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Joe Bell

Copertina del film "Joe Bell" che ritrae padre e figlio mentre passeggiano per strada


A cura di Claudia Cantice.

Joe Bell è un film drammatico del 2020 in cui è raccontata la storia vera di un padre, Joe, originario dell'Oregon, che nel maggio del 2013, in seguito al suicidio di suo figlio Jadin, omosessuale e vittima di bullismo omofobico, decide di percorrere un viaggio on the road negli Stati Uniti per diffondere un messaggio di sensibilizzazione in merito a tale tematica.
In questo film si toccano tutti i temi che caratterizzano l'esperienza di un ragazzo omosessuale che, acquisendo consapevolezza sul suo orientamento sessuale, è deciso a viverlo liberamente. Si inizia con la difficoltà di Jadin a comunicarlo al padre (e in questo trova sostegno nella madre con la quale si era precedentemente confidato) il quale esprime la sua vicinanza e accettazione verso il figlio purché tenga nascosta questa parte di sè, essendo l'Oregon una piccola cittadina e avendo paura di ciò che sarebbe potuto capitargli.                                                                                 
Si susseguono episodi in cui Jadin, al contrario, si comporta liberamente dando libera espressione alle sue passioni e interessi senza farsi limitare da pregiudizi e stereotipi annessi al suo orientamento, incontrando però tanta chiusura e atteggiamenti discriminanti: a cominciare dal padre che non vuole che si alleni per lo spettacolo di cheerleading nel giardino davanti casa e lo costringe a farlo sul retro, in modo da non essere visto dai vicini, fino ai commenti denigratori da parte di coetanei e genitori all'esibizione di Jadin durante la partita. Sono propri questi comportamenti che mettono a disagio i genitori del ragazzo presenti tra gli spalti che, se in un primo momento sono entusiasti guardando la contentezza del figlio nel fare ciò che gli piace, all'ascolto di tali ingiurie, ne risultano così profondamente toccati dal decidere di abbandonare la palestra, sotto gli occhi addolorati del figlio. La scena più dura, e direi altamente disturbante, del film riguarda l'aggressione omofoba ai danni di Jadin commessa dai suoi compagni di scuola nello spogliatoio maschile: iniziata con violenza di tipo verbale, attraverso un linguaggio altamente offensivo, sfocia nella violenza fisica, agita da un gruppo ristretto di ragazzi sotto l'occhio consenziente degli altri presenti.                                             
A questo evento traumatico Jadin risponde con la denuncia all'istituzione scolastica, recandosi dalla preside insieme ai genitori. E' questo un profondo atto di coraggio da parte del ragazzo, il quale ancora una volta dimostra la sua volontà di combattere apertamente per la libertà di essere ciò che è (come riporta la canzone della nota cantante Lady Gaga "I was born this way" che in una bellissima scena il ragazzo canta per strada insieme al padre).                                                                      
Purtroppo, il coraggioso gesto di denuncia di Jadin non sortisce l'effetto sperato.
Presente tra le caratteristiche specifiche del bullisimo omofobico c'è, infatti, il mancato sostegno da parte delle figure adulte alle quali ci si può rivolgere. Su questo aspetto, emblematico è l'atteggiamento della preside che di fronte alla richiesta di intervento del ragazzo minimizza l'accaduto e, per di più, appoggia l'idea di cambiare scuola espressa dal padre, Joe, in preda alla rabbia. Jadin, ancora una volta fiero di quello che è, esprime alla preside la delusione per il mancato sostegno. E' proprio dopo questo ulteriore episodio di discriminazione e marginalizzazione che il ragazzo, profondamente sofferente e inerme di fronte alla sordità incontrata alle sue richieste d'aiuto, decide di compiere il suo ultimo gesto, quello più estremo, e si toglie la vita impiccandosi in un parco giochi vicino casa, dopo aver lasciato una lettera ai genitori nella quale viene fuori l'enorme portata della sofferenza provata da tempo a causa del bullismo omofobico di cui è stato vittima. Sarà proprio questo gesto di Jadin a spingere il padre a mettersi in moto, letteralmente, in quanto inizia un viaggio a piedi dall'Oregon, toccando tutti i vari posti che si susseguono, con direzione New York, città simbolo di libertà d'espressione in cui suo figlio si sarebbe voluto trasferire non appena terminato il liceo. E anche simbolicamente perchè attraverso questo viaggio il suo intento è proprio quello di avviare, mettere in moto appunto, un cambiamento, diffondendo un messaggio di informazione e sensibilizzazione sul bullismo omofobico. E' questo un film estremamente toccante e affronta tutti i punti salienti afferenti al bullismo omofobico. E' inoltre evidente l'impronta familiare data alla storia, in cui l'attenzione è in particolar modo sul vissuto e l'esperienza genitoriale di accettazione dell'omosessualità del figlio.

 

 

 

 
 

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