A cura di Francesca Diletta Iavarone.
La favola, così come il gioco, riveste un ruolo
simbolico di notevole importanza nel processo di sviluppo del/della bambino/a,
permettendogli/le di sperimentare la propria capacità creativa.
In ambito psicoanalitico, infatti, si ritiene che esse possano stimolare la
messa in scena dei propri vissuti interni, caratterizzati anche da angosce e
paure, offrendo un tempo per elaborarli e attribuirgli significato.
D. Winnicott, psicoanalista e pediatra, sosteneva
che giocare creativamente richiedesse un luogo e un tempo privati, uno spazio transizionale, in cui l’individuo
potesse imparare ad esprimere le proprie pulsioni e i propri conflitti, iniziando
ad attribuirgli un senso. Il racconto è uno dei modi in cui il/la bambino/a può
dare voce ai vissuti che sono in attesa di elaborazione e rispondere ai propri
dubbi; i personaggi delle storie, come sostiene lo psicoanalista austriaco B.
Bettelheim, fronteggiano spesso complesse situazioni che rispecchiano
fortemente alcune fasi della crescita di un individuo. La celebre favola di
“Cappuccetto Rosso”, che si allontana sempre di più dalla madre inoltrandosi
nel bosco, così, potrebbe raccontare le terribili angosce, incarnate dalla
figura del lupo, che sono legate alla separazione. Capita spesso che un/una
bambino/a chieda più volte ai propri genitori di leggere una stessa favola, in
periodi specifici della sua vita, probabilmente per il bisogno di avere una
rappresentazione del conflitto con il quale, in quel momento, sta facendo i
conti; la ripetizione, infatti, può aiutare a domare le frustrazioni ed essere
funzionale alla loro elaborazione.
Più in generale, potremmo dire che la favola apre alla possibilità di esplorare
il proprio mondo interno, permettendo di toccare le parti di sé che non
risultano immediatamente accessibili, e quello esterno, iniziando a soffermarsi
sui compromessi che impone. Essa propone varie tematiche, come la morale, la
divisione tra un buono e un cattivo, gli ostacoli che si possono fronteggiare
trovando soluzioni creative. Ciò che viene esplorata, tra tutti i vari spunti
che propone, è anche l’identità e, a questo proposito, tra principesse ed eroi
impavidi che talvolta rispecchiano gli stereotipi di femminilità e mascolinità,
esistono favole che tentano di ampliare gli ambiti identitari da poter
esplorare. Attraverso di esse il/la bambino/a, indentificandosi con i
personaggi delle storie, può ricercare il modo, la forma, la dimensione più
giusta in cui collocarsi, senza riferirsi necessariamente alla dicotomia
maschio-femmina.
Un esempio di storia che si allontanano dall’imposizione di un
binarismo di genere è intitolata “Nei panni di Zaff”, di Manuela Salvi e
Francesca Cavallaro, che affronta il tema della discriminazione di genere in un
linguaggio accessibile dal/dalla bambino/a, permettendo la personale e libera
esplorazione identitaria e il rispetto per quella altrui. Anche i genitori,
leggendo ai/alle propri/e figli/e, possono essere facilitati nell’accompagnarli
nella scoperta delle infinite possibilità in cui l’identità può declinarsi,
affrontando un tema così delicato e serio con ironia e un linguaggio fruibile
per la fascia d’età a cui si rivolge.
Altro esempio è il libro “L’importante è
che siamo amici”, di Jessica Walton e Dougal MacPherson, o ancora alcune favole
riportate sul sito della Sezione Anti-Discriminazione e Cultura delle Differenze
del Centro di Ateneo SInAPSi, con l’obiettivo di prevenire e contrastare
pregiudizi e discriminazioni nei confronti di tutte le diverse identità, donne,
uomini, persone omosessuali e persone transgender, in modo che le differenze
siano considerate risorse e non ostacoli. Uno dei testi che si posso trovare è
“Trans Cuore. L’amore attraversa i confini”, in cui vengono argomentati anche i
termini “trans” e “adozione”, in un linguaggio chiaro e semplice.
Creare favole di questo tipo permette al/alla bambino/a, dai momenti più
delicati della propria crescita, di sentirsi libero/a, di esplorare ogni
possibilità inerente la propria personalità e identità, di non sentirsi a
disagio o solo/a, “diverso/a” o “anormale” in un mondo esterno che ha ancora
tanto lavoro da fare prima di accogliere la varietà delle scelte o dei vissuti
di ciascuna persona. Leggere ai/alle propri/e figli/e favole di questo tipo
supporta la loro faticosa conquista di libertà, di qualsiasi genere sia e in
qualsiasi ambito.