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Evitare l’umorismo, quello fatto male

Persone abbracciate che ridono


A cura di Damiano Caputo.

Inizierò col dire che forse il titolo dell'articolo non è di per sé abbastanza autoesplicativo. Quindi preciserò subito che il punto dell'articolo è come alcune forme di discriminazione o anche violenza, quali le microaggressioni, possono passare inosservate o addirittura giustificate all'interno di film e serie TV, sitcom in particolare, tenendo conto del fatto che sono rivolti a un pubblico incredibilmente ampio e in alcuni casi possono avere un impatto culturale anche abbastanza sostanzioso.
Chiaramente l'intento dell'articolo non è quello di demonizzare tutte le forme di umorismo in riferimento ad argomenti che possono essere considerati più o meno sensibili, ma di come bisogna prestare attenzione alla scrittura e alla narrazione di determinati argomenti. Perché alla fine, se si sta producendo qualcosa che è rivolto a un pubblico ampio e con un impatto potenzialmente alto, bisogna prestare attenzione al modo in cui certe cose vengono scritte e poi narrate. Poiché quello che resta è il fatto che quella determinata battuta relativa, ad esempio uno stereotipo su quella determinata minoranza razziale ad esempio, abbia fatto ridere ed il fatto che possa essere offensiva tende a passare in secondo piano e viene giustificato dalla risata (nei casi meno palesi). Questo è particolarmente pericoloso perché se fatto male può non fare altro che alimentare lo stereotipo.
Prendiamo in considerazione due casi, due sitcom, che magari hanno entrambe intenzione di far ridere su un determinato argomento, solo che nel primo caso viene fatta una battuta “innocua” magari su uno stereotipo relativo alla minoranza razziale alla quale appartiene un personaggio. Nel secondo caso invece il personaggio in questione appartiene sempre ad una minoranza razziale solo viene costruito un contesto adatto dove magari quello che fa ridere non è la battuta in sé ma il fatto che uno dei personaggi abbia magari frainteso una parte del discorso, ed è quello che fa ridere e che resta, non il fatto che fosse basato su uno stereotipo e che tutto fosse costruito intorno a quello.
Prendiamo in considerazione altri due casi uno dove magari viene fatta una battuta sessista da parte di un personaggio maschio verso una femmina e un altro caso dove un personaggio x fa una battuta su una peculiarità di un personaggio y, dove polemizzare sul fatto che la battuta sarebbe stata sessista sarebbe sbagliato in quanto non sarebbe affatto stata una caratteristica centrale in quel contesto, quasi come se fosse una mera attribuzione a posteriori.
Ora è chiaro che nei primi esempi dei primi due casi gli ipotetici sceneggiatori stanno mettendo su carta veri e propri casi di discriminazioni, che poi passeranno magari in televisione con delle risate registrate in sottofondo.
Nonostante l’aumento di consapevolezza rispetto a manifestazioni palesi di razzismo e altre discriminazioni il problema è che queste forme già sottili e quasi invisibili di discriminazione arrivino come qualcosa del tutto normale o che addirittura arrivino ad un pubblico anche moderatamente ampio come qualcosa di normalizzato e che vengano addirittura giustificate perché ci si sofferma alla fine sul fatto che possano eventualmente far ridere.

 

 

 

 
 

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