A cura di Maria Antonietta De
Rosa, Annachiara Lepore, Anna Parmendola, Lucia Scannapieco, Adriana Villani
Guarda come vuole stare in braccio
solo alle donne, sicuramente da grande sarà un playboy. Ce l’hai il
fidanzatino? Se impari a cucinare tuo marito sarà contento. Non farti
l’orecchino da quel lato, lo sai cosa significa? Mi piace guardare due donne
che si baciano, è eccitante. È omosessuale, non lo possiamo considerare davvero
maschio. Che peccato, è un ragazzo così bello! Non sei lesbica, devi soltanto
trovare l’uomo giusto. Ho tanti amici gay, ma queste cose potrebbero farle a
casa loro…
Ogni singola persona appartenente alla comunità LGBTQ+
conosce la sensazione che si prova a sentire queste frasi. Magari chi le dice
non ha neanche cattive intenzioni, semplicemente non lo sa, ha un’altra
mentalità. Ma spesso non ci si rende conto di quanto sia difficile e frustrante
esistere in un mondo dove il tuo amore, la cosa più bella e preziosa che noi
umani possediamo, viene ancora visto come qualcosa di anormale, sporco, malato.
Certo, i tempi sono cambiati, ma viviamo ancora in una società profondamente
eteronormativa ed eterosessista che forse sì, tollera la diversità, ma senza
accettarla e comprenderla a fondo. Oltre agli insulti e alle aggressioni
dettati apertamente da odio, c’è anche un’altra faccia della medaglia, più
subdola, meno visibile, costituita da commenti apparentemente innocui che,
accumulandosi, fanno altrettanto male.
Queste microaggressioni si insinuano
pian piano nelle conversazioni e nelle interazioni sociali, a volte senza che
nessuna delle due parti se ne renda conto, e nonostante siano dannose sono così
normalizzate che parlarne sembra quasi superfluo, stupido: basta ignorarle, no?
Era solo una battuta, non è nulla di grave, non si può dire più niente.
Ma
perché sono sempre le minoranze a dover stare in silenzio a subire? È fondamentale
avere il coraggio di vocalizzare ciò che ci fa stare male e che urta la nostra
sensibilità; ma soprattutto è fondamentale, nel caso in cui non si appartenga
ad un determinato gruppo discriminato, riconoscere il proprio privilegio, fare
un passo indietro e ascoltare ciò che altre persone con un’esperienza di vita
diversa hanno da dire. Imparare a mettersi in dubbio forse è difficile, ma è
l’unico modo in cui si potrà arrivare ad un cambiamento.
Siate empatici: solo
così si potrà cambiare il mondo.