A cura
di Giuliano Ficca.
La
storia della comunità LGBTQIA+ in Italia è una lunga storia che parte sin dai
primi anni del ‘900 con il primo tentativo da parte di Aldo Mieli, noto intellettuale
dell’epoca, di creare un movimento di liberazione omosessuale fermato
dall’instaurarsi del regime fascista. Nel dopoguerra, il potere della
Democrazia Cristiana, avversa a ogni tipo di associazionismo omosessuale,
continua a negare il proprio riconoscimento alla comunità. Nonostante ciò,
alcuni iniziano a far sentire la propria voce: nel 1963 Massimo Consoli fonda a
Roma il primo gruppo gay “ROMA-1 (Rivolta Omosessuale Maschi Anarchici - prima
fase)”, mentre nel 1971 nasce a Torino “Fuori! (o F.U.O.R. I. acronimo per
Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano)”. Nel 1979 nasce il
movimento transessuale, quando in un'affollata piscina comunale di Milano
alcune persone transessuali inscenano una clamorosa protesta. Si tolgono il
reggiseno con lo slogan “la nostra identità femminile non è riconosciuta e noi
indossiamo il costume da uomo”. Da quella protesta nasce il Movimento Identità
Trans (MIT).
Gli anni ’70 sono stati anni caratterizzati da un forte vento di rivoluzione
sia per la comunità LGBTQIA+ che per l’intero contesto sociale, significative
sono le parole di Pezzana, fondatore del movimento Fuori!: "Noi oggi
rifiutiamo quelli che parlano per noi. (...) Per la prima volta degli
omosessuali parlano ad altri omosessuali. Apertamente, con orgoglio, si
dichiarano tali. Per la prima volta l'omosessuale entra sulla scena da
protagonista, gestisce in prima persona la sua storia (...). Il grande
risveglio degli omosessuali è cominciato. È toccato a tanti altri prima di noi,
Ebrei, Neri (ricordate?), ora tocca a noi. Ed il risveglio sarà immediato,
contagioso, bellissimo".
Queste parole sono il simbolo di una comunità che chiedeva a gran voce il
proprio riconoscimento che, purtroppo, giunse solo nel 1980 quando, a Giarre,
vennero ritrovati due giovani amanti uccisi con un colpo di pistola alla testa.
Il caso salì all'attenzione della stampa nazionale e per la prima volta
l'opinione pubblica italiana dovette riconoscere l'esistenza di un problema di
discriminazione contro le persone omosessuali. Come immediata conseguenza, si
costituì il primo collettivo del Fuori! della Sicilia orientale. Un mese dopo a
Palermo nasce Arci gay la prima sezione dell’Arci dedicata alle persone gay,
che si diffonderà di lì a poco in tutta Italia. Anche le donne femministe
lesbiche diedero vita al primo collettivo lesbico siciliano, Le Papesse.
Il delitto di Giarre mise di fatto il seme per la nascita del movimento
omosessuale italiano contemporaneo. Di lì a poco, a Bologna, per la prima volta
ci fu un riconoscimento ufficiale di un gruppo di gay da parte delle
istituzioni con la concessione da parte del Comune di una sede all'associazione
“Il Cassero”, che porrà le basi per la nascita di Arcigay.
Da questo momento in poi, in Italia si è sviluppata una maggior attenzione e
accettazione per le tematiche LGBTQIA+. Il nostro Paese è stato anche
protagonista di grandi manifestazioni: nel 1994 a Roma si svolse il primo gay
pride italiano e sempre Roma, nel 2000, fu palcoscenico del World Gay Pride un
evento di rilevanza mondiale in cui parteciparono i più grandi esponenti del
mondo LGBTQIA+.
La strada per la valorizzazione e per la
promozione dei diritti della comunità Rainbow è stata ed è, ancora oggi, lunga
e tortuosa. Nonostante i risultati ottenuti nel corso degli anni, nel nostro
Paese le persone della comunità Rainbow sono spesso vittime di discriminazioni
e soprusi sia da parte della cittadinanza che da parte dello Stato stesso,
dando l’impressione che si stia facendo, di tanto in tanto, un tuffo nel
passato. L’augurio è che nel nostro Paese ciascuna persona possa vivere
liberamente la propria vita ed essere rispettata, grazie anche al sostegno di
uno Stato che riconosca ad ognunə i propri diritti.