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Resistenza e leggerezza: una mimosa per non dimenticare.

Gruppo di donne che mantiene cestini di mimose


A cura di Arianna D’Isanto.

L’ Acacia dealbata, comunemente conosciuta come mimosa appartiene alla famiglia della Mimosaceae e fiorisce nei primi giorni di Marzo.
Questo potrebbe essere già un buon motivo per essere diventata simbolo della Giornata Internazionale della Donna, ma c’è di più.
La famosa pianta dai vivaci fiori sferici giunge da molto lontano; originaria della Tasmania, è stata importata in Europa solo verso il 1900. Si definisce pianta pioniera perché è una pianta che riesce a insediarsi per prima su dei terreni di recente formazione, come quelli derivati da frane o colate laviche, dune costiere o terreni in cui le piante siano state bruciate da incendi.
Si tratta di piante in genere molto resistenti, che si adattano anche a suoli poco profondi e poveri di sostanze nutritive. Queste piante modificano il terreno e lo rendono più adatto ad altre specie più esigenti che si insedieranno successivamente. Allo stesso tempo la mimosa è nota per i suoi fiori soffici e leggeri.
Queste contrastanti peculiarità hanno fatto sì che la mimosa diventasse il simbolo di resistenza combinata alla delicatezza e alla sensibilità.
Oltre alle origini geografiche, anche quelle storiche ci portano molto lontano: un’antica usanza dei Nativi d’America era proprio quella di regalare un rametto di acacia alle donne della tribù come simbolo di forza e femminilità. Inoltre, quella di regalare una mimosa in questa occasione è un’usanza tutta italiana.
È nel 1946 che l’UDI (Unione Donne Italiane), associazione politica e sociale nata come difesa della donna ai tempi della Resistenza contro il regime fascista, sceglie di utilizzare proprio questo fiore come simbolo. L’utilizzo della mimosa ha quindi un’accezione fortemente rivoluzionaria, che nel tempo si è tuttavia persa.
Nei primi anni Cinquanta, infatti, distribuire la mimosa l’8 marzo equivaleva a turbare l’ordine pubblico attraverso l’occupazione del suolo con banchetti carichi di mimose, rappresentando un atto di protesta e resistenza.
Oggi, purtroppo, si acquistano per l’occasione composizioni di fiori altri in cui sono presenti anche le mimose e questo gesto, oltre ad essere diventato prettamente consumista spogliando del significato autentico l’utilizzo di quel fiore specifico rispetto a qualsiasi altro fiore, ha assunto anche una valenza sessista.
Sarebbe bello recuperare e tenere viva la memoria dell’origine di questo simbolo, distribuendolo gratuitamente per strada, da donna a donna.
Che il profumo della mimosa ricordi i diritti ottenuti e quelli ancora da ottenere.
Che il suo vivace colore ricordi la lotta iniziata quel lontano ‘46, ma mai terminata. 

 

 

 

 
 

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