A cura di Cecilia Montella
Sempre
più spesso il dibattito sulle discriminazioni e sulle violenze basate sul
genere e sull’orientamento sessuale coinvolge il mondo del lavoro e quello
universitario. Ciò nonostante, ancora oggi, le Università italiane sembrano
lontane dall’applicazione di politiche basate sulla gender equality, nonché carenti di strumenti adatti a fornire agli
studenti che si affacciano al mondo del lavoro le abilità necessarie ad
affrontare le molteplici situazioni connesse a tali discriminazioni.
Da
un’analisi dei servizi offerti dagli Atenei italiani, sembra che questi ultimi siano
carenti nell’attenzione data alle questioni relative alle discriminazioni,
soprattutto quelle legate allo stigma sessuale e di genere.
Alcuni
autori (Ellis, 2009; Getz & Kirkley, 2006; Rankin, 2003) sostengono che le
Università sono istituzioni in cui vengono agite forti discriminazioni a base
omofobica e transfobica, generando un clima sociale negativo. Rankin (2003), ad
esempio, ha dimostrato che il 74% degli studenti omosessuali e bisessuali
percepisce il proprio campus universitario come omofobico e che il 60% non
dichiara il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere per
evitare discriminazioni. In un altro studio il cui target è rappresentato da
studenti universitari LGB (Lesbiche, Gay e Bisessuali) dell’Università di Yale,
il 26% ha riportato episodi di violenza fisica, il 50% due o più aggressioni
verbali ed il 48% ha dichiarato di percepire un’elevata probabilità di subire
molestie anche in futuro (D’Augelli, 1989).
A tal proposito, lo State of Higher Education for LGBT People
degli Stati Uniti riporta che il 33% di tutti gli studenti LGB e il 38% degli
studenti transgender ha seriamente preso in considerazione di abbandonare
l’università a causa dei problemi relativi alla sessualità esperiti nei
contesti universitari (Rankin et al. 2010). Ancora, Sherril & Hardesty
(1994) hanno riscontrato che il 31% degli studenti appartenenti alle cosiddette
sexual and gender minorities ha
lasciato l’università per un semestre o più e che il 33% ha abbandonato
definitivamente l’università a causa delle questioni relative al proprio
orientamento sessuale, incluse le molestie.
Gli
studi summenzionati mostrano che l’omofobia nel contesto universitario
rappresenta una problematica significativa e che gli ambienti universitari sono
percepiti dalla popolazione LGBT (Lesbica, Gay, Bisessuale e Transessuale) come
spazi poco inclusivi ed accoglienti, nei quali ‘essere se stessi’ sembra porre
l’individuo a rischio di subire violenza.
Appare,
dunque, fondamentale incrementare un clima accogliente e promuovere una
maggiore inclusione di questi studenti nelle comunità universitarie. Inoltre,
va messo in luce quanto pregiudizi e discriminazioni rivolti agli studenti LGBT
risultino intensificati da un’assenza di conoscenza e comprensione delle
dimensioni connesse. Ad esempio, Getz & Kirkley (2006) hanno mostrato che
esperienze orientate a ridurre l’omofobia nei campus e ad educare gli studenti
a tali tematiche, contribuiscono allo sviluppo di un cambiamento positivo nel
clima dei campus e negli atteggiamenti degli studenti eterosessuali nei
confronti degli studenti LGBT. In particolare, sembra che la metodologia dei
workshop esperienziali possa costituire uno degli strumenti fondamentali per ampliare
le conoscenze su questi temi e coinvolgere gli studenti sulle future e
potenziali situazioni lavorative da gestire. A tal proposito, Abrahamowicz
(1998) sostiene che la partecipazione ad attività universitarie che prevedano
l’integrazione individuo-gruppo rappresenta uno dei fattori protettivi
principali per le sexual and gender minorities. L’appartenenza a gruppi
universitari, infatti, consente di confermare la propria identità e di ricevere
supporto.
A sostegno di quest’ultimo punto anche Iconis (2010), nel descrivere
un’esperienza americana relativa a dei workshop sulle tematiche LGBT, riporta
che tale attività migliora il clima universitario rendendolo maggiormente
accogliente e positivo. L’autore riconosce, inoltre, altri fattori protettivi
per le sexual and gender minorities, ovvero i risultati accademici,
l’impegno istituzionale, il supporto familiare e dei pari, la vita
nell’università, il coinvolgimento in attività atletiche e il ricevimento di
contributi finanziari.
L’importanza di costruire un clima accogliente ed
inclusivo viene, infine, percepita non solo da studenti appartenenti alle sexual and gender minorities, ma anche
da un numero elevato di studenti universitari che, dai primi dati di
un’indagine in corso, dichiarano l’importanza di ricevere una sensibilizzazione
e, ad un livello più profondo, una formazione sulle tematiche LGBT.