A cura di Stella Celentano.
La cosiddetta prostituzione transessuale, o prostituzione
trans, è il settore del mercato del
sesso italiano in cui operano persone che hanno effettuato o
stanno effettuando un
adeguamento dei caratteri sessuali verso il genere opposto
al proprio. I più delle volte, si
tratta di “MtF” – Male to Female – persone di sesso
biologico maschile che sentono di essere
donne e intervengono di conseguenza sul proprio corpo.
La scarsa conoscenza del fenomeno si riflette in alcuni
errori ricorrenti, sia nel linguaggio
giornalistico che nella narrazione di fatti di cronaca, che
coinvolgono persone transessuali.
Il primo e il più diffuso errore riguarda il genere d ell’articolo,
difatti la scelta cade con più
frequenza sul maschile a dispetto del fatto che, a lavorare
nel mercato del sesso, siano
persone che manifestano caratteri fisici, abbigliamento e
atteggiamenti visibilmente
femminili.
Il secondo problema è quello della confusione e
sovrapposizione tra i termini
transessuale, travestito, viado. La transessualità o transessualismo
è una condizione che cade
sotto il termine ombrello transgender e che riguarda una
persona la cui corporeità non è
corrispondente alla propria identità di genere. Il
travestitismo è l'abitudine di un individuo di
indossare abiti del sesso opposto, il termine è spesso
associato alla prostituzione ed utilizzato
con un'accezione negativa.Viado è un termine di origine
brasiliana che viene frequentemente
impiegato nelle cronache in riferimento alle persone
transessuali che esercitano la
prostituzione sulle strade. Nella lingua madre, nasce come
contrazione di “transviado”, che
significa "deviato", "pervertito" e
contiene quindi una connotazione fortemente dispregiativa.
Connotazione che ha mantenuto anche nell’uso italiano,
nonostante la perdita del riferimento
diretto alla forma originaria.
Il terzo problema è quello
che riguarda la tendenza a
sovrapporre in toto il fenomeno della prostituzione
transessuale con quello della
transessualità: ovvero, la tendenza dell’informazione, anche
a causa dell’invisibilità
dell’identità transessuale nel discorso pubblico, a fare
della sex worker transessuale l’unica
immagine disponibile, da cui deriva il luogo comune per cui
tutte le transessuali si
prostituiscono. Si tratta invece di una parte minoritaria
delle persone transessuali che vivono
in Italia.
Secondo le stime dall'associazione Free Woman, fondata dieci
anni fa dalla Caritas diocesana
di Ancona-Osimo, sono quarantamila i transessuali in Italia,
di cui circa diecimila vivono
prostituendosi. Tra questi, il 60% sono di origine
sudamericana, il 30% italiani e il 10%
asiatici. Nel tempo Free Wooman ha inserito 186 persone, fra
ex prostitute e viados, in un
programma di protezione sociale. E ha attivato 6.987
contatti attraverso la sua unità mobile
con donne e transgender che si prostituivano, accendendo una
luce su un universo per molti
versi sconosciuto e oggetto di pregiudizi. Trovare un’occupazione
per una persona in
transizione è una vera e propria impresa, che diventa quasi
impossibile quando si hanno
ancora documenti non rettificati , risulta anche
complicato quando un lavoro lo si ha già e si
sente la necessità di transizionare, in questi casi quando
lo si dice a responsabili dell'azienda
in molti casi il lavoro lo si perde, e possono iniziare
anche gravi discriminazioni da parte dei
colleghi.
Secondo Porpora Marcasciano, sociologa bolognese e
figura di riferimento del
movimento transessuale italiano, quello dei transgender è un
fenomeno invisibile del quale i
media forniscono un'immagine deviata e patologica. "Il dramma dei transessuali diventa tale
solo perché così viene visto dal contesto sociale,
che costruisce il suo edificio di esclusione
sui tre pilastri della paura, della sicurezza e del
decoro, distruggendo il concetto di
accoglienza. La prostituzione non è un fine, ma un
mezzo per superare la povertà. Bisogna
restituire ai transessuali la consapevolezza di
essere portatori di diritti, e la capacità di interagire liberamente con ciò che li circonda".