A cura di Emilia De Simone e Claudia Cantice
Il
14 luglio è l’International Non-Binary People’s Day. La giornata mira a
sensibilizzare e diffondere conoscenza in merito al non binarismo di genere e
ad aumentare la consapevolezza sulle sfide quotidiane che le persone non
binarie devono affrontare in una società eterocisnormata come quella attuale.
Per l’occasione abbiamo chiesto ad Elios, studentə dell’Università degli Studi
di Padova, di parlarci della sua esperienza.
Emilia:
Eri già a conoscenza dell’International Non-Binary People’s Day? Cosa pensi di
questa giornata? La ritieni utile? Cambieresti qualcosa?
Elios:
Conoscevo già la giornata, principalmente sono cose che si sentono o leggono
sui social, ad esempio attraverso grafiche su Instagram (in generale per le
varie giornate). Forse all’inizio le davo più importanza, mi ricordo che anni
fa avevo fatto anche un post con una mia amica in cui ne parlavo. Forse una
volta ci davo più peso, adesso non me lo ricordavo neanche. Credo che queste
giornate siano importanti per parlare, specialmente per le identità o gli
orientamenti sessuali meno conosciuti e riconosciuti, come l’a-romanticismo,
l’a-sessualità e il non-binarismo, che forse già ora rispetto a qualche anno fa
è più conosciuto, oppure anche il poliamore. È importante che ci siano le
giornate. Cosa cambierei? Forse preferirei che si andasse un po’ oltre, cos’è
la festa della mamma? Ti faccio gli auguri e poi? Non è una festività! Se si
facessero più cose come quella che state facendo voi adesso, aprendo uno spazio
per parlarne più approfonditamente, forse avrebbe più senso. Non dico che non
si facciano iniziative del genere, ad esempio ricordo che per il 23 settembre
di qualche anno fa, nella Giornata mondiale dell’Orgoglio Bisessuale,
partecipai ad un incontro in Università, una cosa del genere penso abbia più
senso.
Emilia:
Quindi
pensi sarebbe meglio se queste giornate promuovessero una dimensione più
collettiva e dessero più spazio alle esperienze delle persone interessate?
Elios:
Esattamente,
se ci si ferma alle grafichette su Instagram non mi danno niente.
Emilia:
In effetti le grafiche hanno più la funzione di sensibilizzare e informare chi
è estraneo a queste tematiche.
Elios:
Credo
che se dentro la comunità fosse più usuale andare oltre alla sola diffusione
delle informazioni, sarebbe più utile spiegare perché esistono queste giornate.
Claudia:
Prima di passare alla prossima domanda, mi incuriosiva sapere se era la tua
Università che aveva organizzato l’incontro sul tema della bisessualità?
Elios:
Era organizzato negli spazi dell’Università, ma promosso da associazioni
studentesche.
Lo
spunto diviene occasione per raccontare ad Elios ciò di cui si occupa la Sezione
Anti-Discriminazione e Cultura delle Differenze del Centro di Ateneo SInAPSi e
di fare un confronto tra Università. La Sezione, tra le altre attività, si
impegna nel fare rete con le associazioni studentesche e si propone come canale
istituzionale di collegamento, favorendo la possibilità di realizzare
iniziative di vario tipo (seminari, flashmob, banchetti) a partire dalle
proposte della componente studentesca, ad esempio mettendo a disposizione degli
spazi. Lo scopo è favorire l’apertura e promuovere una cultura delle
differenze. Ci incuriosisce sapere se anche Elios ha esperienza di servizi
simili presso l’Università degli Studi di Padova, dove sta svolgendo gli studi
e come sia stata fino ad adesso la sua esperienza.
Elios:
Nella
mia esperienza personale non ho mai avuto troppi problemi, ho la carriera alias
dal secondo anno di triennale. Lo “sbatti” è più quando ti laurei,
in cui l’alias vecchia ti scade e per rinnovarla ci vogliono tre mesi, quindi
all’inizio della magistrale non ce l’hai e quindi mi ricordo che, per i primi
mesi della magistrale, io ed un altro ragazzo trans del mio corso avevamo i dead-name nella lista. Però sono tutte
cose risolvibili, con i professori non ho avuto grandi problemi, la triennale
l’ho fatta quasi tutta online, su Zoom c’è la possibilità di cambiare il
proprio nome. Anche in generale non ho mai avuto grandi problemi, è capitato
che qualche professore si rivolgesse al femminile, ma non sempre si ha voglia
di mettersi a fare grandi discorsi. Alla magistrale, che è in inglese, invece è
un po’ diverso. In generale la mia esperienza universitaria è stata molto
positiva, al di là di questioni di ordine burocratico non ho mai avuto problemi
di tipo sociale. Alla magistrale la maggior parte dellɜ compagnɜ di corso erano
persone provenienti da culture differenti, quindi all’inizio mi sono trovata a
confrontarmi anche con persone che non avevano mai sentito parlare
dell’identità non binaria, bisognava spiegare, qualcuno faceva fatica a capire.
Ma dentro, come anche fuori dall’Università, devi chiederti se hai voglia di
metterti sempre lì a spiegare. Per quanto riguarda i servizi, invece, nella
mia Università c’è Kosmus,
ma non è un centro di Ateneo, bensì un gruppo di persone queer impegnate
nell’organizzare eventi, incontri settimanali, l’ho frequentato a volte ma mai
particolarmente. Non credo ci sia un centro universitario ad occuparsene
specificamente. Può anche essere che io non lo sappia eh, non mi interesso
troppo di queste cose perché il 95% dei miei amici è queer, frequento quasi
esclusivamente persone queer, non cerco molto esterno perché ho già persone
vicine a me, se non avessi amici così forse cercherei qualcosa del genere, non
per forza all’Università, anche centri sociali ad esempio.
Emilia:
Se
avessi il potere di cambiare qualcosa dall’oggi al domani, cosa cambieresti
anche al di fuori dell’ambito universitario?
Elios:
Mah… in generale credo che vorrei che si desse meno peso al genere. Nel senso,
io mi identifico come persona non binaria perché non mi identifico da un punto
di vista sociale né come uomo né come donna, quindi credo che se non ci fosse
questa divisione così netta non ci sarebbe neanche il problema del creare o
autoimporsi un’identità non-binaria. Io in generale mi identifico come persona a-gender, che è sotto l’ombrello. Però
non è una via di mezzo, è tipo un “non
voglio avere niente a che fare con”.
Emilia: Dare meno importanza al
binarismo di genere, insomma.
Elios:
Si certo, vorrei che così tante cose non fossero fondate su quello. So che non
è la stessa cosa, però se la gente sapesse che c’è più o meno tanta gente
intersessuale quanta gente coi capelli rossi… tu quante persone con i capelli
rossi conosci nella tua vita? Io almeno quattro o cinque. So benissimo la
distinzione tra genere e sesso, ma appunto se non fossero così importanti per
categorizzare le persone… c’è sempre qualcuno che dice “ma perché avete sta mania di categorizzare tutto” , oppure “non volete la categorizzazione, ma voi fate
tanta categorizzazione”, ma noi facciamo la categorizzazione per voi!
Perché così voi riusciate a capire,
alla fine io credo che tante persone queer non si categorizzerebbero se non
fosse per spiegarsi alle altre persone, è perché ti devi sempre spiegare che
invece di fare la pappardella di mezz’ora, usi un’etichetta: “io sono… quello che è”. Se ci fosse
sempre meno questo bisogno di dividere le cose in sezioni e in sottosezioni, credo
che questo beneficerebbe molto.
Emilia:
Anche perché poi tutto questo ha molto a che fare con l’educazione, con i ruoli
di genere cui si suppone che una persona si debba adeguare.
Elios: Esatto, è proprio quello il
motivo per cui io non mi identifico né come uomo né come donna. Anche questo, “cosa significa per te” che era la
domanda che ci si poneva, non è tanto per dire “non mi conformo con la società”, è per dire che davvero non mi ci
ritrovo. E quindi cosa fai? Ti cerchi di identificare nell’unica cosa che ti
sembra più vicina a quello che provi. Però è ovvio che per ogni persona è
diverso. È ovvio che avere dei termini comuni è importante per trovare persone
simili a te però anche lì, io ho più di 10 amici non-binary e siamo tuttɜ diversɜ, sia nella nostra comprensione del
non-binarismo sia nel modo in cui viviamo la nostra identità, nessunə di noi è
uguale all’altrə. E quindi anche lì, non stai davvero a categorizzarti, lo usi
come termine per farti capire ma alla fine c’è sempre una tale diversità.
Claudia:
Non
a caso non-binary è un termine
ombrello, che racchiude un’infinità di sfumature, di variazioni, di modi di
vivere l’esperienza, che comunque è molto più ampia rispetto alla
stereotipizzazione del ruolo maschile e femminile. È anche per questo che
ricerchiamo spazi e momenti come quelli dell’intervista, perché consentono di
dare voce e di capire effettivamente, sulla base di quelle che sono le singole
esperienze. Certo ci si può informare, leggiamo tante cose anche di carattere
scientifico, però questa autenticità e questa genuinità soltanto il contatto
con la persona la può restituire, grazie per averci arricchito della tua
esperienza.
Arrivato
il momento di concludere l’intervista, ringraziamo calorosamente Elios per la
sua partecipazione che ha reso possibile questo prezioso confronto.