A cura di Giovanni Saracco.
Si parla molto spesso di lavoro femminile e del
mercato del lavoro attuale con tutte le differenze relative al gender gap,
senza considerare il part time involontario, un problema che non è solo
italiano.
Secondo i dati dell’Eurostat pubblicati nel Marzo 2019, l’occupazione femminile
in Europa, tra i 20 e i 64 anni, resta inferiore a quella dei coetanei maschi
di ben 11,5 punti, ovvero il 66,5% di donne occupate contro il 78% di uomini
occupati. Tale condizione è ancora più grave in Italia, con un divario di 19,8
punti tra uomini e donne. Tuttavia, dal 2009 al 2018 c’è stata una crescita
generale dell’attività femminile sul mercato del lavoro Europeo, nella fascia
di età tra i 15 e i 64 anni, che è passato dal 64% al 68,3%, in Italia, invece,
è passato dal 51,1% al 56,2%. Tale aumento dell’attività ha portato ad un
aumento del tasso di occupazione femminile in Italia che è passato dal 46,4% al
49,5%, rimanendo ancora sotto la soglia del 50% e potando l’Italia in penultima
posizione in tutta l’Europa, appena sopra la Grecia.
In Italia oltre una persona su cinque tra i 25 e i 54 anni è fuori dal mercato
del lavoro, quindi non è occupata e non cerca impiego, il dato più alto
nell'Ue, ma la percentuale per le donne sale al 32,6%, al top in Europa. In
pratica quasi una donna su tre è a casa e non interessata a entrare nel mercato
mentre la media europea è inferiore al 20%. In Europa circa la metà delle donne
che è fuori dal mercato del lavoro dichiara che la situazione è dovuta agli
impegni familiari. Inoltre, Il gap occupazionale aumenta se si confrontano i
soli uomini e donne con figli. Rispetto a una media europea di 18,8 punti
percentuali di distanza tra padri e madri occupate, l’Italia si trova al di
sopra di quasi 10 punti.
Su questo, diverse ricerche concordano nel mettere in
relazione la disponibilità di asili nido e scuole materne con l’occupazione
femminile: più posti ci sono e più le mamme possono essere nella condizione di
lavorare. Perché un tema fondamentale è la conciliazione tra genitorialità e
professione. In Europa, invece, il tasso di occupazione femminile supera
il 60%, arrivando in alcuni paesi, come il Regno Unito, Svezia, Norvegia,
Finlandia e Danimarca, oltre il 70%. Tuttavia, ciò non significa che in tali
nazioni la condizione delle donne nel mondo del lavoro sia pari a quella degli
uomini, poiché sono ancora presenti fenomeni come il “pay gender gap”, ovvero la
presenza di una netta differenza media tra gli stipendi degli uomini e quelli
delle donne. Inoltre, si registrano alte percentuali di donne inserite in
occupazioni part-time, tanto da poter parlare della “trappola” del part-time,
che corrisponde a lavori meno qualificati e, di conseguenza, meno retribuiti
rispetto ai lavori full-time, con il rischio elevato di non poter mai fare
carriera. A ciò si aggiunge anche l’aspetto previdenziale, dal momento che una
volta terminata l’esperienza lavorativa l’importo della pensione sarà molto
basso.
Tutto ciò ci permette di constatare che, nonostante i progressi fatti
nel tasso di occupazione femminile, siamo ben lontani, sia in Europa che in Italia, dal superare il gap occupazionale tra uomo e donna.