A cura di Andrea Pennasilico
Con la sempre maggiore informazione e inclusione riguardo le
molteplici identità di genere esistenti, molte persone si chiedono quale sia il
modo più corretto per rivolgersi agli altri, in un’era dove il linguaggio
offensivo viene visto come segno di profonda ignoranza.
La maggior parte delle considerazioni sul linguaggio più
corretto da utilizzare riguarda naturalmente l’area tematica Trans*, dove il
binarismo e la cisnormatività (il dare per scontato che tutti si identifichino
col genere assegnato alla nascita) estremamente presenti nel linguaggio di
tutti i giorni può diventare qualcosa di molto irrispettoso.
Per quanto riguarda le persone trans binarie (ovvero coloro
la cui identificazione va da maschio a femmina o viceversa) il discorso a
livello di pronomi e di genere negli aggettivi è relativamente semplice: la
persona va sempre e comunque, senza eccezioni, considerata del genere con cui
si identifica, regolando il linguaggio di conseguenza.
Per quanto possa
sembrare un concetto semplice, in realtà è uno degli errori più frequenti nel
linguaggio transfobico quello di definire, ad esempio, donne trans con articoli
e pronomi maschili, persino nelle testate giornalistiche e nelle comunicazioni
ufficiali.
Al di fuori del discorso pronomi/aggettivi, alcune modifiche
andrebbero apportate anche alle espressioni e ai modi di dire, soprattutto nel
considerare organi sessuali e parti del corpo generalmente assegnate ad un
genere piuttosto che ad un altro indissolubilmente legati a tale genere. Per
ora è ancora molto difficile abituarsi all’idea che non tutte le donne abbiano
una vagina o che alcuni uomini possano avere un utero, soprattutto per chi non
è ben ferrato su queste dinamiche, ma se si vuole andare verso un mondo e un
linguaggio realmente inclusivo si deve necessariamente cercare il più possibile
di spezzare il legame uomo=pene donna=vagina.
Per quanto riguarda invece il mondo trans non-binario la
preoccupazione principale è quella di sconfiggere la presupposizione che
esistano solamente due generi e dunque la questione pronomi e aggettivi si fa
decisamente più complessa, soprattutto nella lingua italiana. In America queste
comunità hanno avuto la possibilità di fiorire anche grazie all’assenza del
genere negli aggettivi in lingua inglese e all’esistenza di un pronome neutrale
(they/them) da sostituire ai pronomi maschili/femminili, dando anche la
possibilità di creare una comunità molto inclusiva, in grado di ideare e di
diffondere pronomi alternativi, anche se per ora sono utilizzati per di più
online (ze/hir co/cos xe/xem/xyr hy/hym/hys). In Italia la lingua non ci aiuta
così tanto e, sebbene i pronomi siano spesso sottointesi, il nostro problema
principale rimane l’aggettivo: nella forma scritta il genere obbligato della
lingua viene ovviato comunemente in due modi, l’asterisco (brav*, bell*) o la
“x” (bravx, bellx), ma nessuno dei due è utilizzabile nel linguaggio parlato.
In quel caso ci ritroviamo di fronte a diversi metodi utilizzati nella
comunità: sostituire la vocale finale con la “u” (bravu, bellu), troncare le
parole (brav, bell) o cercare di aggirare il problema utilizzando termini più
neutrali (una brava persona, di bell’aspetto).
Oltre al discorso su pronomi e aggettivi anche nel
linguaggio comune bisogna tenere in considerazione una mentalità che
decostruisca il binarismo di genere, evitando espressioni comuni che tendano a
rimarcare la dualità (signore e signori, uomini e donne) in favore di termini
più inclusivi (ospiti, persone, individui, gente).
Tutte queste modifiche non sono affatto semplici e nessuna
persona comprensiva si aspetterebbe genuinamente un cambiamento repentino e
definitivo del nostro linguaggio in favore di una maggiore inclusione, ma la
cosa fondamentale da sapere sul linguaggio inclusivo è che esso è un mezzo per
rispettare di più le persone e per questo motivo dovremmo informarci al
riguardo e utilizzarlo il più possibile, specialmente in pubblico, per
prenderci cura delle persone intorno a noi.
Per tutte le persone spinte dalla propria transfobia a lamentarsi
di questi linguaggi ritenendoli uno storpiamento della preziosa lingua italiana
e che si lamentano quando vedono nuovi modi di dire, nuovi termini e nuovi modi
di scrivere in favore dell’inclusione, sarebbe utile tenere a mente che la
lingua è una costante evoluzione e che anche solo i nostri nonni e bisnonni
sarebbero sconvolti dal nostro utilizzo del linguaggio. Il cambiamento in
questo campo è inevitabile, motivo per il quale dopo millenni di storia umana è
ancora in costante rinnovo, quindi sarebbe opportuno aprire la mente e aiutare
a portare avanti il cambiamento, che per quanto piccolo possa sembrare è un
grande passo per aiutare moltissime persone.