A cura di Cecilia Montella
Ho avuto da poco il piacere di conoscere Antonio e Giovanni,
due ragazzi napoletani di 26 e 25 anni; entrambi militano nei “Pochos”, una
squadra di calcio (e da qualche settimana anche di volley) LGBT+, nata
dall’idea di Giorgio Sorrentino di creare una comunità che, attraverso lo sport,
possa promuovere la cultura delle differenze e contrastare le discriminazioni
nei confronti delle persone LGBT+.
Incontro i due ragazzi per fargli qualche domanda e per farmi raccontare le
loro storie che, come dicono, purtroppo sono accompagnate da diversi episodi di
omofobia subiti.
Ciao ragazzi, mi piacerebbe
cominciare questa intervista conoscendovi un po’ e ascoltando alcuni vostri
racconti rispetto ad alcuni episodi di omofobia di cui vi siete trovati ad
essere testimoni privilegiati.
Antonio: Io innanzitutto vorrei cominciare
raccontandoti dei primi momenti in cui mi sono accorto di essere gay. E’
accaduto durante il periodo delle scuole superiori; mi trovavo all’interno di
una realtà parecchio difficile in quanto ho frequentato L’ITIS Galileo Ferraris
a Scampia.
Ho avuto difficoltà ad emergere in questo contesto, perché non volevo far
scoprire alle altre persone chi ero; proprio lì ho subito le prime
discriminazioni. Mi ricordo che più volte mi veniva fatta a scuola la battuta
del tipo “in quale bagno vai ora?”. Lì per lì non combattevo, mi sentivo male
ed estraniato dal gruppo. Adesso però le cose sono cambiate, io sono cresciuto
e con l’aiuto anche dei “Pochos” e di altri amici cerco di essere un attivista
e combattere l’omofobia per far sì che questi episodi non accadano più. I miei
amici sono stati una vera famiglia per me, anche se nella mia vera famiglia per
fortuna non ho mai avuto problemi. Anche i miei familiari sono cambiati durante
gli anni, sono cresciuti insieme a me; mi hanno sempre molto agevolato,
soprattutto mia madre e mia sorella.
Ti va di raccontarmi un po’ la
storia del tuo coming out?
Antonio: Certo. Io lo annunciai con una
bella botta: dissi “mamma io giovedì devo uscire con un ragazzo”. Fu una
rivoluzione per me, perché prima ero molto timido ed avevo paura di aprirmi
agli altri, poi mi sono mostrato per quello che ero. Mia mamma si preoccupò
soprattutto del giudizio delle altre persone, ma non mi discriminò per la mia
omosessualità, perché ha una grande fiducia in me. Ora conosce tutti i miei
amici, è molto accogliente e in famiglia è diventata anche lei un’attivista.
L’unica cosa che le è rimasta è il timore di dirlo a mio padre: io non ho mai
trovato a mia volta l’esigenza di dirglielo, lui non è un padre padrone e in
effetti sono sicuro che in cuor suo lo sappia.
In seguito ho cominciato ad essere un attivista, oltre al Pride ho anche avuto
il coraggio di andare ad una manifestazione di centro-destra con un ragazzo con
cui mi baciai in mezzo alla folla; poi ce ne scappammo, perché tutti iniziarono
ad inveirci contro.
Cos’è che ti ha permesso questo
passaggio dall’essere un ragazzo introverso fino a diventare un vero e proprio
attivista?
Antonio: Ci sono riuscito grazie alla
crescita che ho avuto, in contemporanea con la crescita delle persone che mi
erano accanto, la mia famiglia e i miei amici. Ho avuto il coraggio di
emergere, e adesso cerco di dare una mano anche a chi ha ancora bisogno di fare
coming out. Anche il mio lavoro mi ha molto aiutato: Io sono stato per 7/8 anni
team leader di un call center: inizialmente non ho sentito il bisogno di
dichiarare il mio orientamento, poi un giorno capii che c’era bisogno di dare
un segno anche lì: ero responsabile di circa 20 ragazzi e feci coming out con
loro cercando di poter essere un esempio.
Sicuramente lo sarai stato! Ora
vorrei chiederti, cosa ti viene in mente rispetto ad episodi di omofobia che
hai vissuto?
Antonio: Penso che l’omofobia derivi spesso
dalla paura, anche dal pensiero tuo di non essere normale. Ti racconto di
questo episodio: quando ebbi il mio primo rapporto omosessuale io mi sentii
sbagliato, mi sentii in colpa, perché pensavo che quella cosa fosse sbagliata.
Nella società in effetti è considerata una cosa sbagliata. Per me quel rapporto
era piacevole, ma sentivo comunque un fuoco all’interno e cominciavo a farmi
mille domande: volevo andare via e finivo per isolarmi le prime volte.
All’inizio non ne parlavo, poi grazie al confronto con i miei amici capii che
anche gli altri la pensavano come me, capii che era una cosa comune e normale,
così cominciai a sentirmi bene con me stesso e con i miei partner.
Grazie, e complimenti davvero per
questo cambiamento!
Antonio: Grazie!
Giovanni, ti va di raccontarmi un
po’ la tua storia adesso?
Giovanni: Certo. Io già dall’asilo cominciai
ad essere attratto dagli altri maschietti, poi quest’attrazione continuò anche
alle elementari. Intorno ai 15 anni capii di essere attratto dagli uomini,
specialmente quelli in carne. Inizialmente era solo un desiderio, poi ho
conosciuto una persona tramite una chat e ho avuto la mia prima esperienza
omosessuale. Andando avanti ho cominciato ad accettare il mio orientamento, mi
sono sempre considerato un ragazzo forte, facevo karate a quel tempo, non avevo
paura di affermarmi. A quasi 16 anni ho avuto anche la mia prima relazione che
è durata 3 anni; quando è finita siamo comunque riusciti a restare amici.
E com’è andato il tuo coming out?
Giovanni: E’ avvenuto quando avevo circa
19/20 anni. La mia famiglia già dubitava del mio orientamento: mio padre faceva
delle battutine per stuzzicarmi, io però reagivo negativamente nei suoi
riguardi e mia mamma prendeva le mie difese. Feci coming out grazie un mio
amico: eravamo al cimitero, dove io lavoro, e questo mio amico mi disse di
dirlo a mia sorella; io pensavo che lei non avrebbe accettato il mio
orientamento e dissi al mio amico che se voleva poteva dirglielo lui. Così il
mio amico disse a mia sorella che era gay e che lo ero anche io. Mia sorella
disse che già lo pensava, la prese positivamente. Quando tornai a casa il mio
amico, sempre dopo aver avuto il mio consenso, lo disse anche a mia mamma che
reagì anche lei positivamente. Pensa che adesso ha un buon rapporto anche con
diversi miei ex! Il coming out con mio padre invece non è mai riuscito perché è
morto proprio il periodo in cui feci coming out con mia madre e mia sorella.
Sono sicuro però che lui lo sapeva, come la maggior parte dei genitori.
C’è stato qualche episodio in cui
sei stato vittima di discriminazione?
Giovanni: Ho subito bullismo alle scuole
medie: alcuni amici mi prendevano in giro. Io però riuscivo a fare come se
niente fosse, mi ferivano, però riuscivo a vivere la mia vita normalmente.
Una volta però successe un episodio in particolare con alcuni ragazzini che
giocavano con me a pallone. Io stavo a casa di un mio amico che vive nel mio
palazzo, e lui mi chiese di guardare un video porno gay, anche se lui era
etero. Io gli dissi che avremmo potuto vederlo, e lui lo mise. Tra noi non
successe niente, poi lui esaurì la sua curiosità e tolse il video. Qualche
giorno dopo andò a dire agli altri amici in comune che io avevo voluto vedere
con lui un video porno gay e loro mi insultarono. Io a quel punto reagii anche
violentemente, perché quell’episodio mi ferì moltissimo.
Immagino che deve essere stato un momento
molto difficile, vista anche la tua giovane età di allora.
Giovanni: sì, lo è stato. Da quel momento non
ho più avuto rapporti con queste persone.
Giovanni, ringrazio molto anche te
per tutto ciò che mi hai raccontato! Spero di incontrarvi presto su qualche
campo di volley!
Antonio e Giovanni: Certo, a presto!