A cura di Alessandra Arena, Damiano Caputo, Mariano
Petricciuolo.
“Sono stato bambino, figlio e figlia, soldato, disertore e
prigioniero, madre, prostituta e amante. Ma qualsiasi persona sia stata, posso
dire con convinzione di essere stata sempre me stessa”.
Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, sono i registi di
questo documentario. I registi documentano ed esplorano la vita di Lucy, una
testimone del tempo, e quella di un'Italia segnata da pregiudizi, abusi, e
perdite. Circondata da amici, assistenti e profughi, Lucy incarna l’umanità e
l’empatia.
Il documentario girato durante la pandemia mostra la
quotidianità di Lucy, la sua lotta per vivere, le paure e gli incubi legati al
campo di concentramento.
Testimone diretta dei momenti più bui del Novecento,
Lucy vuole mantenere viva la memoria nella speranza che non venga dimenticata.
Lucy Salani, novantaseienne di Bologna e sopravvissuta a
Dachau, riesce a creare una famiglia basata sull'amore, accogliendo una figlia
orfana e un nipote bisognoso. La sua casa diventa un luogo di accettazione,
sfidando il concetto di "altro".
Lucy ripercorre il dolore del suo passato con coraggio e racconta la sua
storia, un manifesto per preservare la memoria e resistere alla crudeltà del
mondo; la sua determinazione la aiuta a mantenere viva questa testimonianza che
diventa la sua motivazione principale per continuare a vivere.
Nonostante il dolore e la lotta per sopravvivere ai campi di
concentramento, Lucy rimane un insieme indivisibile, una luce che illumina chi
ha bisogno di un'amica, la ragione per lottare e per cercare la gioia e l’amore
anche durante un periodo storico così difficile.
La forza che la caratterizza colpisce e testimonia quanto
sia importante avere coraggio, il messaggio è carico d'amore che si fa spazio
tra il volto e le sue parole.
Dal passato fino al presente, la sua storia è
ricca di memorie, dove ci sono riflessioni sulle tematiche del genere e
sull'importanza di difendere la propria l'identità.
Questa storia unica testimonia i cambiamenti del secolo
scorso e diventa un faro per una riflessione attuale e urgente sulle differenze
e sulla necessità di essere persone migliori, di accogliere anziché condannare.