A cura di Sabrina Antuoni e Francesca Diletta Iavarone
Il 16 e il 17 Gennaio,
presso il Centro di Ateneo SInAPSi, si è tenuto
il lancio del Progetto Europeo “XENIA: Higher Education Inclusiveness Index” co-finanziato
dal Programma Erasmus+ della Commissione Europea, che ha come obiettivo
principale quello di comprendere come il clima universitario incide sul
benessere delle persone e, in particolare, delle persone appartenenti a gruppi
discriminati sulla base del genere e dell’orientamento sessuale e quanto il
contesto universitario sia vissuto e sentito come più o meno inclusivo.
Per conoscere nel
dettaglio il Progetto abbiamo intervistato la Prof.ssa Anna Lisa Amodeo,
ideatrice e responsabile scientifico del progetto, attraverso il Centro di
Ateneo SInAPSi, di “XENIA”.
- Da dove nasce l’idea del Progetto
“XENIA: Higher Education Inclusiveness Index”?
Xenia nasce dalle attività della
Sezione Anti-discriminazione e, in particolare, da quelle attività che
riguardano l’Osservatorio Universitario Sulle Differenze, che da alcuni anni
stava ragionando sulla percezione, da parte degli studenti dell’Ateneo
federiciano, del clima organizzativo del nostro Ateneo e, in particolare, sulla
loro percezione di benessere per quanto riguarda la dimensione dello stigma sessuale
e di genere. La nostra attenzione è andata, in questi anni, a come l’ateneo
federiciano si occupa di monitorare possibili sacche di micro-aggressioni, di
discriminazione, esclusione dei nostri studenti e delle nostre studentesse appartenenti a minoranze sessuali
o, comunque, a gruppi marginalizzati sulla base del genere e dell’orientamento
sessuale. Questo, all’interno dell’Osservatorio, l’abbiamo fatto con
un’indagine che stiamo portando avanti da un anno e mezzo e che ci ha mostrato
come la percezione del clima organizzativo da parte degli studenti sia
strettamente connesso alla performance accademica e al benessere degli stessi
studenti. In particolare, questo dato è vero per tutto il campione di studenti,
quindi senza introdurre alcuna differenza rispetto al sesso, all’identità di
genere e all’orientamento sessuale, ma è ancora più vero per gli studenti e le
studentesse che appartengono a gruppi marginalizzati sulla base del genere e
dell’orientamento sessuale che raccontano, attraverso questi dati, come
l’esperienza di ritrovarsi in un contesto dove non c’è molta attenzione e
riconoscimento di bisogni specifici porta a vivere il contesto come poco
sicuro. Questo attiva sentimenti di solitudine, di tristezza, il pensiero
addirittura che si possa abbandonare il proprio progetto di studi e la
difficoltà, talvolta, di presentarsi agli esami.
- Chi sono i partner del Progetto?
Xenia
è un progetto co-finanziato dalla Comunità Europea e in particolare dall’Agenzia
esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA).
E’ sostenuto da un Consorzio formato da 7 partner, il capofila è SInAPSi,
insieme a noi in questa avventura ci sono altri 3 atenei: l’Università di
Patrasso, l’Università di Barcellona e
la University College di Dublino. Abbiamo voluto in questo progetto anche delle
organizzazioni (NGO): Arcigay Antinoo Napoli e Ozara (Slovenia), che si occupa
di salute e benessere. Infine abbiamo una società spagnola, IWS, esperta nei
processi di dissemination, perché i Progetti Europei hanno come obiettivo anche
quello di attivare dei percorsi di dissemination particolarmente impegnativi.
-Che significato ha il nome “XENIA”?
In
genere i progetti finanziati dalla Comunità Europea hanno un nome che è
essenzialmente un acronimo, noi invece abbiamo preferito utilizzare un nome
tratto dalla letteratura greca. Xenia nell’antica
Grecia rappresentava il valore dell’ospitalità, l’ospite era considerato sacro,
l’host ospitava e cercava di creare le migliori condizioni possibili per far
vivere all’ospite una buona esperienza del posto in cui stava.
Questo è in qualche modo l’obiettivo di Xenia: fare in modo che le nostre
organizzazioni siano dei posti ospitali, sicuri, in cui tutte le persone
possano stare bene.
-Quali sono gli obiettivi perseguiti
dal Progetto?
Dai
dati raccolti, in quanto ricercatori, abbiamo iniziato a chiederci come
potessimo aiutare il nostro contesto a misurarsi, a valutarsi rispetto al clima
organizzativo – gli americani lo chiamano “Campus Climate” – a capire se
veramente il contesto organizzativo, in questo caso l’Università, l’Ateneo,
fosse inclusivo o invece non riconoscesse possibili rischi di esclusione
sociale e di disparità. Quindi abbiamo iniziato anche ad interrogare la
letteratura scientifica; esistono degli studi, in particolare in America, che
hanno indagato questa questione, mentre in Italia non ne abbiamo trovato
nessuno, ne esistono pochissimi in Europa e un paio di studi australiani. Quindi
abbiamo pensato che, forse, è arrivato il momento di creare una sorta di
indice, così come esiste per le grandi aziende e per le scuole, per fare in
modo che le organizzazioni si possano valutare e possano capire se promuovono
inclusione e benessere o meno. In realtà, Xenia voleva essere non soltanto un
progetto per la creazione di un indice – che non esistendo ancora ci sembrava
un progetto particolarmente innovativo – ma anche, dopo una prima fase di
valutazione, per permettere alle organizzazioni, in questo caso gli Atenei, di comprendere
quali sono le aree da dover migliorare, le dimensioni da implementare per
sostenere processi di inclusione e quindi favorire il benessere dei nostri
studenti e delle nostre studentesse che, per motivi legati al pregiudizio
sessista, genderista ed eteronormativo, vengono generalmente discriminati ed
esclusi.
L’indice Xenia, in realtà, non è puramente statistico ma è una sorta di
strumento che si vuole dare nelle mani della nostra governance, è anche in qualche modo un pretesto per soffermare la
sua attenzione su come aiutare i nostri studenti a vivere l’Ateneo come un
luogo sicuro, un luogo in cui stare bene, che produce creatività, benessere e
aiuta a sostenere i propri sogni e progetti per il futuro.
-Qual è il ruolo del Centro di
Ateneo SInAPSi all’interno del Progetto?
SInAPSi
è stata la mente del progetto. Xenia nasce dentro casa nostra, attraverso il
lavoro che portiamo avanti come Sezione Anti-discriminazione e il nostro
compito è quindi quello di sostenere e promuovere tutte le fasi del progetto e
di monitorare che le cose vengano fatte bene, così come finanziate dalla
Comunità Europea. Inoltre il nostro compito è di implementare il progetto,
quindi non soltanto di validare l’indice nella nostra organizzazione ma anche di
implementarlo nelle altre organizzazioni per verificare se effettivamente sia
uno strumento efficace ed efficiente.
-Quali sono le prospettive future
rispetto ai risultati attesi dal Progetto?
Innanzitutto
di iniziare a fermare l’attenzione degli accademici su questo tema e pensare a
ciò che accade nelle nostre organizzazioni, perché Xenia nasce anche da un
paradosso: noi accademici scriviamo di inclusione ma poco guardiamo rispetto a quello
che accade a casa nostra.
Ciò attraverso degli strumenti, una cassetta degli attrezzi per capire cosa
succede, per aggiustare ciò che non va tanto bene, per migliorare e potenziare quello che invece già
funziona.
Xenia è anche un serbatoio di nuove idee, da cui sono già nate delle
iniziative, delle collaborazioni. Quindi rappresenta un seme per nuovi progetti
e nuove sfide.
E’ anche una sfida per SInAPSi, da sempre il centro dell’inclusione dell’Ateneo
Federiciano, che ad un certo punto si ferma e si chiede: “Noi veramente
promuoviamo l’inclusione?”, “E se è si, quali sono le nostre traiettorie, lungo
quali direzioni stiamo andando, stiamo lavorando? Queste possono essere
applicate ad altri contesti universitari?”. Questa è una grande sfida che speriamo
e pensiamo di portare avanti con tanta energia, tanto entusiasmo, tanta
passione e tanto orgoglio.