A cura di Daniela Scafaro
Per Kaufman la
mascolinità è "spaventosamente fragile", esiste solo nella mente degli uomini come
un'ideologia, un codice di comportamenti. Essere maschi è
qualcosa che viene appreso. Ma allora come si
diventa uomini veri?
Nella nostra società
occidentale la competizione, il timore di essere considerati dei deboli, il
controllo dei sentimenti sono tutti elementi che modellano il modo di essere
uomo e che originano dalla costante opposizione alla femminilità (definita in
senso stereotipato). È attraverso questa continua contrapposizione che si viene
pian piano educati, a partire dal confronto con le figure significative (che
sanzionano positivamente o negativamente l'abbigliamento, i comportamenti, i
giochi, lo sport, l'esibizione delle emozioni etc.), al ruolo di maschio.
Come sostiene Badinter "La virilità non è innata va costruita o per
così dire fabbricata; l'uomo è quindi in un certo senso un artefatto e, in
quanto tale, corre sempre il rischio di essere colto in fallo". L'inarrestabile
impulso a dover provare/dimostrare la propria virilità induce gli uomini a
prendere nettamente le distanze da tutto ciò che è considerato femminile.
Come infatti scrive Cappotto, essere un
uomo significa primariamente non essere
una donna e di conseguenza provare a se stesso e agli altri, anche attraverso
atti intimidatori e violenti, di non desiderare altri uomini (e di non voler
essere desiderato da loro).
La paura di essere
considerato omosessuale è un elemento determinante nella composizione del ruolo
maschile tradizionale; ogni sospetto di omosessualità viene infatti sentito
come un tradimento che mette in questione l'identità dell'individuo. Quando a
qualcuno viene rivolto l'insulto "frocio!" si denuncia, nella maggior parte dei
casi, il mancato rispecchiamento degli attributi maschili piuttosto che il
reale orientamento sessuale della persona. Chi viene etichettato come
omosessuale è considerato come un disertore del genere cui naturalmente
appartiene. È stato il sociologo francese
Daniel Welzer-Lang il primo a cogliere la stretta connessione tra
omofobia e sessismo. Secondo l'autore l'omofobia generale non è che una manifestazione
del sessismo ovvero della discriminazione delle persone in ragione del loro
genere (maschile/femminile); in quanto tale essa investe tutti coloro i cui comportamenti non si
conformano ai ruoli socio-sessuali prestabiliti. In questo senso l'omofobia
richiama costantemente gli individui alla loro appartenenza al genere "giusto",
fungendo quasi da "sentinella" delle frontiere sessuali.
Alla base di molti
atteggiamenti omofobi c'è quindi la
paura di essere identificati e/o etichettati come omosessuali. Esprimendo un
punto di vista o degli atteggiamenti antiomosessuali l'omofobo non solo esplicita
i suoi pensieri riguardo alle persone omosessuali ma soprattutto rende evidente
la sua distanza/estraneità dalla categoria in questione rimarcando la propria
posizione eterosessuale.
Seguendo Karen Franklin
possiamo quindi considerare misoginia e omofobia come due componenti
fondamentali nella costituzione dell'identità virile nonché forme parallele
dello stesso teatro sociale dove i comportamenti violenti e discriminatori che
ne scaturiscono rispondono ad un
tentativo di affermazione identitaria. In una società eteronormata e
fallocentrica esibire la propria mascolinità (definita secondo stereotipi e di
conseguenza affermabile solo a danno di chi questi stereotipi non li incarna) è
l'unico modo per esistere. Deridere ed aggredire gli omosessuali (o presunti
tali) rientrerebbe pertanto nel contesto di pratiche maschilizzanti dove ciò
che conta è dimostrare di essere all'altezza delle aspettative che, in un
contesto eterosessista, convergono inevitabilmente nel rifiuto e nel
distanziamento da tutto ciò che non è maschile (omosessuale e femminile) e in
una sorta di celebrazione ed esaltazione della propria eterosessualità.
Riferimenti
Badinter É., XY de l'identité masculine, Odile Jacob, Paris, 1992 (p. 149).
Cappotto C. (2011), Devi mostrare di fare sul serio. Un'analisi esplorativa della
costruzione delle maschilità tra i pre-adolescenti palermitani - Tesi di
Dottorato di ricerca in Sociologia,
Territorio e Sviluppo rurale, XXI ciclo,
Università di Palermo.
Connell R.W. (2002), Questioni di genere, Il Mulino, Bologna,
2006.
Corbett K. (2001), Fagott
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Franklin K.
(2004), Enacting Masculinity: Antigay
Violence and Group Rape as Participathory Theater, In «Sexuality Research
& Social Policy», 1(2), pp. 25-40, National Sexuality Resource
Center, http://beyondmeresurvival.files.wordpress.com/2008/11/grouprapeantigayviolence.pdf
Kaufman, M. (1997). The
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O'Toole
L.L. & Schiffman J.R. (Eds.), Gender
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Kimmel, M.S. (1997). Masculinity as homophobia: Fear, shame, and silence in the construction
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Welzer-Lang D., Duety P., Dorais M. (a cura di), La peur de l'autre en soi. Du
sexisme à l'homophobie,
VLB, Montreal, 1994.