A cura di Maurizio Riccio
Come ogni anno ritorna il Pride, la marcia pronta a
richiamare l’orgoglio della comunità LGBT. Nata in memoria dei moti di
Stonewall, milioni di persone scelgono di manifestare per le strade per
esprimere a pieno l’orgoglio di essere quel che si è. Essere fieri delle
proprie sfumature e caratteristiche; fierezza che si contrappone alla vergogna
che in passato, e molto spesso anche ai giorni nostri, la comunità è stata
costretta a subire. Il 14 Luglio sarà il turno del capoluogo campano che
ospiterà la marcia più Rainbow di sempre. Quest’anno il tema scelto dagli
organizzatori dell’evento è stato quello della fratellanza. Inteso come quel
sentimento di unione che dovrebbe essere alla base della comunità. Un elemento di
supporto per sostenersi l’un l’altro durante il duro percorso per ottenere i
diritti di cui tutti cittadini eterosessuali possono godere. Un tema non scelto
a caso, che fa sorgere spontanea una domanda: esiste davvero un sentimento di
fratellanza tra i membri della comunità LGBT?
Purtroppo tra i membri della popolazione non sempre
esiste un sentimento di fratellanza a legarli, tutt’altro. Non sono mancati
casi di persone discriminate dagli stessi membri della comunità. Se questo vi
sembra assurdo, vi basterà scaricare sul vostro smartphone una qualsiasi
applicazione dedicata agli incontri LGBT per averne la prova.
Nelle descrizioni dei vari profili degli utenti, non
sarà difficile imbattersi in persone che escludono categoricamente di voler
scambiare perfino due chiacchiere con ragazzi effemminati o con ragazze
particolarmente sportive. Non sono ben
visti nemmeno gli attivisti dei diritti LGBT.
Il motivo? Sono fin troppo esposti ai “riflettori” della società.
Frequentandoli ci sarebbe il rischio di essere “riconosciuti” per strada.
Stesso discorso vale anche per le persone dichiaratamente omosessuali.
Ogni giorno milioni di persone appartenenti alla
comunità sono costrette a subire discriminazioni non solo dalla società esterna
che li circonda, ma anche dai loro stessi “fratelli”. Probabilmente il tema
scelto per il Pride di quest’anno non è a caso, come già accennato, ma pronto a
sottolineare le mille difficoltà che la comunità incontra ancora oggi nel
vivere serenamente la propria vita. A partire, purtroppo, dai suoi stessi
membri che preferiscono vivere nell’ombra piuttosto che esporsi in prima
persona, astenendosi dalla marcia che ha permesso una maggiore libertà di
espressione perché ritenuta priva di senso. Ciò comporta una doppia
discriminazione: una esterna, da parte della società, e una interna, portata
avanti dagli stessi membri della comunità.
Questa sembra quasi essere una risposta a tutte quelle
persone che non credono nel Pride, etichettandolo soltanto come un’inutile marcia
senza senso, una carnevalata. Peccato che il senso sia proprio questo: mostrare
il proprio orgoglio per ciò che si è.
Basti pensare che durante il corso degli anni,
rispetto ai precedenti Pride realizzati, si sono aggiunte anche tematiche a
sfondo razziale. Proprio a indicare un sentimento di orgoglio che lega quelle
che sono ritenute essere una minoranza.