A cura di Daniela Rubinacci e Arianna D’Isanto
Un interessante rapporto che merita di essere indagato è
quello tra il sessismo e lo specismo: due forme di discriminazione che
risultano, vedremo, interconnesse tra loro.
La storia della civiltà ci mostra come lo specismo non sia
solo una forma di discriminazione "analoga" al sessismo, ma è il
presupposto storico dei rapporti di dominio intraspecifici. Senza lo
sfruttamento materiale della natura, infatti, non sarebbe stato possibile
giungere all’attuale disuguaglianza sociale ed economica che è alla base delle
società classiste, sessiste e belliciste.
Per vederci chiaro, abbiamo intervistato Marzia Mauriello,
docente di Antropologia Medica presso l'Università Magna Græcia
di Catanzaro.
Lasciamo a lei la parola!
Buongiorno Marzia, spiegherebbe a noi ed ai nostri lettori quale è la
relazione tra specismo e sessismo?
Le due nozioni sono collegate dall’idea di dominio che
sottendono. Lo specismo, riprendendo la definizione di chi ha coniato questo
termine, il filosofo Peter Singer, è una forma di pregiudizio, legato a un
presupposto di superiorità, che induce a salvaguardare gli interessi dei membri
della propria specie contro quelli dei membri di altre specie. In altri
termini, il presupposto, l’assunto su cui lo specismo si fonda, è l’intrinseca
superiorità degli umani sulla natura e, quindi, il loro diritto a dominarla.
Il sessismo è, invece, un processo discriminatorio sulla
base dell’appartenenza di genere; anche qui, si presuppone una forma di
sfruttamento di un sesso (genere) sull’altro, sulla scia di un’idea di
superiorità di un sesso (genere) sull’altro. Nella storia di quel che si usa
definire Occidente, questa dominanza – con relativa discriminazione che nel
tempo ha assunto varie forme e che, purtroppo, ancora ci riguarda – è avvenuta
sempre a spese del femminile. Anche oggi, ci troviamo di fronte a comportamenti
e pratiche che possiamo definire, più che post-patriarcali, neo-patriarcali,
meno evidenti ma pur sempre presenti.
Al centro delle due nozioni, l’androcentrismo; vale a dire,
la centralità dell’uomo (qui nel suo pieno senso di genere maschile) e la sua
prevaricazione, sulla donna e sulle altre specie.
La relazione tra specismo e sessismo è stata bene indagata
dal filone di studi angloamericano negli anni Novanta del secolo scorso. Alcune
studiose di matrice femminista, tra le altre e gli altri, hanno rilevato la
continuità tra questi due elementi portando come esempio una pratica alimentare
che con disarmante evidenza ne mostra la relazione profonda: la dieta
vegetariana.
In che senso? In che modo?
Il vegetarianismo, ricordiamolo, è una scelta/pratica
alimentare, un tipo di dieta, che prevede l’esclusione di alcuni alimenti;
nella fattispecie, carne e pesce.
Proprio la carne, legata all’attività di predazione, ha
contribuito, da un lato, a sancire il dominio dell’umano sulle varie specie
animali mentre, dall’altro, ha segnato evidentemente nel tempo una differenza
di genere su base gerarchica, dal momento che, quella della caccia, è sempre
stata un’attività tendenzialmente maschile. Questo, diciamo, è il primo
elemento da cui partire per arrivare a illustrare come una specifica divisione
delle attività, e i simbolismi a queste sottesi, hanno nel tempo segnato lo
sfruttamento e il dominio del maschile sul femminile, oltre che rafforzato l’idea
della legittimità del dominio dell’uomo sulle altre specie. Ecco che, dunque,
secondo alcun* studios*, escludere la carne dalla propria dieta si traduce, in
alcuni casi, in una scelta politica, in una vera e propria pratica di
resistenza contro lo specismo e, nel contempo, contro il sessismo.
Non è un caso, dunque, che il movimento di liberazione
animale in tutto il mondo abbia cominciato ad allargare il campo in cui
originariamente si inscriveva. Oggi, tale consapevolezza non è più patrimonio
esclusivo di pochi, ma l'antispecismo ha la possibilità di porsi come ideale
politico capace di ispirare una trasformazione radicale delle dinamiche sottese
alla realtà: un movimento che mira, attraverso il cambiamento dei rapporti
interspecifici, a trasformare anche i rapporti intraspecifici.