A cura di Giovanni Saracco
Come tutti
ben sapranno, lo sport è un insieme di attività amatoriali e agonistiche che
impegnano le capacità psicofisiche dell’atleta. Collegandosi così strettamente
con le abilità umane basilari, quali l’intelletto e la prestanza fisica, è
naturale poter notare un’evoluzione parallela tra l’intelligenza umana e le
attività sportive. Ogni cambiamento della società, che sia una cambiamento
politico o un’evoluzione tecnologica, ha le sue ripercussioni nello sport,
viceversa, ogni evento sportivo ha le sue ricadute politiche e sociali. In alcune
culture, attività agonistiche specifiche si legano così strettamente con il
tessuto sociale da venir definite sport nazionali, diventando portavoce delle
politiche e delle ideologie del paese, talvolta con effetti negativi come le
manifestazioni di razzismo e sessismo. Proprio in virtù di questo legame
esistente tra sport e società, le attività fisiche rappresentano dei contesti
privilegiati dove poter osservare i cambiamenti culturali, nonché le ideologie
diffuse all’interno di specifiche popolazioni. Ad esempio, lo sport ha
rappresentato il mezzo attraverso il quale trasmettere valori come la
collaborazione, l’altruismo, la socializzazione e il rispetto, tuttavia,
rappresenta anche il contesto nel quale possiamo osservare frequentemente
fenomeni di razzismo, sessismo, omofobia e aggressività. A partire da
quest’ultimi, recentemente le attività sportive hanno rappresentato uno spazio
di espressione di sentimenti fortemente omofobi e sessisti, che possono essere
esemplificati in alcuni casi esemplari.
Nel mondo del Rugby sono molti gli atleti che ormai hanno fatto coming-out, senza
alcuna ripercussione sulla propria carriera sportiva. Tuttavia, ciò non ha
determinato una drastica riduzione dei fenomeni omofobi e transfobici. Proprio
recentemente, l’atleta Israel Folau è stato licenziato dalla federazione Australiana
Rugby per aver pubblicato un post su Instagram spiccatamente omofobo. Con la
pubblicazione di tale post l’atleta aveva violato, per l’ennesima volta, il
“codice di condotta di alto livello” che vieta ai giocatori di condannare,
diffamare o discriminare le persone sulla base della loro sessualità. Difatti,
nell’immagine condivisa da Israel Folau si invitava i peccatori alcolizzati,
ladri, adulteri, fornicatori, bugiardi, atei, idolatri e omosessuali a
pentirsi, al fine di evitare l’inferno. A seguito di tale condivisione l’atleta
è stato immediatamente licenziato e la ARU (Federazione Australiana di Rugby)
ha chiuso precocemente il suo contratto quadriennale da diversi milioni di
dollari. Questo caso ci permette di notare come siamo ben lontani
dall’eliminazione di manifestazioni omofobe nel mondo sportivo, ma sono attive
molte pratiche atte a prevenire ed intervenire repentinamente qualora si
presentino, al fine di rendere i contesti sportivi più paritari ed inclusivi.
Nel mondo sportivo, purtroppo, l’omofobia non è l’unico problema da combattere,
spesso assistiamo a fenomeni di razzismo e sessismo che minano i diritti di
tutti coloro che prendono parte ad attività agonistiche. In particolare, il
sessismo ed il maschilismo caratterizzano fortemente i contesti sportivi, tanto
da interessare non solo gli atleti, ma anche i giornalisti e i membri del
sistema d’arbitraggio.
Le donne sono entrate nel mondo sportivo già ai tempi del Medioevo, ma la loro
completa integrazione all’interno di tale contesto è ben lontana dall’essere
completa. Qualche mese fa abbiamo assistito ad una spiacevole manifestazione di
sessismo da parte di un giornalista nei confronti della guardalinee Annalisa
Moccia. Il telecronista di un emittente locale commentato la presenza di donne
sul campo nel seguente modo: “è uno schifo vedere le donne che vengono a fare
gli arbitri in un campionato dove le squadre spendono migliaia di euro, una
barzelletta della Federazione”, commento che lo ha giustamente portato ad
un’immediata sospensione da parte dell’Ordine di Giornalisti della Campania e un
deferimento al Consiglio di Disciplina. Tale evento ha smosso l’intera comunità
sportiva, che ha reagito manifestando vicinanza ad Annalisa Moccia e proferendo
dure parole di condanna verso il giornalista sportivo. Persino la Fifa ha
voluto esprimere il suo supporto alla guardalinee con una fotografia che
ritrae, con un cartello per Annalisa, tutte le donne arbitro che a Doha si
stanno preparando per il mondiale di calcio femminile. Questo evento ci mostra
le diverse sfaccettature dell’ambiente sportivo, dove da un lato troviamo
sessismo e razzismo ma dall’altro troviamo rispetto, solidarietà, parità e
uguaglianza.
Questi esempi ci dimostrano che il contesto sportivo è ben lontano dall’essere
uno spazio di divulgazione di valori come la socievolezza, il rispetto,
l’uguaglianza e la collaborazione, tuttavia, tutti gli sportivi e i giornalisti
che lottano contro le manifestazioni di sessismo, omofobia, transfobia e
razzismo ci aiutano a compiere un passo in avanti verso un mondo sportivo più
inclusivo.