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“Tutto su mia madre”.

Copertina del film "Tutto su mia madre" di Amodòvar


A cura di Stella Celentano.  

Il film "Tutto su mia madre” del 1999 è stato scritto e diretto dal regista Pedro Almodovar. Il film inizia con la morte di Esteban, figlio diciassettenne della protagonista Manuela. Manuela non aveva mai rivelato ad Esteban l’identità di suo padre, che vive a Barcellona ed è una donna trans di nome Lola. Esteban era anche il nome di Lola prima di scegliere il nome elettivo.
Dopo la morte di Esteban, Manuela si reca a Barcellona per cercare Lola, ma al suo posto ritrova la vecchia amica Agrado, anche lei una donna trans. Tuttavia l’incontro maggiormente significativo per Manuela sarà quello con Rosa, una giovane suora sieropositiva incinta. Rosa confida a Manuela che il padre di suo figlio è nuovamente Lola. Rosa muore poco dopo il parto, anche lei decide di chiamare il figlio Esteban, e al suo funerale, per la prima volta compare Lola, debilitata dall’HIV, che porta con sé tutti i segni di una vita, che l’ha consumata nitidamente, espressi dalla malattia.
Il nucleo centrale del film è rappresentato dalla difficoltà di essere genitore e al tempo stesso una donna trans in un mondo stereotipato, dove le stesse figure genitoriali rientrano in precise categorie. Una difficoltà che porta Lola a fuggire sia dal primo che dal secondo figlio, accomunati dallo stesso nome, Esteban, che precedentemente apparteneva anche a lei.
Arriva immediata allo spettatore la vergogna provata da tutti i personaggi che si manifesta nel senso di colpa. Il senso di colpa di Manuela per non aver rivelato l’identità del padre a suo figlio, che la porta a Barcellona a rincorrere un passato ormai perduto. Il senso di colpa di Lola per aver messo al mondo un figlio di cui non si è presa cura e un altro di cui non potrà prendersi cura, a causa della malattia.       
Inoltre, il film mette in evidenza la difficoltà di essere una donna trans ed avere la possibilità di essere inserita appieno nella società, di avere una stabilità economica e accedere ai servizi sanitari. Infatti Agrado, così come le altre donne trans presenti nel film sono costrette a prostituirsi per vivere e, di conseguenza, a fare i conti con le malattie sessualmente trasmissibili come l’HIV.      
Infine, il film pone l’accento sul significato simbolico del nome, Lola precedentemente si chiamava Esteban come i suoi due figli. Come se, salvaguardando il nome, non si perdesse del tutto il passato. Manuela decide di chiamare suo figlio Esteban, come il nome dell’uomo che ha amato, e che è stato sostituito da una donna. Rosa, invece, decide di chiamare suo figlio Esteban, come il figlio di Manuela e Lola, al fine di superare un lutto con una nuova nascita.

 

 

 

 
 

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