razza si intende un gruppo di individui
che mostrano una comunanza in termini biologici, somatici, mentre l'etnia raggruppa individui che hanno in
comune anche aspetti culturali e linguistici. In ultima analisi, la
discriminazione razziale e/o etnica è una distinzione operata in seguito a un
giudizio o una classificazione, agita in maniera preconcetta, basata sulla
razza, il colore, l'origine o la convinzione religiosa. Generalmente, data la
parziale sovrapposizione dei due concetti, discriminazioni razziali e
discriminazioni etniche sono considerate parimenti.
La nascita e la diffusione dei
pregiudizi razziali vengono fatte risalire ad un tempo preciso dell'epoca
moderna, ossia la fine del XVIII secolo: è a questo periodo che viene associata
una prima forma di razzismo biologico, escamotage utilizzato per giustificare
una politica nazionalista e colonialista, evidentemente eurocentrica.
Prima di questo momento non si
era mai affermata l'idea di una superiorità biologica di una razza su altre:
fin dall'antichità, invece, popoli o gruppi sociali tendevano a chiudersi agli
altri, escludendo o discriminando i diversi in nome di una superiorità
linguistica, culturale e religiosa. I greci e i romani, per esempio, definivano
"barbari" i popoli che non parlavano la loro lingua; l'Europa cristiana
perseguitò e ghettizzò per secoli gli ebrei accusandoli dell'uccisione di
Cristo.
La esclusione, relegare l'Altro diverso ad uno spazio esterno, fuori
dalle mura, fuori dai luoghi della comunità, spesso discriminarlo, sono tutti
atteggiamenti e comportamenti che la psicologia sociale ha definito come la
predisposizione a preferire l'ingroup,
cioè il proprio gruppo di appartenenza, con caratteristiche comuni tra gli
individui all'interno del gruppo, rispetto all'outgroup, ossia il gruppo differente dal
proprio.
Per meglio comprendere come giudizi, o pregiudizi, influenzino la
nostra vita, il nostro vedere e il nostro sentire, basti pensare al cosiddetto "bias altra razza", una distorsione della
nostra memoria provocata dall'effetto che gioca l'appartenenza alla razza:
insomma, riconosciamo e distinguiamo meglio le persone della nostra stessa
razza piuttosto che quelle di altre razze.
I più recenti studi di genetica dimostrano che le
differenze tra le razze sono minime, che l'intelligenza è uguale in tutte le
razze. L'umanità deriva da un unico ceppo che dall'Africa si diffuse nei vari
continenti, rafforzando in ogni ambiente i caratteri più adattivi, e quindi
differenziandosi in varie razze.
L'ONU condannò il razzismo con la
Dichiarazione sulla razza dell'UNESCO (1950) e con una Convenzione del 1965 che
definì discriminazione razziale ogni differenza, esclusione e restrizione dalla
parità dei diritti in base a razza, colore della pelle e origini nazionali ed
etniche. Nel 2000 il 21 marzo fu proclamato giornata mondiale contro il
razzismo, in memoria dell'eccidio di 69 neri nel 1960 a Sharpeville
(Sudafrica).
David G. Myers, "Psicologia sociale", McGraw-Hill
Education editore, 2013
Enciclopedia Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/razzismo/
Letture consigliate:
"L'Altro necessario", Piero
Amerio, Il Mulino, 2013
SAD... cucina e curry! A cura di Emma Spinelli