A
cura di Alessia Spinella.
Rumyana
ti va di raccontarci come sei arrivata in Italia?
Sono
venuta in Italia nel 2004 e ho origini Bulgare. Ho fatto le scuole superiori e
poi mi sono specializzata per diventare insegnante. All’epoca mi mancavano
pochi anni per laurearmi e diventare insegnante di lingue, ma essendoci la
crisi avevo pochi soldi. La mia famiglia d’origine viveva in Italia, così mia
sorella e mio fratello mi hanno convinto a venire qui. Poi a Napoli ho
conosciuto mio marito che ha origini croate e che abitava in un campo rom.
Insieme abbiamo un figlio di 16 anni.
Come
hai iniziato a lavorare?
Dato
che avevo il diploma, tramite un’associazione ho iniziato a fare tirocinio a
Scampia e poi sono stata presa come mediatrice. Parlo molte lingue come il
russo, il serbo, l’italiano e il rumeno, quindi per l’associazione era
un’ottima cosa.
Adesso
qual è il tuo lavoro?
Lavoro
come operatrice di supporto e mediatrice. Spesso mi trovo a tradurre perché
molti rom, nonostante stiano qui da tanto tempo, non conoscono l’italiano.
Negli anni scorsi, accompagnavo i bambini del campo a scuola. Nella nostra
tradizione la scuola non è concepita, non è una cosa importante. Generalmente i
bambini rom vanno a scuola fino alla quarta e quinta elementare. È molto
difficile che vadano alle medie, perché loro a quell’età già si sposano.
Come
è stare nel campo rom e avere una vita occidentalizzata?
Per
loro è vergognoso se una donna va a lavorare, in particolare se lavora con
altri italiani. Una donna, secondo la loro concezione, può chiedere solo
l’elemosina. Per esempio una donna rom non può andare in giro, al mare o andare
a mangiare una pizza al ristorante. Io invece ho sempre fatto tutto, con o
senza mio marito, sono sempre stata libera. Mio marito ha una mentalità
diversa. Ma quando abiti al campo non sempre vieni ben vista, gli amici di mio
marito gli dicevano che non doveva permettermi di andare a lavorare, ma lui non
si è mai fatto condizionare.
La
vostra cultura influisce anche su vostro figlio?
La
prima cosa che ho insegnato a mio figlio è stata quella di non parlare con le
ragazzine del campo, perché nella nostra cultura se un ragazzo bacia un’altra
ragazza rom, mi fanno una multa a cui non posso sottrarmi. Mio figlio deve
studiare, poi quando compie 18 ani può fare quello che vuole lui.
Un
giorno pensi di spostarti dal campo?
Un
giorno mi piacerebbe farlo, soprattutto per mio figlio perché purtroppo al di
fuori veniamo discriminati.
Da sempre la comunità rom è vittima di discriminazione perché spesso associata ad atti delinquenziali, ma Rumyana e la sua esperienza di vita dimostrano che si può scegliere una strada diversa, che le donne possono scegliere un'esistenza diversa.