A cura di Sabrina Antuoni
Il
disprezzo, la violenza, la repressione, l’intolleranza, i pregiudizi, le
discriminazioni, le offese, l’esclusione, le torture e gli omicidi perpetrati
verso la comunità LGBTIQ+ sono questioni largamente affrontate, ma ancora,
purtroppo, molto attuali, come dimostrato dagli innumerevoli episodi di
omofobia che accadono nel mondo.
L'omofobia è
l’avversione nei confronti delle persone omosessuali, bisessuali e transessuali
basata sul pregiudizio, ma sarebbe più corretto parlare di “omonegatività”, che
indica l’impatto e l’interiorizzazione delle componenti culturali e delle
radici sociali dell’intolleranza e comprende i sentimenti, gli atteggiamenti e
i comportamenti negativi verso l’omosessualità e le persone omosessuali.
Questo fenomeno è molto diffuso, se da un lato si verificano episodi più
isolati ma altrettanto gravi, come le violenze
fatte in branco dai giovani, da baby gang, o ancora le parole di odio che
vengono dette o i gesti compiuti dentro le mura scolastiche, dall’altro
ci sono episodi più eclatanti, che coinvolgono un gran numero di persone ed
hanno maggiore risonanza.
E’ il caso della Cecenia che, a partire dal dicembre 2016, avrebbe incarcerato
circa duecento persone omosessuali, di cui almeno tre sarebbero
morte a causa delle torture subite.
In
seguito alle forti pressioni internazionali, nell’estate del 2017 le autorità
cecene hanno
deciso di fermare le detenzioni di massa, dopo aver arrestato e sottoposto a pestaggi e torture con
scosse elettriche centinaia di uomini gay, provocando un’ondata di indignazione
internazionale contro la Russia e il leader ceceno Ramzan Kadyrov. Gli
strumenti di tortura più utilizzati sono stati la “telefonata
a Putin”, che consiste in una dinamo che fa passare scariche elettriche nel
corpo del prigioniero, di solito attraverso il lobo dell’orecchio e la
“sedia”,una sedia
elettrica fai da te con fili collegati ai braccioli, e altri
fili attaccati sul corpo della vittima. Kadyrov ha negato che siano avvenute
violenze, che esistano campi di concentramento per gli omosessuali, poiché le
persone LGBT non esisterebbero in Cecenia, ma ha più volte affermato che
i gay devono essere eliminati per “purificare il nostro sangue”. In quel
periodo sono emersi terrificanti storie di detenzioni di massa, torture e
assassinii, seguiti da una fuga di massa della comunità LGBT.
Due anni dopo, gli arresti di massa, le torture e gli assassinii sono
ricominciati, circa 40 persone sarebbero state arrestate e due uccise in
carcere dopo le torture.
Dalle testimonianze di alcune vittime si è venuti a conoscenza del fatto che la
polizia cecena gode di carta bianca e dell’assenza di controllo sul suo operato
da parte delle più alte autorità. Alcune persone vengono torturate e poi
rilasciate; altre vengono rilasciate alle loro famiglie e in seguito le
autorità obbligano le famiglie stesse ad ucciderle; in altri casi alcune
persone riescono a fuggire dalla Cecenia dopo il rilascio. Le vittime di sesso
femminile hanno maggiori possibilità di essere assassinate, perché la vita
delle donne vale di meno in Cecenia e su quanto accade le famiglie, complici in
questi crimini, non denunciano, restano in silenzio.
Molte persone che hanno subito esperienze traumatiche non hanno
testimoniato pubblicamente contro i loro torturatori perché sono spaventate, e
anche i rappresentanti delle forze di polizia cecene che potrebbero far luce
sulla questione spesso sono fuggiti chiedendo asilo in Europa perché sapevano
di non essere tutelati e perché non volevano prendere parte a crimini contro
l’umanità, tuttavia molti di questi richiedenti asilo sono stati respinti e
rimandati in Russia.
Di fronte a questa situazione disastrosa, 16 stati membri dell’OSCE (Organizzazione
per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) hanno invocato il Meccanismo di Mosca,
strumento che consente di avviare un’inchiesta internazionale sulle violazioni
delle libertà fondamentali. Tra questi non vi è purtroppo il nostro Paese,
finora del tutto indifferente alla questione cecena, avendo anche negato
qualsiasi forma di asilo e protezione ai sopravvissuti alle violenze, fuggiti
da quello che viene definito “omocausto”.
Nel frattempo, le autorità continuano a non
proteggere Igor Kochetkov, difensore dei diritti delle persone LGBTI, che ha
recentemente ricevuto minacce di morte.
Nel 2017, seguendo l’esempio della Cecenia, l’Azerbaigian ha dato inizio a una serie di arresti di massa nella comunità LGBT,
e il Tagikistan ha creato un registro delle persone LGBT.
In
generale, Africa e Asia sono ancora lontane dall'accettazione di pari diritti e
dignità dei cittadini omosessuali, mentre l'Europa sembra essere più avanti, anche se l'Est resta
ancorato su posizioni omofobe e l'Italia fatica a mettersi al passo con la
media europea.
Anche in Tanzania, infatti, si sono verificati casi di omofobia, il
governatore di una regione della Tanzania, il Dar es Salaam, darà inizio a una campagna di repressione contro
le persone omosessuali, con l’obiettivo
di creare una squadra di sorveglianza composta da funzionari statali,
poliziotti ed esperti di comunicazione che esaminerà i social network per
rintracciare e arrestare le persone omosessuali.
Makonda ha detto di aspettarsi critiche da altri paesi per il suo
provvedimento, ma ha spiegato che preferisce “fare arrabbiare quei paesi,
piuttosto che Dio”. In Tanzania le relazioni tra persone dello stesso sesso
sono punite con pene che possono prevedere anche l’ergastolo, il comportamento omosessuale calpesterebbe i valori
morali dei tanzaniani e delle due religioni cristiane e musulmane. L’omosessualità
femminile non viene menzionata, ma è comunque punita. Inoltre tre
sudafricani sono stati espulsi per presunta difesa del matrimonio tra persone
dello stesso sesso.
Ancora, la situazione degli omosessuali in Turchia non è migliorata negli
ultimi anni, anzi è andata progressivamente peggiorando in termini di diritti
fondamentali. Nel 2014 il Ministro della Giustizia ha illustrato quello che ha definito
“programma per la protezione dei detenuti gay”, che si può riassumere nella
costruzione di celle separate per i detenuti che si sono dichiarati
omosessuali, a cui non è permesso l’accesso alle aree comuni neppure durante le
attività sociali che si svolgono in prigione. Dal 2017, in seguito al tentato
colpo di stato del luglio 2016, il governo ha decretato il divieto di
organizzare manifestazioni legate alla presenza di omosessuali in Turchia, si è
aperto così uno scenario di repressione e violenza nei confronti della comunità
LGBT. E’ il caso di Hande Kader, giovane transessuale, diventata un’icona del
movimento LGBT, dopo che nel 2016 ha affrontato gli idranti della polizia che
voleva impedire lo svolgimento del Gay Pride, pochi giorni dopo l’accaduto il
suo corpo atrocemente mutilato è stato ritrovato ai bordi di una strada, di un
ricco quartiere di Istanbul.
In Egitto la situazione non è migliore, l’omosessualità
è vista come reato e ci sarebbe una
proposta di legge che prevede pene da 5 a 15 anni di reclusione. L’Egitto è un
Paese a maggioranza musulmana e gran parte della popolazione assiste in
silenzio alle persecuzioni contro gli omosessuali, l’omosessualità è definita
come un crimine paragonabile al terrorismo.
A ciò si aggiungono le sofferenze che le persone LGBT devono vivere nelle
stazioni di polizia, dove violenze e molestie sono all’ordine del giorno,
vengono accusati di “dissolutezza” e di altri
reati tra cui “favoreggiamento della devianza sessuale”. Le persone
transessuali invece possono camminare liberamente per la strada ma qualora i loro tratti fisici
dovessero solamente indurre sospetti sulla loro sessualità verrebbero
immediatamente fermate ed arrestate con l’accusa di prostituzione.
Questi sono solo alcuni degli episodi più clamorosi di omofobia, tuttavia
quest’ultima è un fenomeno che interessa diversi contesti e si manifesta in
svariate forme, più o meno evidenti.
Per tale motivo, ovunque è necessario lavorare sulla cultura della popolazione,
per superare i pregiudizi, attraverso politiche governative che tutelino i
diritti di tutti.