a cura di Daniela Scafaro
La maggior parte degli studi sull'omofobia sembra sostenerne la prevalenza negli uomini; come infatti molti autori (Cappotto, 2011; Franklin, 2004; Kaufman, 1997) hanno sottolineato, la paura di essere considerato omosessuale è un elemento determinante nella composizione del ruolo maschile tradizionale e ciò determina il marcato rifiuto e distanziamento da tutto ciò che non è maschile (omosessuale e femminile). Al contrario le donne sembrano avere un atteggiamento più positivo nei confronti dell'omosessualità. Tuttavia, come suggerisce Stein 2005), l'omofobia può assumere molte forme e operare attraverso meccanismi multipli. Socializzate alla "gentilezza", le donne tendenzialmente non prendono parte a comportamenti diretti, aggressivi e visibili pubblicamente come quelli che generalmente caratterizzano le manifestazioni omofobe maschili (Gilligan, 1982; Martin, 2003). In accordo con la letteratura - secondo cui le persone spesso evitano il contatto con individui stigmatizzati per timore di essere associati al gruppo stigmatizzato (Goffman,1963) - la ricerca suggerisce che le donne prediligono "tattiche" di esclusione quali il mantenimento della distanza sociale (Eder 1985; Merten 1997). Nello specifico, poiché le donne e gli uomini hanno differenti posizioni di potere, l'omofobia nelle donne può portarle a supportare quelle identità di genere che riescono a raccogliere maggiormente l'approvazione degli uomini (Rich, 1980). Ciò porterebbe alcune donne a distanziarsi da quelle che non incarnano l'ideale erotico che esse percepiscono come apprezzato dagli uomini "esibendo" atteggiamenti omofobi nel tentativo di dimostrare la credibilità della loro identità femminile (intesa in senso tradizionale e stereotipato).
Sono queste le ipotesi partendo dalle quali Laura Hamilton in un articolo del 2007, intitolato "Trading On Heterosexuality. College Women's Gender Strategies And Homophobia", ipotizza che l'omofobia possa, seppur in una declinazione differente da quella maschile, giocare un ruolo altrettanto importante nello sviluppo dell'identità di alcune donne. Nel suo studio, attraverso l'analisi di interviste e focus group cui hanno partecipato 43 studentesse (delle quali due dichiaratesi omosessuali agli intervistatori) di un una residenza universitaria presso un campus pubblico americano, la Hamilton ha esaminato in che modo le strategie di genere di alcune donne eterosessuali contribuissero alla loro omofobia. La ricerca ha messo in luce come anche le donne, benché generalmente più tolleranti degli uomini, non siano esenti da manifestazioni omofobe che tendono ad essere sottostimate solo perché meno eclatanti e violente; l'omofobia "al femminile"assume infatti una forma peculiare che consiste nel rendere le donne omosessuali socialmente invisibili.
I dati raccolti dall'autrice sembrano suggerire che le donne eterosessuali possono manifestare atteggiamenti omofobi nei confronti di quelle lesbiche nel tentativo di negoziare il proprio status nel contesto di un "mercato erotico" fortemente segnato da disuguaglianze di genere. Dallo studio infatti emerge che per le studentesse eterosessuali prese in esame avere l'attenzione erotica degli uomini è importante perché fonte di gratificazione, un vero e proprio toccasana per l'autostima. Tuttavia l'importanza che queste donne attribuiscono all'interesse erotico degli uomini nei loro confronti si traduce in una gerarchia nel gruppo delle studentesse all'interno della quale, non desiderando le attenzioni degli uomini, quelle
lesbiche vengono a trovarsi ai margini. In effetti, dalle osservazioni e dalle interviste condotte, si evince chiaramente che le due studentesse omosessuali che hanno partecipato allo studio, non conformandosi allo stereotipo della "biondona" (ragazza estremamente attraente cui un uomo non può resistere) e non prendendo parte al "mercato dell'erotismo eterosessuale", si trovano ad essere costantemente emarginate soprattutto dalle colleghe che puntano maggiormente sulla propria femminilità (definita in senso stereotipato).
Inoltre lo studio pone l'accento su una peculiare modalità attraverso cui le studentesse etero tendono a relegare all'invisibilità le loro colleghe omosessuali. È infatti emersa la tendenza di molte di loro ad "appropriarsi" dell'erotismo lesbico servendosene come strumento per attrarre i ragazzi e guadagnare così status e visibilità grazie alla propria abilità nel rendersi desiderabili agli occhi di un uomo (cosa di cui le lesbiche, considerate dei "maschiacci", vengono ritenute incapaci). L'erotismo lesbico paradossalmente trova così il suo posto nel campus tra coloro che si identificano come eterosessuali, venendo in questo caso apprezzato, mentre incontra disgusto e ostilità se associato alle donne omosessuali.
Reclamando l'erotismo omosessuale come una pratica eterosessuale queste giovani donne eterosessuali hanno, di fatto, reso il desiderio lesbico invisibile riconfigurandolo come una prestazione per gli uomini.
Naturalmente un clima del genere ha avuto un impatto negativo sulle due studentesse omosessuali: entrambe hanno infatti riferito di non sentirsi benaccette nel campus e di essersi sentite spesso isolate. In particolare una delle due ha riportato di aver percepito un senso d'intolleranza che l'ha trattenuta dal rivelare il proprio orientamento sessuale. Per entrambe, purtroppo, la vita del college consiste in un continuo monitoraggio dell'ambiente circostante al fine di determinare in quali spazi sia loro concesso di "essere lesbiche" o, in altre parole, quando poter essere pienamente e liberamente se stesse.
Riferimenti
Cappotto C. (2011), Devi mostrare di fare sul serio.Un'analisi esplorativa della costruzione delle maschilità tra i pre-adolescenti palermitani- Tesi di Dottorato di ricerca in Sociologia
Eder D. (1985), the cycle of popularity: Interpersonal relations among female adolescents,Sociology of Education 58:154-65.
Franklin K. (2004), Enacting Masculinity: Antigay Violence and Group Rape as Participathory Theater, In «Sexuality Research & Social Policy», 1(2), pp. 25-40, National Sexuality
Resource Center, http://beyondmeresurvival.files.wordpress.com/2008/11/grouprapeantigayviolence.pdf
Gilligan C. (1982), In a different voice: Psychological theory and women's development,Cambridge, MA: Harvard University Press.
Goffman E. (1963), Stigma: Notes on the management of spoiled identity, Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall.
Hamilton L. (2007), Trading On Heterosexuality. College Women's Gender Strategies And Homophobia, Gender and Society, Vol. 21, No. 2, pp. 145-172.
Kaufman M. (1997). The construction of masculinity and the triad of men's violence, In O'Toole L.L. & Schiffman J.R. (Eds.), Gender violence: Interdisciplinary perspectives (pp. 30-51), New York University Press.
Martin P.Y. (2003), "Said and done" versus "saying and doing": Gendering practices, practicing gender at work,Gender & Society 17:342-66.
Merten D.E. (1997), The meaning of meanness: Popularity, competition, and conflict among junior high school girls, Sociology of Education 70:175-91.
Rich A. (1980), Compulsory heterosexuality and lesbian existence, Signs 5:631-60.
Stein A. (2005), Make room for Daddy: Anxious masculinity and emergent homophobias in neopatriarchical politics, Gender & Society 19:601-20.