A cura di Luna Carpinelli
Il
percorso di depatologizzazione dell'orientamento omosessuale, a forte impronta
ideologica ed eterosessista, si
inserisce nel quadro dell'emancipazione progressiva dai modelli psicoanalitici
e psichiatrici di inizio '900 che, a partire dai rispettivi riferimenti
eziologici, determinavano il trattamento di
riorientamento su base psicologica o su base somatica.
In risposta
al riemergere, nel corso degli anni '90, di propugnatori di terapie cosiddette
"riparative" o "di conversione", l'American Psychiatric Association (1998) elabora
un proprio documento nel quale si legge: "L'APA
si oppone ad ogni trattamento psichiatrico, come le terapie riparative o di
conversione, basato sull'assunto che l'omosessualità sia di per sé un disturbo
mentale o basato sull'assunto aprioristico che il paziente debba modificare il
proprio orientamento sessuale".
Nel
marzo del 2000, sempre l'American Psychiatric Association, elabora una nuova
risoluzione, il "Position Statement" sulle terapie mirate al tentativo di
modificare l'orientamento sessuale, in cui si afferma: "[...] Le modalità psicoterapeutiche per convertire o "riparare"
l'omosessualità sono basati su teorie dello sviluppo la cui validità
scientifica è dubbia [...] L'APA raccomanda che i professionisti etici si
astengano dal tentare di cambiare l'orientamento sessuale dell'individuo,
tenendo presente la massima medica: "Primo, non nuocere". [...] La letteratura
inerente le terapie "riparative" [...] non solo ignora l'impatto dello stigma
sociale [...] ma è una letteratura che attivamente
stigmatizza l'omosessualità [...].
Nel 2009, l'APA pubblica il report sulle "Appropriate Therapeutic
Responses to Sexual Orientation".
Nel
2008, l'Ordine Nazionale degli Psicologi si è espresso in merito, dichiarando
che "lo psicologo non può prestarsi a
nessuna terapia riparativa dell'orientamento sessuale". In assenza, tuttavia,
di chiare linee guida (di cui si è dotato soltanto l'Ordine degli Psicologi
della Campania) tale dichiarazione ha determinato l'emergere sulla scena
italiana di approcci che potremmo definire "post-riparativi"(Graglia, 2009):
non essendo più possibile sostenere che l'omosessualità sia una malattia, tali
approcci mirano al cambiamento dell'orientamento sessuale aggirando la
questione legittimando le terapie di conversione dei pazienti (e terapeuti)
credenti, a dispetto di quanto indicato inequivocabilmente nel Position
Statement dell'APA del 2000, facendo appello ai concetti di "identità
religiosa" e del "principio di autodeterminazione" dei pazienti.
Il
terapeuta finisce col colludere col paziente nel disprezzare questo elemento
identitario in quanto incompatibile con un credo religioso (il quale, al
contrario, non viene mai sottoposto ad una verifica di compatibilità col
sistema ecologico complessivo del paziente stesso (Graglia, 2009).
Parlando
inoltre di "identità religiosa" e di apparente conflitto con l'identità
sessuale (Cantelmi e Lambiase, 2010), questi terapeuti sostengono la
legittimità terapeutica di un intervento mirato al condizionamento sessuale del
soggetto per vivere secondo il proprio credo.
Parlare
dunque di apparente conflitto tra identità sessuale e religiosa significa
portare il soggetto ad internalizzare un conflitto che interno non è,
incrementando il proprio vissuto di inadeguatezza ed il proprio senso di colpa
e ad incoraggiare un atteggiamento dissociativo della coscienza, nella
distinzione - antropologicamente insostenibile - tra "orientamento omosessuale"
e "comportamento omosessuale".
L'aderire, per quanto in maniera stringente, da parte di un individuo
omosessuale ad una confessione religiosa che condanna un aspetto
imprescindibile della propria identità sessuale, non può essere considerato
costitutivamente "identitario" per il soggetto stesso, a prezzo di chiamare
"identità religiosa" l'adesione del soggetto a valori e norme eterofondate per
il (legittimo) bisogno di appartenere e sentirsi integrato all'interno della
propria comunità di riferimento, negando o sottovalutando la pressione
psicologica che tale bisogno può determinare sul soggetto che si percepisce
diverso rispetto alle prescrizioni normative della morale sessuale comunitaria.
Tutto
ciò è stato dimostrato anche da Saverio Tommasi, nel suo video inchiesta
"Psicologi e guaritori d'omosessuali" condotta su 100 psicologi di Toscana e
Lazio.
L' attore,
nei panni di un cliente omosessuale, si rivolge telefonicamente a 100 psicologi
richiedendo una terapia 'per guarire dall'omosessualità': tra i professionisti
consultati quasi il 50% affermano di poter soddisfare la richiesta del
paziente, quasi il 20% afferma esplicitamente di praticare terapie riparative o
simili, e soltanto il 30% circa sostiene che l'omosessualità non sia una
patologia da curare. Il video è consultabile al seguente link: http://www.saveriotommasi.it/video/inchieste/psicologi-guaritori/
Appare evidente, quindi, la necessità di intervenire a tutela della salute
della popolazione omo e bisessuale e dei loro famigliari e del loro diritto
all'accesso a trattamenti psicoterapeutici prima di tutto non lesivi, come
indicato nella risoluzione dell'APA del 2000 in cui si rammenta, al punto b) la
massima medica: "Primo, non nuocere".
Bibliografia
American Psychiatric Association (2000b), Therapies focused on Attempts to
Change Sexual Orientation (Reparative or Conversion Therapies).
American Psychological Association (2007a), APA
Appoints Task Force to Review Recent Science On Therapeutic responses to Sexual
Orientation.
American Psychological Association (2009b), Resolution
on Appropriate Affirmative Responses to Sexual Orientation Distress and Change
Efforts.
Cantelmi
T., Lambiase E. (a cura di) (2010), Omosessualità e psicoterapie, ed. Franco Angeli,
Milano.
Fusaro
E., Lo psicoterapeuta e l'omosessualità, in Psicologi a confronto, Rivista
dell'Ordine degli Psicologi del Piemonte, anno4, n.2, 2010.
Graglia
M., Psicoterapia e omosessualità, ed.Carocci, Roma, 2009.
Spitzer
R., "Can some gay men and lesbians change their sexual orientation? 200
Participants reporting a change from homosexual to heterosexual
orientation," Archives of Sexual Behavior 32 (2003), 403-417 (Fonte
Exodus).