A
cura di Giovanna Castaldo.
L’8 marzo ricorre la Giornata internazionale della donna,
istituita per celebrare le conquiste sociali, economiche, culturali e politiche
delle donne e allo stesso tempo per ricordare la necessaria lotta per la parità
di genere.
La musica si è sempre fatta portavoce di questa lotta anche rendendosi
strumento dei cambiamenti sociali. Attraverso la musica le donne hanno potuto
esprimere la propria voce e trovare un mezzo di affermazione e di denuncia.
Numerose artiste sono riuscite a farsi spazio in un mondo maschile, fatto di
agenti, manager e produttori uomini, riuscendo a diventare ispirazione per le
donne di tutto il mondo.
“Respect/La Musica è donna” è la campagna di Warner Music che
ha scelto 10 donne per oltre 800 affissioni nella città di Milano. Donne tra
cui Laura Pausini, Mina, Loredana Bertè, che si sono distinte nel loro settore
e sono state promotrici del cambiamento culturale. Un messaggio importante per mostrare
come l’8 marzo sia un’occasione per riflettere su quanto sia possibile lottare
per apportare dei cambiamenti alla nostra società ancora fortemente sessista, maschilista
e patriarcale, ispirandosi anche ai progressi che
le artiste italiane e internazionali hanno raggiunto con la loro musica in
ambito politico, sociale e culturale in tutto il mondo.
La musica crea un linguaggio capace di superare ogni tipo di
barriera linguistica, economica, culturale e politica, contribuendo a mettere
in luce e contrastare le discriminazioni legate agli stereotipi di genere,
sessuali, etnici e religiosi.
La musica mette in moto un cambiamento culturale,
come abbiamo potuto osservare nell’ultimo Festival di Sanremo, dove Achille
Lauro ha omaggiato una delle figure di riferimento della musica italiana, Mina,
mostrandosi con una lunga treccia in suo onore. “Il pregiudizio è una prigione,
il giudizio è una condanna”, ci dice Achille Lauro dal palco dell’Ariston,
mostrando come la musica possa liberarci dai ruoli di genere tradizionali.
Ruoli di genere in cui le donne sono spesso ingabbiate, e che
possiamo ritrovare in testi in cui la donna viene raccontata con parole maschili,
filtrata attraverso lo sguardo degli uomini.
Potremmo partire dal lontano 1851,
quando Giuseppe Verdi nel “Rigoretto” descriveva con “La donna è mobile” una
donna frivola e instabile come “piuma al vento”. Spesso la donna è stata
banalizzata e oggettivizzata nei testi della canzoni. Possiamo immaginare i
pericoli insiti nel considerare una persona come un oggetto, una proprietà su
cui vantare diritti, e le reazioni che possono derivare quando questi diritti
vengono negati. J-Ax canta: “O ti amo o ti ammazzo” o, ancora, i Modà cantano:
“Inginocchiati, concediti, accontentami, guardami, piangi, prega e chiedi
scusa… E implorami di non ucciderti” in “Meschina”.
Il linguaggio musicale può anche creare emancipazione,
attraverso brani che hanno raccontato storie di vita, di relazioni, anche di
abusi, in cui le donne hanno forse potuto immedesimarsi, riconoscersi e
acquisire maggiore consapevolezza di sé, trovando la forza per innescare un
necessario cambiamento.
Loredana Bertè, in “Sei bellissima”, ci racconta la
dipendenza affettiva, cantando di una donna a cui viene detto dal suo compagno
“Non vali che un po' più di niente”. Fiorella Mannoia in “Quello che le donne
non dicono” racconta di donne “delicate”, che vivono in funzione del partner, a
cui diranno “ancora un altro sì” dopo aver ricevuto “delle rose o nuove cose”.
Parole che rispecchiano una rappresentazione sociale in cui quello che ci si
aspetta dalle donne è che siano disponibili, comprensive, che si adattino e si adeguino
agli uomini. Un'altra interprete della musica italiana è stata Mia Martini, che
con “Donna” denuncia le violenze di cui purtroppo le donne, allora come oggi,
sono vittime. Violenza che colpisce tutte le donne, perché donna è anche colei che
non è nata donna biologicamente ma lo è ugualmente. Ne ha scritto Fabrizio De
André in “Prinçesa”, canzone dedicata a Fernanda Farias de Albuquerque, donna
transgender detenuta del carcere romano di Rebibbia. De André viene a
conoscenza della sua storia e racconta: “Un esempio classico [di minoranze
perseguitate] sono gli individui che nascono con caratteristiche esteriori
appartenenti a un sesso che non corrisponde alla loro identità più profonda”.
“Nel dormiveglia della corriera
Lascio l’infanzia contadina
Corro all’incanto dei desideri
Vado a correggere la fortuna
Nella cucina della pensione
Mescolo i sogni con gli ormoni
Ad albeggiare sarà magia
Saranno seni miracolosi”.
La musica ha dunque rappresentato le donne, riflettendo ciò
che la società si aspetta che loro siano ma allo stesso tempo divenendo motore
del cambiamento. L’immagine della donna nella società è infatti in continuo
mutamento, essere donna molti anni fa non è lo stesso che essere donna oggi, e
ripercorrere la sua rappresentazione nella canzone italiana può aiutarci a
comprendere come è cambiata l’immagine della donna nel corso degli anni e a
immaginare come dovrà ancora modificarsi in futuro.
La musica è libertà, e
tramite le storie che ci racconta potremo forse liberarci dagli stereotipi di
genere che colpiscono tanto le donne quanto gli uomini, portando cambiamento,
emancipazione e la libertà di essere se stessi.