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Gli atti mancati di Orlando

A cura di Paola Parisio

L'11 giugno notte, alle 02:00, 49 persone, tra uomini e donne, sono stati uccisi da un ragazzo.  

Cerco di fare chiarezza tra tutte le informazioni ricevute dalle varie testate giornalistiche. Cerco l'informazione che rivela su cosa si basa l'indignazione pubblica.  
"Le Figaro" lo definisce un secondo Bataclan e fa leva sull'Islamofobia e sulla caccia al "Male", prende quest'evento come riprova della necessità di chiudere le frontiere; appoggia il candidato americano Trump e la sua linea razzista e scredita Hilary Clinton quando parla di "difficoltà ma di bisogno di convergenza e unione per combattere le violenze".  
"La Stampa" offre una pagina intera alle biografie dei ragazzi e delle ragazze uccise, raccontando di un ragazzo dell'Isis che ha sparato sulla folla: quasi come informazione irrilevante dice che era un locale gay; il punto fondamentale è che chi ha sparato era un estremista islamico.  
"Le Monde" come prima informazione ci dice che è la più grande sparatoria della storia, in America, in assoluto. Al capoverso successivo dice che l'assassino era un americano di 29 anni che lavorava in un impresa di sicurezza. Al terzo che l' FBI l'aveva già interrogato due volte nel corso degli ultimi dieci anni. Al quarto che si riteneva simpatizzante con l'Isis.  
"La Repubblica" parla di Omar Mateen, americano di origini afgane, che spara sulla folla danzante del Pulse, locale gay di Orlando, Florida. Mateen era un musulmano praticante, di 29 anni. Un divorzio alle spalle finito per le denunce di abuso dell'ex moglie e un figlio nato da una nuova unione, che spesso portava con lui a pregare.  

La notizia che arriva al cuore con più dolore è, comunque, che 49 tra ragazzi e ragazze sono morti durante una serata in cui si divertivano e ballavano insieme. Per l'ennesima volta a morire sono giovani. È triste che in questa storia ci sono due "sottoculture" prese nel mirino dei media, senza riuscire a non puntare il dito da una parte o dall'altra.  
Da una parte la comunità LGBT, invisibile per alcuni, insignificante, come dato, per altri: Owen Jones, giornalista di "The guardian", dichiaratamente gay, ha lasciato in diretta il dibattito su SKY news di Londra, perché il presentatore Mark Longhurts sosteneva la totale estraneità dell'accaduto con l'odio omofobico del killer. Jones, giustamente, voleva sottolineare quanto importante sia questo dato, nella lettura e nella comprensione del fenomeno. L'odio omofobico, condito dai dettami di un fanatismo quale quello dell'Isis, ha sicuramente molto spazio tra i moventi di Omar Mateen.  
Dall'altra è d'uopo precisare che sarebbe uno sbaglio credere che è la religione musulmana a promuovere la violenza, perché questa è punita moralmente quando agita nei confronti di un altro essere umano, anche se è vero che non accetta l'amore omosessuale; ma quanto facile è cadere nella trappola psicologica di trovare il marcio a portata di mano!
Forse tranquillizza trovare un centro nevralgico di partenza da cui la follia omicida (e in questo caso omofobica anche) scaturisce, piuttosto che riconoscere di essere di fronte ad un singolo individuo che ha commesso un atto deliberato di violenza.

Perché Omar Mateen ha sparato a tante persone in un locale gay?  
Non è cancellabile da tutto ciò che queste persone, specificamente, appartenevano alla comunità LGBT e in quanto tali sono state "punite" da questo personaggio. Non parlare di questo "particolare", battersi contro l'affermazione che uno dei protagonisti di questa vicenda è l'odio omofobico intrinseco alla nostra cultura (perché è giusto sentirsi parte del mondo e come tale anche di quella parte araba che punisce l'amore omosessuale) è cancerogeno. Bisognerebbe domandarsi più approfonditamente, dunque, perché Mateen ha colpito questa comunità; come mai l'orientamento sessuale è stata una variabile discriminate per quel singolo essere umano che ha deciso di uccidere tante persone?  
È indispensabile, dunque, continuare a combattere contro ogni discriminazione e forme di violenza, verbali e non, relative all'orientamento sessuale e identità di genere.
  Come centro Sinapsi ci troviamo vicini e vicine a tutti e tutte coloro che si sentono toccati nel profondo per quanto successo, perché sappiamo che è stata attaccata la comunità LGBT insieme ai ragazzi e alle ragazze che hanno perso la vita; forse strumentalizzando il fanatismo islamico di fronte cui ci troviamo.

 

 

 

 
 

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