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La chiusura non è un’opzione

Immagine che rappresenta una delle sedi universitarie e un microfono


A cura di Claudia Cantice e Emilia De Simone  

Lunedì 20 febbraio abbiamo intervistato Mattia D’Auria, studente dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Mattia ci ha offerto la sua testimonianza di ragazzo transgender alle prese con  le sue prime esperienze all’interno dell’ambiente universitario. Lo studente aveva già avuto modo di conoscere il lavoro della Sezione partecipando al Convegno “Xenia - He Inclusivenees Index”, tenutosi a Napoli il 9 dicembre, in cui si presentavano i risultati, ottenuti negli ultimi tre anni, della ricerca che ha portato alla costruzione di un indice che misuri il livello di inclusione delle minoranze sessuali all’interno degli atenei universitari e che ha visto la collaborazione tra la Sezione Antidiscriminazione del Centro di Ateneo SInAPSi e diversi partner internazionali.   Noi volontarie abbiamo avuto il piacere di conoscere per la prima volta Mattia tramite questa intervista, organizzata appositamente per la newsletter di questo mese, interamente incentrata sulla carriera alias: procedimento attraverso il quale è possibile per lз studentɜ transgender, tramite un accordo di riservatezza con l’università, essere identificati con il nome elettivo lungo l’arco della carriera accademica. Eravamo interessate a conoscere meglio la storia di Mattia e soprattutto la sua esperienza all’interno del contesto universitario in quanto ragazzo transgender. Conoscerlo ci ha offerto una testimonianza diretta dell’ambiente universitario in termini di apertura e attenzione alle tematiche riguardanti l’identità sessuale; in questo caso nello specifico l’identità di genere. Mattia ha diciotto anni e frequenta il Corso di Laurea in Servizio Sociale. Ci ha raccontato che nell’intraprendere il percorso di studi in un ambito socio-assistenziale, in cui c’è un’attenzione specifica all’accoglienza e all’ascolto dell’Altro, avesse determinate aspettative riguardanti la possibilità di interfacciarsi prevalentemente con persone del tutto aperte e non discriminanti.
L’ingresso effettivo all’università lo ha portato a ridimensionare le sue aspettative in quanto in alcuni momenti si è trovato a dover chiarire la non corrispondenza tra nome anagrafico e nome elettivo e a ribadire l’utilizzo dei pronomi giusti. Ciononostante, nel complesso definisce positiva la sua esperienza universitaria in termini di inclusione e rispetto dell’identità di genere, come traspare dalle sue parole: Nell’Università trovo sollievo in quanto si tratta di un contesto che mi dà la possibilità di essere me stesso”; “l’Università per me è anche un respiro perché al suo interno posso essere chi sono ed esprimere la mia autenticità. La considero il posto giusto per me.”  Mattia ci ha raccontato di come abbia scoperto il piacere di vivere l’ambiente universitario non solo da studente, ma anche prendendovi parte attiva attraverso l’appartenenza all’associazione ASU (Associazione degli Studenti Universitari del Dipartimento di Scienze Politiche della Federico II).  
Per quanto riguarda nello specifico la procedura di attivazione e modifica della carriera alias, ha condiviso il contributo che le associazioni studentesche hanno apportato nel proporre l’introduzione del nuovo regolamento: esso consiste nella possibilità di attivare tale procedura anche senza documentazione medica attestante una condizione di Disforia di Genere, sostituita da un’autocertificazione. Mattia, così come altre persone appartenenti alle associazioni con le quali si interfaccia, non era a conoscenza delle tempistiche circa l’entrata in vigore di tale cambiamento nel regolamento della carriera alias. A questo proposito, sulla base delle informazioni raccolte durante l’intervista  con il Dott. Maurizio Tafuto e la collega Rosaria Brandi, gli abbiamo comunicato che, sebbene non sia ancora stato ufficializzato, è già possibile intraprendere il percorso accademico in alias come previsto dal nuovo regolamento. Nell’apprendere questa informazione Mattia sembra illuminarsi, gli abbiamo chiesto, dunque, cosa pensasse della carriera alias all’interno delle università e negli ambienti formativi. Per rispondere, Mattia si ricollega a un suo intervento esposto in uno dei gruppi di lavoro che erano stati organizzati per il Convegno Xenia, in cui argomento di discussione era proprio la carriera alias come strumento. Ribadendo quanto espresso in quell’occasione, spiega che dal suo canto si configura come un’opportunità per lɜ studentɜ  di vivere pienamente gli spazi universitari, anche nell’online, e le offerte formative proposte. Tale opportunità, secondo l’attuale regolamento, è ancora più importante per chi, come lui, a causa delle difficoltà connesse all’avvio di un percorso di transizione ha incontrato numerosi ostacoli dal momento che non possiede la documentazione medica che fino a poco tempo fa era indispensabile. Ad esempio, solo nel corso del suo primo anno,  ha perso delle lezioni a distanza per evitare di comparire su Teams col nome anagrafico, e considerato di non iscriversi ad attività extra curriculari di proprio interesse, o peggio, ha dovuto fare un coming out prima dell’esame, con la preoccupazione che potessero insorgere eventuali problemi.
Mattia stesso ci ha raccontato di aver dovuto scrivere personalmente a due suoi professori, in questa sessione, chiedendo loro di chiamarlo col nome elettivo e non con quello presente sulla prenotazione. Per entrambi i docenti non ci sono stati problemi a riguardo, ma non si escludeva la possibilità che in futuro, in assenza del nuovo regolamento, si sarebbero potuti riscontrare. Questa situazione crea una certa preoccupazione se non proprio uno stato ansioso che si aggiunge alla normale quota d’ansia legata ad un esame, finendo con il configurarsi tra le variabili che vanno ad influire in maniera importante sul rendimento universitario.  
Prima di salutarci abbiamo chiesto a Mattia un’ultima cosa: “Se potessi lasciare un messaggio a chi sta vivendo la tua stessa esperienza, cosa diresti?”. Riportiamo qui integralmente la sua risposta contenente il nocciolo della sua testimonianza di ragazzo transgender che vuole vivere serenamente la sua esperienza universitaria: "Bella domanda! Sicuramente se potessi lasciare un messaggio direi che la chiusura non è un’opzione, perché chiudersi fa solo male. Aprirsi nel contesto universitario in toto e soprattutto con lɜ colleghɜ dà la possibilità di ricevere molto; invece, se ci si concentra sulle difficoltà e gli ostacoli può prevalere la paura e ci si può precludere importanti esperienze di crescita. L’università, a differenza di altri, può essere un contesto di comfort, un luogo dove sentirsi protettɜ e vedere riconosciuta la libera espressione di sé".  
Ringraziamo Mattia per la disponibilità e la gentilezza nel riportarci la sua esperienza personale, con le difficoltà che comporta ma soprattutto con la presa di consapevolezza che l’attenzione, la cura, l’accoglienza e l’apertura siano estremamente importanti e foriere di speranza per miglioramenti sempre più in linea con le esigenze dellɜ studentɜ.

 

 

 

 
 

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