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Da Carosello ai pop-up: metamorfosi pubblicitaria

Cartellone pubblicitario


A cura di Arianna D’Isanto

I primi messaggi pubblicitari affondano le proprie radici nell’antica Roma, sospesi tra i banchetti dei macellum, ma è con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, realizzata da Gutenberg nel XV secolo, che nasce il presupposto della pubblicità moderna, ossia di uno spazio dedicato, su manifesti e periodici di informazione: la réclame.
Con l’avvento della rivoluzione industriale e l’espansione dell’economia si registra un’ulteriore e notevole trasformazione. A partire dagli anni '20 la pubblicità si avvia a operare secondo regole scientifiche, tanto che nel 1925 viene pubblicato il primo trattato di tecnica pubblicitaria con cinque regole fondamentali: ogni prodotto pubblicitario deve essere visto, letto, creduto, ricordato e acquistato.
Per assistere ad una significativa modernizzazione del mercato e della pubblicità, bisogna attendere gli anni ’60. In Italia, alla fine degli anni ‘50, si percorre una strada assolutamente originale: la pubblicità viene ammessa, ma esclusivamente all’interno di uno spazio dedicato, “Carosello”, modello di riferimento che tuttora influenza lo stile del marketing pubblicitario italiano.
Nel frattempo, lo sviluppo del sistema televisivo rende disponibili maggiori spazi quindi un aumento di utenti, una significativa crescita degli investimenti, accessibili a fette sempre più ampie di popolazione. Il boom economico, la maggiore disponibilità che da esso ne consegue, hanno permesso l’evoluzione della cultura di marketing, aprendo la strada all’enfatizzazione delle qualità e delle prestazioni, a discapito della “classica presentazione” di un marchio o di un prodotto. Il bisogno delle aziende muta: il prodotto non deve essere solo conosciuto, ma deve essere preferito dal cliente rispetto agli altri. La pubblicità e le promozioni divengono strumenti molto importanti, le ricerche psicografiche e sugli stili di vita contribuiscono all’affinamento del linguaggio pubblicitario. Si iniziano a mettere in atto strategie persuasive, competitive che tengano conto della prospettiva del cliente, dei suoi bisogni e desideri, delle aspettative e delle esigenze manifestate dall’utenza.
Su questa lunghezza d’onda, particolarmente significativa è stata la lunga serie di spot, probabilmente la più importante di tutto il decennio, che il pubblicitario Gavino Sanna realizzò per la pasta Barilla dal 1985 sino al 1991. Gli italiani, infatti, riescono ad identificarsi profondamente con quelle storie semplici e rassicuranti che giocano sui buoni sentimenti e danno spazio a valori come la famiglia.
Negli stessi anni si assiste anche ad una nuova “rivoluzione sessuale”: il corpo diventa per entrambi i sessi un protagonista centrale del mondo pubblicitario, come d’altronde sul piano sociale, con il culto crescente della salute e della forma fisica. Alla fine degli anni ’90 le famiglie italiane si trovano a vivere una situazione di duplice disagio: da un lato la diminuzione del potere di acquisto, dall’altro l’incertezza sul futuro. Tutto ciò favorisce una maggior attenzione ai consumi e al risparmio, che comporta selettività nelle scelte, privilegiando i prodotti vantaggiosi rispetto al rapporto qualità/prezzo. Il marchio, protagonista assoluto degli anni ’80, entra in crisi, ed anche gli approcci utilizzati sino ad allora in pubblicità incominciano a non essere più così efficaci.
Il marketing apre le porte ad una progressiva attenzione per le necessità reali o psicologiche dei clienti, abbandonando il concetto di massa e risaltando la peculiarità dell’individuo, inteso come persona, non solo per il potenziale di consumo che esprime, ma per il complesso sistema di esigenze/possibilità/bisogni che rappresenta.
Oggi, con l’avvento del social web, ci si ritrova sommersi da pubblicità “su misura”, che emergono dal susseguirsi di click dell’utente e sembrano dare voce al desiderio o all’esigenza del momento, dettata da una ricerca voluta o distratta. Le dinamiche del marketing risultano profondamente trasformate, lo “spazio” pubblicitario lascia il posto all’intrusione costante e intensa di continui messaggi strutturati per distrarre, più che per attirare l’attenzione. Ogni luogo, potenzialmente, è spazio pubblicitario. Bombardamento di input a cui il ricevente, non sempre cliente, è sottoposto, che mira a far crollare le difese psicologiche di un interlocutore sempre più sofisticato. Si potrebbe pensare ad un indebolimento della pubblicità che in realtà utilizza modalità di persuasioni più sottili.
Cos’è, quindi, la pubblicità? Una manifestazione esplicita del contesto da cui parte. Gli spot rispondono a ciò che le persone desiderano.
Si tratta di una forma di comunicazione, e come tale si sviluppa attraverso un processo bidirezionale e affinché tale processo si realizzi, è necessario che emittente e destinatario condividano gli stessi codici. Gli elementi, i soggetti, le dinamiche relazionali utilizzati principalmente negli spot dipendono dal tessuto socio-culturale sottostante, e possono generare specchi in cui l’individuo si riconosce perfettamente o, di riflesso, contrapporsi ai fenomeni contemporanei e generare uno strappo nel sistema, contrastare modi di vedere, pensare, percepire il mondo circostante.
La pubblicità diventa autoreferenziale, canale per trasmettere messaggi profondi, sempre più distanti dal prodotto in sé, che diventa mezzo e non più fine ultimo dello spot. Se fino ad ora la creazione degli spot è stata pienamente influenzata dalla cultura dominante, e si è evoluta in base al periodo storico che ha attraversato, oggi si potrebbe assistere ad un’inversione di marcia. Questa potenzialità del sistema di marketing dovrebbe aprire spazi di riflessione e diventare strumento che permetta il passaggio dalla metamorfosi pubblicitaria ad una più complessa ed insidiosa: la metamorfosi culturale.

 

 

 

 
 

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