A cura di Annalisa Mottola
Ogni epoca, con le proprie connotazioni
culturali e socio-economiche, tende a far emergere determinati stili di
personalità o caratteristiche psicologiche, a discapito di altri. Lo stile patologico
narcisista, sia in termini di disturbo vero e proprio, sia di semplice tratto
prevalente della personalità, sembra aderire perfettamente a molte
caratteristiche dell'attuale società tecnoliquida, caratterizzata da difficoltà
nelle relazioni, identità personali fragili, rapporto strumentale con la
società e con gli altri, utilizzato come forma di autoaffermazione. Se il
narcisismo è "sovrainvestimento delle rappresentanze del sé a scapito delle
rappresentanze oggettuali" (Strzyz, 1981), è facilmente intuibile quanto possa
essere influenzato da una società che, rinforzando sempre più atteggiamenti
narcisistici, si sta trasformando, in un circolo vizioso, in una società super-narcisistica (Giusti, Rapanà,
2011).
Se da un lato, gli aspetti di un narcisismo
sano permettono un'integrazione e un adattamento migliore, uno sviluppo
creativo del sé come personalità (Goldberg, 1980), una maggiore facilità nel
ricoprire ruoli occupazionali che richiedono carisma, presenza sociale,
autorità, competitività (Stone, 2000; Pallone, 1999), dall'altro sono talmente
rinforzati e sostenuti dall'immagine che la società attuale richiede, che
rischiano di soffocare le altre caratteristiche della personalità
dell'individuo, soprattutto quelle più a contatto con i valori profondi, con le
emozioni più intime e la capacità di esprimerle, sia nel proprio contesto di
appartenenza che nella relazione con l'altro. Il narcisista, non è capace di
creare complicità nella vita reale, ma, di contro, è molto abile a inventarla
nella rete dove ha la possibilità di creare relazioni confondenti, in cui
l'Altro è usato per i propri bisogni psicologici. Di conseguenza la possibilità
di connettersi sempre e comunque si trasforma progressivamente in un
"disconnettersi" dagli altri; ciò mantiene il narcisista tranquillo riguardo
alla sua mancanza di sensibilità e alla sua difficoltà di riconoscere l'Altro
in quanto portatore di desideri, sentimenti, bisogni. L'Altro non esiste in
maniera autentica; esiste come proiezione di tutto ciò che può rispondere ad un
ritorno di ammirazione, e allora è bello e ricercato, protetto e stimato,
mentre se risponde ad una proiezione di parti del sé scomode, negative,
frustranti, viene eliminato senza esitazione (Faimberg H., 2006; Nardulli A.,
2006). Ne deriva che la vera fobia del nostro tempo riguarda la paura di un
incontro concreto con l'altro e, in ultima analisi, con sé stessi, per cui la
conoscenza virtuale è un modo per negare questa difficoltà. La rete rappresenta
infatti, un'ottima valvola per scaricare queste paure e insoddisfazioni.
Tale dinamica è particolarmente evidente
nei rapporti sessuali in rete. In questi casi, si tratta di semplice attività
onanistica o è possibile parlare di rapporto? È forse questo il paradosso che
sottende a qualsiasi comunicazione online: l'oggetto è comunque sempre
parziale, non è mai completamente differenziato dal sé, è intriso delle nostre
proiezioni ed identificazioni proiettive. La presenza dell'altro in rete è in
qualche modo sempre strumentale, narcisistica. Possiamo considerare l'oggetto
in una comunicazione online (o in un rapporto sessuale online) come ciò che
Kohut (1971) chiamava oggetto-sé. L'oggetto-sé è l'altro non ancora
completamente differenziato dal sé del bambino che contribuisce a costituirlo
se svolge adeguatamente le sue funzioni. Gli oggetti-sé rispondono a bisogni di
gratificazione narcisistica, svolgendo funzioni di rispecchiamento e
idealizzazione: gli oggetti-sé riflettenti rispondono al bisogno di ammirazione
del vissuto di onnipotenza e grandiosità del bambino (sono perfetto), quelli idealizzanti permettono di sperimentare un
senso di fusione con un oggetto-sé idealizzato (sono perfetto e sono parte di te).
È possibile ipotizzare che il soggetto
che usa una webcam per mostrare il proprio corpo durante una conversazione
erotica, usi l'altro come oggetto-sé riflettente, come specchio. Ciò è
facilitato dal fatto che dall'altro arrivano solo parole o al massimo immagini
su uno schermo, il che rende più difficile la differenziazione e più potente la
proiezione. Kohut definì l'energia libidica che investe gli oggetti-sé, libido
narcisistica, distinguendola da quella oggettuale (Greenberg e Mitchell, 1983).
Possiamo ipotizzare che la sessualità online sia espressione di una regressione
(anche momentanea e non necessariamente patologica) a questa forma di libido,
orientata verso un oggetto parziale, l'altro nickname, vissuto come estensione
del sé, esplicante funzioni di specchio e idealizzazione (Lavenia, 2012). Il
chatter in cerca di erotismo che chiede alla persona con cui sta chattando di
descriversi, non vuole sapere davvero come essa sia, vuole esclusivamente
vestire una fantasia (oggetto-sé idealizzante). Crederci fa parte del "gioco",
così come costruirsi un personaggio perfetto capace di destare l'eccitazione
dell'altro. Ciò che si ricerca, davanti allo schermo di un computer, nella
solitudine della propria stanza, non è in realtà un oggetto che soddisfi il
proprio desiderio, ma è il desiderio stesso. È emblematico, infatti, come
proprio in quest'epoca di liberazione sessuale si assista al fenomeno del calo
generalizzato del desiderio, per cui è il desiderio stesso ad essere
desiderato.
La sessualità online, così come i legami
profondi che vengono creati senza essersi mai visti, possono rappresentare una
fuga, un ritiro nella propria solitudine. La sessualità, e con essa l'amore,
richiedono la capacità di entrare in intimità con l'altro, di perdere il
controllo di sé. Il sesso-amore online può rappresentare allora una difesa di
tipo fobico dal timore di perdersi nell'altro. In internet, grazie
all'anonimato e alla possibilità di disconnettersi appena lo si desidera, il
soggetto sente di avere sempre, o quasi, il pieno controllo della relazione.