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Pubblicità: dagli stereotipi all’incluse adversiting, può cambiare un modello?


A cura di Stella Celentano

Gli stereotipi di genere impediscono di distinguere la singola persona e le sue caratteristiche da quelle che si ritiene debbano essere le caratteristiche del suo genere. Sono generalizzazioni
che hanno influenzato e influenzano le aspirazioni e i comportamenti degli individui.
Secondo Simone de Beauvoir: “Donne non si nasce, lo si diventa”. Essere uomo o donna non è una condizione predeterminata ma è un divenire, un essere che è sempre, attivamente, incostruzione. Secondo l’ultima indagine ISTAT, condotta a novembre 2019, il 58% della popolazione italiana si ritrova negli stereotipi di genere, maggiormente diffusi al crescere dell’età e tra i meno istruiti. La diffusione di tali stereotipi nell'immaginario comune, che porta a conformarsi ad essi, deriva in parte dall’uso che ne ha fatto la pubblicità. Per comprenderli appieno è necessario guardare alle pubblicità del passato fino ad arrivare ai giorni nostri, per capire come lo stereotipo si sia modificato e come, al tempo stesso, sia ancora fortemente radicato. Prendiamo in esame due pubblicità degli anni sessanta. La prima, della marca di abbigliamento Van Heusen, ritrae un uomo trionfante nel letto e la moglie inginocchiata accanto a lui che gli porta servile la colazione. La pubblicità specifica che “questo è un mondo per uomini”.
La seconda pubblicità appartiene alla marca di caffè Chase & Sanborn. Ritrae un uomo che sculaccia la propria donna in quanto ha comprato un caffè scadente. Le figure che prepotentemente queste pubblicità rimandano sono quelle di un uomo, padrone della propria vita, del proprio destino e della propria donna e di una donna subordinata a lui, incapace di autodeterminarsi. La difficoltà della donna ad uscire dallo stereotipo che la vede come madre, subordinata all’uomo, generatrice di figli e dedita alla casa, si evince nelle pubblicità che si sono susseguite negli anni. Ad esempio, la nota marca di fast food Burger King, nell’occasione dei mondiali del 2018, tenutisi in Russia, ha lanciato una campagna pubblicitaria nella quale invitava le donne russe a farsi mettere incinte da calciatori famosi. Le numerose polemiche che ha sollevato lo spot hanno portato alla sua rimozione in pochi giorni, insieme alle scuse del brand. Ancora, nel 2017, Yves Saint Laurent per promuovere la collezione autunno/inverno 2017/2018 utilizza due immagini particolarmente criticate dal pubblico, definite umilianti e degradanti, nonché oggettivizzanti.Le immagini ritraggono una donna estremamente magra in calze a rete, tacchi e pattini a rotelle. Nella prima immagine la donna è piegata su uno sgabello, nella seconda è a terra, a gambe aperte come se fosse caduta. Dunque, nonostante i cambiamenti sociali, le donne nelle pubblicità difficilmente vengono ritratte come professioniste, lavoratrici e indipendenti.
Per quanto riguarda gli uomini, invece, lo stereotipo li vuole forti, virili, sicuri di sé, di successo, con un fisico scolpito, poco emotivi, amanti di sport e motori. Il termine inglese hunkvertising indica l’oggettivazione del corpo maschile nelle pubblicità a fini promozionali.
Tale oggettivazione contribuisce alla creazione di un’immagine irrealistica del corpo maschile. Dunque le pubblicità di molti brand, negli anni hanno riproposto l’immagine dell’uomo che “non deve chiedere mai” perchè può prendersi tutto ciò che vuole grazie al suoi muscoli e al suo carattere predominante. Un esempio è la campagna di Gillette degli anni di 80, “Il meglio di un uomo”, dove viene riproposto il modello della donna servile che aggiusta la cravatta al proprio uomo.

Immagine spot Gillette

Nonostante ciò, differenti brand per restare al passo coi tempi, hanno cercato di innovarsi dando rilievo nelle pubblicità stesse alle tematiche di genere. Il concetto “incluse adversiting”o pubblicità inclusiva, determina una trasformazione sociale basata su messaggi che aprono le porte a nuove categorie di soggetti al di là degli stereotipi. Lo stesso Gillette ha voluto come protagonista della campagna #MyBestSelf il ragazzo trans Samson Bonkeabantu Brown, riprendendolo durante la sua prima rasatura.

Immagine spot Gillette
 

 

 

 
 

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