Oltre
il binarismo: identità fluide
A cura di Arianna D'Isanto
Nella nostra cultura, con l'espressione genere non-binario ci si
riferisce a tutte quelle persone che non si riconoscono nel modello dicotomico
maschio/femmina rigidamente imposto dalla società, travalicando i ruoli e gli
atteggiamenti legati al proprio genere ma non producendo alcuna domanda di
modificazione dei caratteri sessuali primari o secondari, (non rientrano, ad
esempio, in questa categoria le persone transessuali, le quali con la richiesta
di transizione da un sesso all'altro, implicitamente confermano il modello
dicotomico culturalmente condiviso).
Le persone non-binary
rifiutano la tradizionale categorizzazione e la nozione che nel mondo esistano solo due
generi, determinati sulla base del sesso biologico. Rientrano in questa
definizione tutte le persone transgender
che adottano tratti che non corrispondono a quelle del loro sesso di
nascita, tra cui persone genderqueer, bigender o agender e parte della
popolazione intersessuale.
Siamo da sempre socializzati a vivere in un contesto binario,
rigidamente dicotomico, eteronormativo che ci impone di pensarci e viverci
oscillando tra un maschile “corretto”, che tende a dimostrare e affermare in
qualsiasi circostanza la propria virilità, e un femminile “corretto”:
eterosessuale, dolce, remissivo, complementare allo stereotipo maschile. Ma la
realtà è tanto altro.
La tendenza a uniformare e categorizzare, strettamente connessa
a una presunta idea di uguaglianza degli essere umani, è il prodotto di un
processo culturale. La norma che regola le nostre vite quotidiane non è mai
frutto esclusivo della biologia ma nasce sempre dall'interazione di un essere
umano con l'ambiente che lo circonda; e anche se volessimo considerare l'aspetto
biologico come unica fonte di distinzione dovremmo tener conto del DNA che
distingue e identifica ogni singolo individuo da tutti gli altri.
I teorici
contemporanei degli studi di genere solitamente sostengono che un sistema di
genere predefinito e predeterminato come binario non è né innato né universale.
Il genere e la sua rappresentazione può essere organizzato in
una modalità differente in strutture culturali diverse: in alcuni sistemi
culturali non appartenenti alla convenzionale civiltà occidentale il genere non
è binario e si può pertanto attraversare liberamente tra i suoi due poli
maschile/femminile.
Nelle diverse culture un 3° o anche un 4° genere può
rappresentare cose molto diverse tra loro. Per i nativi delle Hawaii e di
Tahiti, quello denominato Mahu è uno stadio intermedio tra uomo e donna,
ovverosia una "persona di genere
indeterminato”. La tradizionale figura del "Diné" tra i Navajo
degli Stati Uniti sud-occidentali si vede riconosciuta in almeno quattro
generi: donna femminile, donna maschile, uomo femminile e uomo maschile.
Queste persone possono considerare la propria identità di genere
come qualcosa di "altro", identificarsi con entrambi i generi, con
nessuno dei due o con una combinazione di entrambi.
La consapevolezza dell'esistenza di una realtà molto più
complessa che consideri sesso,
sessualità, ruolo di genere, identità di genere come dispositivi
flessibili e non categorie nettamente dicotomiche ci fa comprendere quanto il
confine tra normale e anormale sia determinato dall'ambiente sociale e
contestualizzato in un specifico periodo storico e che la netta e violenta
distinzione tra maschio/femmina che spesso intrappola la libera espressione di
se stessi possa essere superata per lasciare spazio alle differenze di cui
ognuno di noi è portatore.