A cura di Arianna D'Isanto
Quando
si trattano argomenti legati all’orientamento sessuale e all’identità di
genere, bisogna prestare particolare attenzione al modo in cui si decide di
esprimere determinati concetti e alla scelta terminologica da utilizzare per
riferirsi alle persone LGBT+.
Alla
base dello stigma e della discriminazione esiste una dimensione linguistica
profonda e difficile da scardinare, che genere confusione e può avere ricadute
pesanti sul piano affettivo e psicologico di coloro che si sentono appellati in
un certo modo; un modo politicamente scorretto che spesso, per poca conoscenza
dell’argomento e per poca sensibilità a questi temi, viene utilizzato da molti
anche inconsapevolmente.
Per
questo motivo fare chiarezza su ciò che può essere definito “politicamente
corretto” serve a sollevare i termini, che quotidianamente utilizziamo, da una
serie di pregiudizi e stereotipi in cui purtroppo sono ancora immersi e ci
permette di interagire con i nostri interlocutori in modo non violento e
rispettoso.
Ad
esempio, spesso c’è confusione nella distinzione tra due termini come “transgender”
e “transessuale”. Due termini che il più delle volte vengono utilizzati come
sinonimi, o peggio, come sostantivi; quando invece sono due aggettivi. Bisogna
fare attenzione a non appellare una persona come UN transgender o UN
transessuale o ad aggiungere il suffisso “-zzato” quindi “transessualizzato”
perché in questo modo si andrebbe ad indicare una condizione, il più delle
volte connotata patologicamente.
Per
fare più chiarezza:
-) con il termine transgender si fa riferimento a quelle
persone che non si riconoscono nel modello dicotomico maschio/femmina che la
società impone; ciò comporta un vissuto discordante della propria identità di genere
( sentimento interiore e profondo di appartenere al genere maschile, femminile
o altro) rispetto al sesso assegnato alla nascita, ma senza produrre alla
scienza una domanda di modificazione dei caratteri sessuali primari e
secondari. Transgender è quindi un termine ombrello che comprende tutte quelle
persone che non riescono a riconoscersi o ad identificarsi nei modelli
socio-culturali attuali di identità e ruolo di genere ( transessuali,
cross-dresser o travestiti, drag-queen, drag-king, ecc.)
·
-) con il termine transessuale si fa riferimento a
quelle persone che vivono una discordanza tra il sesso biologico e l’identità
di genere, ma in questo caso pongono alla scienza medica una domanda di
modificazione dei caratteri sessuali primari e secondari con la possibilità di
sottoporsi alla “Riattribuzione Chirurgica del Sesso” come previsto dalla legge
n.164/82. I sentimenti e le credenze che emergono dai racconti delle persone
transessuali evidenziano un vissuto discordante della propria anima femminile
intrappolata in un corpo maschile, nel caso delle persone transessuali MtoF ; o
viceversa per le persone transessuali FtoM.
Un’ulteriore
attenzione deve essere prestata al nome scelto dalla persona transgender o
transessuale e utilizzare il pronome con cui la persona preferisce essere
appellata. Se non si riesce a comprendere questa informazione è comunque più
corretto utilizzare il pronome coerente con l’apparenza della persona e con la
sua espressione di genere.
Comprendere
il senso sottostante ai termini che scegliamo di utilizzare e riflettere sulla
connotazione sociale a cui quel termine rimanda, ci permettere di muoverci in
maniera adeguata e rispettosa attraverso le differenze che contraddistinguono
ognuno di noi.