A cura di Daniela Rubinacci
Durante
la festa di Natale del 1993, Nissen e Lotter afferrano Brandon e lo costringono
a togliersi i pantaloni, e così scoprono che è anatomicamente una femmina.
Lotter
e Nissen hanno una colluttazione con Brandon e lo costringono a salire su
un'auto, dove lo violentano. Brandon denuncia l'accaduto alla polizia, che,
però, dopo un interrogatorio durante il quale lo sceriffo sembra più
interessato all'identità di genere di Brandon che non all'atto criminale, non
riesce o non vuole incastrare e arrestare i due stupratori. È a questo punto
che Nissen e Lotter si recano a casa di
Lisa Lambert in cerca di Brandon e, trovatolo, lo uccidono assieme a Devine e
Lisa Lambert il 31 dicembre seguente.
Noemi
è stata ritrovata con il cranio sfondato da una grossa pietra, il corpo
irriconoscibile. Noemi era scomparsa 11 giorni prima, lasciando a casa il
cellulare, i documenti e i soldi. Noemi è stata uccisa brutalmente dal
fidanzato. Noemi aveva solo 16 anni.
Brandon e Noemi sono
solo due delle tante, troppe vittime della violenza di genere, la quale, benché
si esprima in differenti forme, che vanno dalle discriminazioni sul lavoro al
bullismo omofobico, alle aggressioni verbali, al maltrattamento fisico, fino all'uccisione, si fonda in ogni caso sulla non
accettazione dell'Altro, di cui si propone la distruzione.
Se questo comun
denominatore ci consente di considerare i fenomeni di violenza contro individui
transgender e i fenomeni di violenza contro le donne sotto un'unica categoria, può
risultare utile leggere tali fenomeni in correlazione. Questo, piuttosto che
allontanarci dalla comprensione della loro individualità, ci indirizza verso la
piena individuazione della loro logica interna.
Il 20 novembre
è in tutto il mondo il Transgender Day
of Remembrance (TDoR), una giornata di commemorazione delle vittime dell'odio
contro le persone transessuali.
L'attivista transgender Gwendolyn Ann Smith introdusse questo evento in America
nel 1998 per ricordare Rita Hester, il cui assassinio in Massachusetts diede
avvio al progetto web "Remembering Our Dead", e nel 1999 a una
fiaccolata a San Francisco. Da allora il TDoR è cresciuto fino a comprendere
commemorazioni in più di 180 città e più di 20 paesi in Nord America, Europa,
Asia, Africa e Oceania.
Secondo un report
del Transgender Europe (TGEU), tra il primo gennaio 2008 e il 30 settembre 2016
sono 2,264 le persone transgender uccise in 68 paesi in tutto il mondo. L'Italia
ricopre il secondo posto contando 32 omicidi nel periodo di indagine. Palcoscenico
di questi tremendi crimini è stata nella maggior parte dei casi la strada,
testimone di una violenza che pare volersi esibire pubblicamente.
Il preponderante
coinvolgimento di uomini nelle violenze contro le minoranze sessuali è stato
riscontrato da tutte le ricerche che si sono occupate di attacchi contro gay,
transessuali, lesbiche e bisessuali (Comstock, 1991; Ehrlich, 1992).
Una lettura di
questi eventi come semplici crimini di odio rischia di oscurare sia le
motivazioni maschili sia la particolare interazione di genere tra assassino e
vittima.
Piuttosto che spiegare
le aggressioni omotransfobiche come dovute esclusivamente ai pregiudizi di una
minoranza, al fine di averne una comprensione completa, può essere utile
leggere queste violenze in relazione ai rapporti tra i generi, sotto il comune
denominatore della "violenza di genere".
La definizione dell'espressione
"violenza di genere" contiene un elemento interessante: favorendo la
connessione di fenomeni come la violenza omofoba, la violenza contro i trans e
contro le donne, tale definizione consente infatti una riflessione su un
particolare tipo di violenza strettamente connesso al rifiuto dell'alterità e
alla conferma di una struttura gerarchica e di dominio tra i sessi e i generi. Di
fatti, gli uomini e i ragazzi omosessuali e gli eterosessuali non convenzionali
sono spesso bersaglio della rabbia e dell'ansia connessa alle pratiche sociali
di genere e degli uomini (Connell, 1995). Tale violenza opera anche come esperienza
di conferma e riaffermazione della virilità.
Nel suo
interessante testo Maschilità,
Connell (1995) definisce la maschilità egemonica non come un particolare tipo
di carattere, bensì come la complessa e storicamente mutevole pratica sociale
presente nelle società che legittimano o provano a garantire il sostentamento
del patriarcato e della dominazione maschile sulle donne e su quanti la cui
libera espressione si distacca dalla rigida espressione di maschilità
egemonica.
Tra la maschilità egemonica e
quelle "subordinate" o "marginalizzate" esistono diverse relazioni dinamiche.
La violenza e
l'aggressione omotransfobica finiscono per controllare in modo diretto o
indiretto gli uomini omosessuali e gli altri che si trovano fuori dai confini
convenzionali di genere. I pregiudizi contro le persone
transessuali/transgender sono stati percepiti come simili o come diversi da
quelli anti-omosessuali (Moran, Sharpe, 2004). Tuttavia tra questi fenomeni
emergono simili aspetti: gli aggressori sono preoccupati che l'utilizzo di
ornamenti femminili possa comportare una minaccia o una profanazione del corpo
maschile. Alcuni omicidi riflettono disgusto e rabbia per le violazioni delle
norme di genere implicite nelle manifestazioni pubbliche di effeminatezza, in
particolare attraverso il vestiario e la cura della propria persona: insomma, sembra
quasi che ad essere colpito sia tutto ciò che si distacca dal maschile per avvicinarsi al femminile.
Ed è proprio a
questo tragico attacco al femminile
che è dedicata un'altra giornata del mese di novembre.
Il 25 novembre è
la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Il 25 novembre fu scelto nel 1999 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Tale data fu proposta quasi 20 anni prima da un gruppo di donne attiviste
riunitesi nell'Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a
Bogotà nel 1981.
In Italia negli ultimi dieci anni le
donne assassinate sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9%) in famiglia e
quand'anche non culmini in omicidio, la violenza si esprime quotidianamente
attraverso sopraffazioni, molestie, violenze sessuali e psicologiche CHE sono
purtroppo una triste quotidianità.
Infatti, la violenza maschile contro le
donne è perpetrata in molti modi: il salario inferiore, la mutilazione
genitale, le molestie sessuali, lo stupro, il feticidio selettivo, i roghi,
l'acido, la prostituzione, le umiliazioni mediatiche. Questa violenza,
esercitata dagli uomini, ha una causalità complessa e multidimensionale, ma le
sue cause primarie sono le norme culturali sessiste che mantengono e
favoriscono la superiorità maschile e la subordinazione femminile.
Le donne, in ogni
parte del mondo, vengono discriminate, picchiate, stuprate, torturate,
schiavizzate, uccise per il fatto di essere donne, ovvero di non essere uomini,
di essere altro dall'uomo.
Queste
considerazioni sono coerenti con le riflessioni fatte dalle ecofemministe sulla
dicotomia come modalità tipica di lettura della realtà del patriarcato. L'uomo
si autodefinisce uomo annientando la femminilità. La definizione della
soggettività è operata attraverso la negazione della diversità, nel caso della
costruzione della maschilità, del genere femminile.
Tra le "indicazioni di
mascolinità" che Michael Flood (2002) ha stilato, come riportate da Volpato
(2013), è compresa la violenza contro le donne. La violenza è intesa quindi
come mezzo irrinunciabile per definire la mascolinità, costruita sulla
negazione del femminile, l'annientamento della donna. Gli uomini che si
conformano all'ideale di maschilità egemone apprezzano l'aggressività come
tratto distintivo del vero uomo, rendendo probabile, se non "normale" agire tale
aggressività contro le donne.
Tutte le caratteristiche
associate alla femminilità, quali l'emotività, la sensibilità, l'ascolto,
l'attenzione ai sentimenti, hanno un'accezione negativa nella costituzione
della maschilità ed è attraverso la loro negazione che un uomo diventa un uomo
(La Cecla, 2010).
La violenza contro le persone LGBT
e contro le donne conferma una particolare modalità maschile di relazionarsi con l'altro da sé, ed in
questo senso costituisce uno strumento di disciplinamento e di riaffermazione
di ruoli e modelli normativi contro chi li trasgredisce.
Concludendo, si può ipotizzare una radice
comune tra i fenomeni di violenza contro le persone transgender e le donne?
Riferimenti
bibliografici:
comstock, G. (1991) Violence against
Lesbians and Gay Men, Columbia, New York.
Connell,
R. W.(1995). Maschilità, Milano:Feltrinelli.
Ehrlich, H. (1992). The ecology of anti-gay violence in Hate Crimes: Confronting Violence
against Lesbians and Gay Men, a cura di G. Herek e k Berrill, Sage, Newbury
Park, CA.
La Cecla, F.,(2010).Modi bruschi. Antropologia del maschio, Milano: Elèuthera.
Moran L. e Sharpe A., (2004), Violence,
identity and policing: the case of violence against transgender people, "Criminal
Justice", 4, 4, pp. 395-417
Tomsen, S. (2013). Violenza omofoba e maschilità in
Australia. In S. Magaraggia e D.
Cherubini (a cura di ) Uomini contro le
donne? Le radici della violenza maschile (pp.77-100).UTET Università.
Volpato, C. (2013).Psicosociologia del
maschilismo, Bari : Laterza.