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Le prepotenze online: quando lo "scherzo" diviene reato

A cura di Annalisa Mottola

Al giorno d'oggi, gli adolescenti non vivono solo in contesti reali, come la scuola, il gruppo di amici extrascolastici, ma anche "altrove", in mondi virtuali che diventano sempre più accattivanti con il progredire della tecnologia. "Nativi digitali" o "madrelingua del linguaggio digitale", sono termini coniati da Marc Prensky (2001), per indicare le nuove generazioni che sono cresciute negli ultimi 15 anni, in una società in cui l'essere connessi rappresenta un dato di fatto, un'esperienza connaturata nella quotidianità (Raskauskas, Stoltz, 2007). Abituati all'esercizio della funzione multitasking, all'istantaneità degli ipertesti e a una connettività illimitata, i giovani di oggi assorbono e fanno proprie tutte le novità delle moderne comunità virtuali, estese ormai a livello globale, comunicando in tempo reale e instaurando relazioni senza alcun confine di spazio (Ferri, 2011). Tuttavia, la velocità dell'evoluzione tecnologica e il cambiamento nelle modalità di comunicazione online, non ha permesso ai "cittadini digitali" di scindere consapevolmente i comportamenti ammissibili in rete da quelli problematici e potenzialmente dannosi. Così parallelamente all'uso consapevole e intelligente della rete Internet, si è sviluppato e diffuso un uso distorto e improprio, il cui confine appare spesso labile e pericoloso. Ad esempio, le modalità con cui i giovani scherzano e si prendono in giro online potrebbero varcare la soglia del rispetto altrui, diventando bullismo elettronico; così come il sexting, che potrebbe facilmente varcare i confini della decenza e della privacy, diventando materiale pedopornografico reperibile in rete. I comportamenti devianti in rete, non sono altro che una forma di violenza.
Da un punto di vista generale la violenza è un problema grave e datato, portato alla luce attraverso numerosi studi psicologici. La definizione più accreditata dalla comunità scientifica la fornisce l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), secondo cui la violenza è "l'utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro se stessi, un'altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione".

Quando parliamo di violenza in Internet, possiamo fare riferimento a questa classificazione di cyberviolenze:

·         Cyberminacce: le cyberminacce sono affermazioni generali che lasciano pensare che lo scrivente sia emotivamente sconvolto e possa prendere in considerazione il progetto di fare del male a se stesso o ad altri (Willard, 2007);

·         Happy slapping (schiaffo allegro): è un fenomeno giovanile iniziato in Inghilterra, nel 2004, come strategia di aggressione gratuita ritenuta "divertente". Questo termine indica un tipo di comportamento violento che si è sviluppato con la diffusione delle videocamere in dotazione sui telefoni cellulari: mentre una persona viene schiaffeggiata, i complici filmano la scena e poi la diffondono, tramite il cellulare, in Internet. Per le vittime, alla sofferenza fisica si aggiunge l'umiliazione di vedere la violenza subita diffusa in Internet e nella cerchia degli amici (Hinduja, Patchin, 2009);

·         Cyberbashing: comportamento criminale che ha inizio nella vita reale (un individuo o un gruppo di individui, molestano fisicamente un soggetto mentre altri riprendono la scena con il videotelefonino) e che poi continua, con caratteristiche diverse, online: le immagini, pubblicate su internet e visualizzate da utenti ai quali la rete offre (pur non avendo partecipato direttamente al fatto) occasione di condivisione, possono essere commentate e votate (Hinduja, Patchin, 2009);

·         Grooming: secondo la Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali, sottoscritta il 25 ottobre 2007 presso Lanzarote (Spagna) e ratificata in Italia il 17 gennaio 2010, per grooming (dal verbo "to groom", curare) si intende la condotta dell'adulto che comunica tramite i new media con il minore o compie altre azioni finalizzate ad incontrarlo, con l'intento di commettere reati (abuso sessuale, prostituzione) od organizzare performances pornografiche e punibile secondo il nuovo articolo 414 bis del Codice Penale. O'Connell (2003) ha coniato un nuovo termine, cybersexploitation, per descrivere vari gradi di linea di sfruttamento sessuale dei bambini, perpetrata attraverso nuovi mezzi di comunicazione digitalizzata.

Le 5 fasi della condotta di adescamento distinte da O' Connell sono:
1.      Friendship forming stage: fase in cui, a seguito del primo contatto, l'adescatore instaura un rapporto con il minore e, nella maggior parte dei casi, lo invita a inviare una foto (anche non sessualmente esplicita);
2.      Relationship forming stage: l'adulto manipola il minore al fine di dare vita a un rapporto di fiducia, mirando a carpire informazioni sulla sua vita privata;
3.      Risk assessment stage: l'adulto adescatore indaga sui possibili fattori di rischio per la propria condotta, interrogando il minore sulla posizione del computer in casa, sulla presenza dei genitori e sui loro eventuali controlli;
4.      Exclusivity stage: è la fase della manipolazione vera e propria, in cui l'adulto cerca di creare una situazione di intimità per indurre la vittima a confidarsi;
5.      Sexual stage: l'adescatore indaga sulla sfera sessuale del minore, mostrando immagini pedopornografiche, con lo scopo di incontrarlo.

  ·         Sexting: Il termine "sexting", deriva dall'unione delle parole inglesi "sex" (sesso) e "texting" (pubblicare testo) e viene mediaticamente etichettato come "candy girls" (Arnaldi, 2011). Si tratta di ragazze tra i 12 e i 17 anni che inviano le proprie immagini o video sessualmente espliciti ad altri utenti, solitamente adulti, in cambio di una ricarica telefonica o postepay. Spesso queste immagini o video, anche se inviati ad una stretta cerchia di persone, si diffondono in modo incontrollabile e possono creare seri problemi, sia personali che legali, alla persona ritratta. L'inoltrare delle foto che ritraggono minorenni in pose sessualmente esplicite configura, infatti, il reato di distribuzione di materiale pedopornografico, secondo l'articolo 161 del Codice Penale. Le candy girls sono adolescenti che vivono all'interno di un contesto familiare in cui non si registrano particolari problemi economici e relazionali.

·         Trolling: il termine "troll", in letteratura, deriva dal mitologico troll, creatura umanoide diffusa, secondo la leggenda, nell'Europa Settentrionale, in particolare in Norvegia. Nel gergo di Internet, e, in particolare, delle comunità virtuali, si indica una persona che interagisce con gli altri utenti tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi. Il ritratto della psicologia dei troll tracciato dallo studio ("Trolls just want to have fun") degli psicologi dell'Università di Manitoba (CA), parla chiaro. Chi si diverte a gettare zizzania online, disturbando le conversazioni e insultando gli altri utenti, avrebbe delle caratteristiche psicologiche che ricadono nella cosiddetta tetrade oscura: machiavellismo (volontà di manipolare e ingannare il prossimo), narcisismo (egotismo e ossessione per sé stessi), psicopatia (mancanza di rimorso ed empatia) e sadismo (piacere per le sofferenze altrui). Sulla base delle risposte ottenute, molti di loro hanno dichiarato di "provare piacere nel fare del male agli altri giocatori nei videogame" e che "più è interessante e seguita una discussione, più è soddisfacente dar fastidio", atteggiamenti questi, correlati con sadismo, psicopatia e machiavellismo.  

·         Phubbing: fenomeno dell'era digitale in rapida e maleducata ascesa, il "phubbing" è infatti il brutto vizio di controllare il proprio telefono cellulare nel bel mezzo di un contesto sociale, disinteressandosi totalmente degli altri. Il termine stesso è un neologismo composto dalle parole "phone" e "snubbing" (snobbare) coniato dall'australiano Alex Haigh, per indicare chi snobba le conversazioni per concentrarsi solo sul proprio smartphone. Alex Haight, nonostante la sua giovane età, forse infastidito dall'uso compulsivo del cellulare dei suoi coetanei, ha deciso di prendere posizione contro le anti-sociali abitudini dell'ultima generazione. A questo proposito, è stato creato un sito web per la campagna antiphubbing (Stop Phupping[1]) con relativa pagina Facebook, che consiste nell'esporre gli aspetti negativi del fenomeno senza annoiare con sondaggi o teorie scientifiche, ma facendo esempi divertenti, pubblicando caricature satiriche e foto che ritraggono coppie o amici immersi nella tecnologia a discapito di una comunicazione più "umana".


[1] stopphubbing.com

 

 

 

 
 

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