A
cura di Maria Cristina Maglia.
A
cura di Maria Cristina Maglia.
Le pubblicità hanno da
sempre il ruolo di influenzare e modificare comportamenti ed atteggiamenti
individuali e collettivi verso determinati aspetti della realtà stessa.
I sociologi Russell Belk e Richard Pollay (2002) sostengono che la pubblicità
non abbia solo la funzione di mostrarci la realtà, ma anche di “istruire” su
come vivere, sottolineando proprio la funzione prescrittiva ad essa associata.
Infatti, essa veicola significati e rappresentazioni sociali inerenti la razza,
la classe sociale, il genere e la famiglia.
Pertanto, la scelta di determinati gruppi di persone per degli annunci
pubblicitari non solo dovrebbe riflettere i mutamenti nell’assetto sociale, ma
ha come obiettivo l’essere promotore di cambiamento delle norme sociali, in
grado di regolare la maggiore o minore accettabilità sociale.
Considerando la funzione descrittiva delle pubblicità, ossia di mostrare e
rappresentare un aspetto della realtà, quelle incentrate sulla famiglia
dovrebbero illustrare i mutamenti inerenti la struttura di quest’ultima, a
partire dal passaggio dall’era moderna a quella postmoderna. Purtroppo, però,
non sempre accade ciò. Già a partire
dalle epoche precedenti alla seconda rivoluzione industriale, le famiglie sono
state un simbolo protagonista di numerose campagne pubblicitarie, utilizzato al
fine di convincere il pubblico a consumare un bene o ad usufruire di un
servizio. Le famiglie rappresentate sono quelle considerate “tradizionali”, ossia
rigorosamente etero e, dunque, formate da: padre (uomo), madre(donna), ed i
figli. Considerando che, in genere, le pubblicità tendono a riflettere gli
atteggiamenti diffusi ed i ruoli di un particolare momento storico,
l’eteronormatività che, tutt’oggi, costituisce e pervade la nostra società
diventa evidente anche nella scelta delle famiglie rappresentate negli spot
pubblicitari, raffigurandole come l’avvincente e poco realistica “famiglia del
mulino bianco”, un nucleo caratterizzato dalle donne, rappresentate con il
ruolo di moglie e madre, impegnate nelle faccende domestiche e nella cura dei
figli e del marito, e da quest’ultimo che lavora fuori casa e si prende cura
dell’economia familiare.
A partire dagli anni ’70, la famiglia del Mulino Bianco si è lentamente
insinuata nell’immaginario collettivo italiano, diventando un vero e proprio
stereotipo nazionale di famiglia, utilizzata come un metro di paragone per i
sistemi familiari. Tale famiglia era composta da una mamma, un papà, un nonno e
due figli. Di solito questi spot raccontavano pezzi di vita differenti della famiglia,
ma sempre tutti rosa e fiori. Il padre che ritornava dal lavoro per abbracciare
la moglie ed i figli, seduti tutti felici attorno ad un tavolo per una
colazione a base di biscotti Barilla, altre volte il nucleo familiare al
completo usciva per portare i bambini a scuola.
Nel 2013, proprio Guido Barilla, durante un’intervista radiofonica, ha
affermato «Non faremo pubblicità con
omosessuali, perché a noi piace la famiglia tradizionale. Se i gay non sono
d'accordo, possono sempre mangiare la pasta di un'altra marca. Tutti sono
liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri».
Ancora : « La famiglia a cui ci
rivolgiamo noi è la famiglia classica, in cui la donna ha un ruolo
fondamentale» , che, come specificato dal manager all’inizio dell’intervista,
riguarda il ruolo di «madre, moglie, amante, nonna, persona che si prende cura
della casa».
L’affermazione di Guido Barilla è l’emblema della resistenza all’apertura verso
le nuove e più evolute forme di famiglia, in particolare verso le famiglie
omogenitoriali.
In ambito pubblicitario, infatti, è davvero raro trovare spot che raffigurino
una famiglia omogenitoriale.
Le persone LGBT+ sono raffigurate quasi sempre come coppia, non come famiglia.
Nel 2014, la
Findus ha realizzato
una pubblicità in cui un giovane ragazzo organizzava
un pranzo con la mamma e il proprio coinquilino, e, tra un piatto di pasta ed
un risotto, confessava alla mamma la propria omosessualità. L’aspetto curioso
di quest’ultima è che sebbene si parli dell’omosessualità e del legame dei due
ragazzi, essi appaiono sempre di spalle, non si vede la loro faccia ma solo i
gesti che compiono.
Ikea nel 2011 ha creato una campagna
pubblicitaria per la sede di Catania, profondo sud del nostro paese, con lo
slogan “Siamo aperti a tutte le famiglie”; anche in questo caso, i due giovani
mano nella mano con la busta gialla di Ikea erano raffigurati di spalle.
Insomma,
pur essendo possibile definire tali esempi pubblicitari come “gay friendly”, in
primo piano vi è sempre una coppia LGBT, non una famiglia.
Un accenno di cambiamento è stato proposto dalla Vodafone nel 2014 con la
pubblicità del 4G, in cui viene raffigurata una coppia lesbica:in particolare,
una donna che ha appena partorito e la compagna in sala d’attesa.
La prima vera svolta si è avuta nel 2015 con una pubblicità della Nikon D750, che per la prima volta ha scelto per il lancio del nuovo prodotto una famiglia omogenitoriale. Tale pubblicità è andata in onda negli USA e raffigura la famiglia di Kordale e Kaleb e le loro tre figlie, divenuti famosi per il loro seguitissimo profilo instagram che vanta più di 130mila followers. L’azienda Nikon ha scelto di raccontare la vita quotidiana della loro famiglia, che tra colazione e lavoro trova anche momenti di divertimento e svago con i bambini, proprio come accade per la super tradizionale famiglia del Mulino Bianco, pur essendo una famiglia omogenitoriale (Finalmente!).
Infine, nel 2019 la pubblicità della Renault CLio, che racconta la lunga storia d’amore tra due ragazze, ha spopolato sui social ma non è stata trasmessa in televisione. Nel video si può vedere l’evoluzione della loro conoscenza e del loro innamoramento, l’inizio del loro forte legame da bambine, gli abbracci e i baci che le uniscono in adolescenza, le urla di un padre omofobo quando scopre la loro relazione, un matrimonio sbagliato per una delle due ed, infine, la loro unione e felicità, con la figlia sul sedile posteriore della macchina. Tale spot è stato lanciato sui social, sui quali ha riscontrato particolare successo, ed è stato twittato dalla deputata Paola Concia che ha incoraggiato la Renault a mandare lo spot sulle reti italiane.
Per terminare, considerando l’importanza a livello sociale delle pubblicità, che condizionano e rappresentare la realtà, si può intuire la necessità di abbandonare l’immaginario della famiglia del Mulino Bianco, che altro non è che un mero ideale e, del far spazio alla creazione di spot in cui tutte le forme d’amore e di famiglia possano rispecchiarsi e possano sentirsi rappresentati, in quanto famiglia e non solo come coppia. Far ciò significherebbe creare pubblicità effettivamente realistiche, che possano avere un forte e maggiore impatto sul pubblico, e ,soprattutto, che siano al passo con le esigenze sociali che non hanno più come ideale di famiglia esclusivo quella tradizionalmente proposta, rigorosamente etero normativa, ma che fieramente includono altre e più evolute forme d’amore.