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Dizionario Treccani, introdotti nuovi lemmi al femminile: un passo in avanti verso la parità di genere

Immagine con al centro un dizionario, contornata da donne che svolgono mestieri differenti declinati generalmente al maschile


A cura di Armando Brianese.  

Le battaglie di civiltà, com'è lecito aspettarsi, seguono il proprio iter, solitamente duraturo piuttosto che breve. Non si tratta di semplici conquiste di una parte della società, ma dovrebbero essere intese come una vittoria di tutta la collettività.     
La realtà vigente, però, parla di un panorama tutt'altro che aderente alla teoria. A creare una rottura col panorama attuale con l’obiettivo di provare a seminare il frutto di una cultura maggiormente inclusiva a partire dalla radice- le parole- il Dizionario della lingua italiana Treccani - tra i maggiori se non il più riconosciuto nel Belpaese - ha apportato, nei giorni scorsi, l'introduzione di elementi ulteriori, come la forma femminile delle professioni, anteponendole a quelle maschili.      
Neanche a dirlo, in molti - ed anche eminenti - esponenti dei mondi della cultura e dell'istruzione italiani hanno appreso la notizia come un "radicale stravolgimento" delle regole e delle buone norme preesistenti, additando la Treccani di dare un ulteriore "slancio" alla figura femminile nella scalata al potere ed al mondo del lavoro e la scia di polemiche innescatasi continua a vivere di un continuo batti e ribatti, con gli strascichi che si prevede continueranno a lungo. Il nuovo vocabolario Treccani presenterà voci sia nella declinazione di genere maschile, sia femminile, un arricchimento che prevede le professioni al femminile e quindi l’introduzione di termini come "notaia", "medica", "architetta" e “soldata”.        
Ma a rendere le cose ancora più "sorprendenti", per chi aprirà il volume, saranno gli aggettivi.
Cercando "bello" o "adatto", per esempio, si troverà in grassetto, anche la sua forma femminile. Grazie all’ordine alfabetico, quindi, si troverà “bella, bello” e “adatta, adatto” in un ordine che già tanto fa discutere gli esperti di settore ma non solo.  
Sono stati, altresì, inseriti dei neologismi che hanno contrassegnato l'opinione pubblica italiana nell'ultimo recente periodo quali "smartworking", "lockdown", "reddito di cittadinanza", rider e terrapiattismo. Al netto delle contrapposizioni di sorta - che lasciano il tempo che trovano - è infine coerente osservare tale ammodernamento in un'ottica puramente innovativa e di crescita della società nel suo insieme, e non come di vantaggio di genere come da più parti erroneamente sostenuto, ma come occasione per far sì che anche l’universo femminile possa riconoscersi in ogni termine, rifuggendo dall’oramai diffuso e probabilmente oggi obsoleto maschile sovraesteso, che cancella, nasconde, evira una fetta importante della società, da sempre sottoposta all’universo maschile, detentore di ogni diritto, di ogni privilegio, di ogni riconoscimento, anche nel linguaggio.
Una sfida, questa, che non vuole essere una lotta tra maschile e femminile, una prevaricazione dell’uno sull’altra o uno stravolgimento delle regole di convivenza sociale. È più una rivoluzione culturale che, a partire dal linguaggio comunemente utilizzato- portatore di ideologie e promotore di atteggiamenti e comportamenti socialmente accettati- possa dare una maggiore spinta verso la parità di genere, affinché sia sempre meno un'utopia e sempre più un traguardo vicino.

 

 

 

 
 

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