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Padre e madre tornano sui documenti dei minori: discorsi e norme che legittimano

documenti di identità


a cura di Camilla Esposito

A partire dal 23 dicembre 2015 sui documenti dei minori italiani è stata riportata la dicitura genitori, sostituendola a quella di padre e madre. Un atto dovuto: oramai è nota la diffusione, e prima ancora l’esistenza, di famiglie non necessariamente formate da un padre e una madre, ma da due mamme o due papà, come accade per le famiglie omogenitoriali. Così come è una realtà l’esistenza di famiglie in cui il genitore è uno solo.
La sostituzione con la dicitura genitori, insomma, sarebbe un modo per rendere più facile il percorso dei bambini, più facilitante il loro inserimento, più riconosciute determinate realtà, nonché legittimate.
Nei primi giorni di aprile, però, sulla Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata, entrando dunque così in vigore, la normativa che capovolge nuovamente la situazione: tornano le diciture madre e padre al posto di quelle di genitori. Un passo indietro di quattro anni, se non di quattro secoli. In fondo per due genitori omosessuali, così come per quelli di una famiglia ‘tradizionale’, non cambia niente: le loro vite andranno avanti nella propria quotidianità.
La freddezza di questa burocrazia, e prima ancora di questa presa di posizione di alcuni esponenti del governo affezionati alla famiglia ‘tradizionale’, graverà solo sui figli, sui bambini e sui ragazzi che verranno percepiti come anormali quando non avranno da rispondere alle diciture padre e madre.
Una delle forme più autoritarie di legittimazione e di attribuzione di intelligibilità è data proprio dalle leggi. D’altra parte, la costruzione politica stessa del soggetto procede, secondo alcuni, con determinati fini legittimanti, tali che il potere giuridico produce ciò che sostiene soltanto di rappresentare. La percezione di sé in quanto persona, pubblica e riconoscibile, dipende dal lessico di tale legittimazione.
È ciò che intendiamo quando sosteniamo che i discorsi e le norme hanno un’imponente carica normativa: veicolano ideologie, definiscono il ventaglio di possibilità che hanno gli esseri umani di stare al mondo, di essere. Certi nomi, o la mancanza di denominazione, di contro, definiscono il non-essere di alcuni.
L’omofobia, che è ciò con cui possiamo denominare l’ossessione di alcuni esponenti del nostro attuale governo, si fonda su una paura irrazionale per cui gli omosessuali minaccerebbero la coesione culturale e la morale della società, nonché l’intera continuazione della specie. Il discorso omofobico assume delle sembianze paternalistiche per far passare i dominati, in questo caso gli omosessuali, come inferiori e quindi destinati ad una sorveglianza protettrice.
È così che gli omosessuali nel discorso omofobico diventano incapaci di realizzare un progetto matrimoniale e soprattutto parentale, sottoposti a terapie per poter avere figli.
Tutto questo ha lo scopo di far passare i dominati come strutturalmente mancanti e inferiori, oscurando un retroscena di pratiche discriminatorie da parte del gruppo dominante.

Insomma, “la costruzione della differenza omosessuale è un meccanismo politico ben rodato che permette di escludere i gay e le lesbiche dal diritto comune (universale), inscrivendoli in un regime eccezionale (particolare)”.   


FONTI:   BORRILLO D., (2009), Omofobia. Storia e critica di un pregiudizio, Bari, Edizioni Dedalo. BUTLER J. (2004), La disfatta del genere, Meltemi Editore, Roma, 2006. https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/04/03/carta-didentita-salvini-ignora-m5s-e-garante-via-dai-moduli-la-parola-genitore-tornano-padre-e-madre/5085342/

 

 

 

 
 

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