A
cura di Alessia Cuccurullo
Da alcuni anni, in Italia il
dibattito su scuola e questioni erroneamente definite appartenenti al filone
della cosiddetta “teoria gender” è acceso e chiama in causa esperti e meno esperti in un
confronto che sembra senza fine.
La Sezione Antidiscriminazione e
Cultura delle Differenze del Centro di Ateneo SInAPSi - Università Federico II
– lavora da diversi anni, circa 9, per la prevenzione e il contrasto dello
stigma sessuale e di genere nelle scuole di ogni ordine e grado.
Nonostante il vasto lavoro di
sensibilizzazione portato avanti da strutture, associazioni ed enti pubblici e
privati, appare difficile ad oggi stabilire a che punto la scuola sia diventata
un luogo accogliente di tutte le differenze.
Nel nostro paese, infatti
molteplici sono gli esempi virtuosi, ma tantissimi ancora, purtroppo gli
episodi discriminatori.
Ultimo esempio tra questi è la
polemica insorta durante le ultime settimane, che ha infuocato i salotti
televisivi di diversi talk show e riguardato l’ex parlamentare Vladimir
Luxuria.
Dopo la sua apparizione alla
trasmissione “Alla lavagna!”, durante la quale si è confrontata con i bambini
di una scuola elementare sulle questioni connesse al bullismo e
all’omo-tranfobia, rispondendo alle loro curiosità, diversi politici e
rappresentanti di associazioni “tradizionaliste” hanno scatenato una polemica,
accusandola di “insegnare a bambini e bambine come si diventa trans”. La
replica di Luxuria non ha mancato di evidenziare come questa non sia una cosa
che si può insegnare; ancora oggi la discussione e il confronto sono aperti.
Quanto accaduto pone sicuramente
l’accento sulle difficoltà attualmente presenti in tema di questioni LGBT+,
soprattutto quando la sensibilizzazione è diretta alle fasce più giovani della
popolazione.
Eppure l’importanza di parlare ai
più giovani, spesso preda di stereotipi, appare sempre più evidente. Ne è
ulteriore esempio un episodio avvenuto qualche giorno fa a Ravenna: sul muro di
una scuola è comparsa la scritta “il preside è gay”.
La reazione del dirigente
scolastico appare un vero atto formativo per quei giovani: Gianluca Dradi ha infatti
deciso di lanciare un messaggio chiaro contro un inequivocabile atto di
bullismo omofobico, scegliendo pubblicamente di non cancellare la scritta, che
rimarrà “come pietra d'inciampo per l'intelligenza umana”.
Sono atti come questo che aprono
alla possibilità di non considerare parole come “gay” offensive di per sé e che
stimolano la riflessione, il confronto e l’apertura mentale.
Esempi positivi in questa direzione
possiamo trovarli oltreoceano; nel Massachusetts, ad esempio, una classe di
studenti ha sorpreso il suo professore omosessuale, donandogli un magnifico
video di nozze per dimostrare il supporto a questa unione.
Sicuramente, episodi come questo
sono frutto di politiche scolastiche mirate alla sensibilizzazione e alla
formazione. Un trend che sembra si stia lentamente affacciando anche in Europa:
è la Francia a sdoganare la possibilità di campagne governative dirette al
mondo dell’Istruzione contro l’omotransfobia.
Con la campagna dal titolo “tutti
uguali, tutti alleati” lanciata il 28 gennaio dal ministero dell'Educazione
Nazionale e della Gioventù, infatti, saranno distribuiti in tutte le scuole
medie e superiori volantini ed opuscoli che propongono percorsi formativi per stimolare
l’impegno quotidiano alla lotta contro l’omotransfobia, e promuovere la nascita
di "alleati" dei giovani Lgbt+.
L’auspicio è che presto anche
l’Italia adotti misure che favoriscano la promozione di una cultura delle
differenze, rendendo così la scuola primo agente di contrasto alle
discriminazioni, anche quelle basate sul genere e sull’orientamento sessuale.