A cura di Claudia Cantice, Emilia De
Simone, Marta Enrica Giordano.
Cuba è il primo paese non democratico a dire sì al
matrimonio e alle adozioni per le coppie omosessuali, a seguito
dell’approvazione del nuovo Codice della Famiglia che andrà a sostituire il
precedente del 1975. Il referendum del 25 settembre ha visto il 66,87% dei votanti
esprimersi a favore del nuovo testo di legge che in 100 pagine non solo
istituisce il matrimonio tra persone dello stesso sesso e le adozioni per
coppie omosessuali, ma disciplina la gestazione per altri, si impegna nel
contrasto alla violenza di genere, prevede il divieto del matrimonio infantile.
L’attenzione è posta anche sulla responsabilità genitoriale, estesa ai nonni,
incoraggiati a prendere parte attiva alla vita familiare, mentre si invita a
lasciare ai bambini più voce in capitolo a riguardo. Si esortano le coppie a
distribuirsi equamente gli impegni e le faccende domestiche.
La scelta di ricorrere al referendum (utilizzato, in questo
caso, per la prima volta per decidere su questioni di natura sociale e civile)
è un atto di ratifica della voce del popolo, il quale ha scelto esplicitamente
il riconoscimento del più ampio concetto di famiglia, promuovendo allo stesso
tempo la legittimazione di una delle tante forme d'amore che al giorno d'oggi
richiede ancora la garanzia di poter esistere.
Sostenitore in prima linea è il
presidente Miguel Díaz-Canel, che aveva definito il referendum "un'opera
monumentale" con uno scopo ben preciso: trasformare l'amore e l'affetto in
legge e garantire diritti civili a tuttз.
Il risultato è ancora più
sorprendente se guardiamo indietro alla storia dei diritti LGBT+ sul territorio
cubano, dove fino agli inizi degli anni Ottanta vigevano severe leggi mirate a
criminalizzare l'omosessualità. Le politiche ostili del tempo seguono una
graduale apertura verso i temi LGBT+ grazie ad un costante e progressivo
impegno delle istituzioni nel coinvolgere attivamente la popolazione in
programmi di educazione ed informazione sui temi di genere e dei diritti
sessuali, fino al punto che nel 2010 lo stesso Fidel Castro avanzò in un’intervista
concessa al giornale messicano La Jornada delle scuse per l’ostracismo del suo governo
ai danni di minoranze sessuali e promosse politiche
di inclusione.
Tra le figure impegnate in questo processo di rivoluzione spicca
Mariela Castro (nipote di Fidel
Castro), Presidentessa del CENESEX, Centro Nazionale di Educazione Sessuale di
Cuba con il quale il Centro di Ateneo SInAPSi ha firmato un protocollo
d'intesa.
Mariela Castro si è espressa sui social con entusiasmo: “L’amore è già legge nell’isola della
libertà”, celebrando questo importante cambiamento per il quale il governo
cubano spinge da anni e che fino al 2019 aveva incontrato una importante
opposizione religiosa, ad oggi schiacciata da una maggioranza favorevole alla
riforma del Codice.