A cura di Alessia Cuccurullo
Il bullismo è un fenomeno oramai noto e tristemente diffuso, soprattutto nei contesti scolastici, tra adolescenti che mettono in atto varie forme di prevaricazione per manifestare il proprio desiderio di dominio nei confronti di coetanei più deboli. Tutti gli studi sul fenomeno, da quelli classici ai più recenti (Olweus, 1996; Volturo, 2011), hanno messo in evidenza come, per essere
definito tale, il bullismo debba necessariamente essere connotato da tre elementi:
- Asimmetria della relazione. Deve essere presente uno squilibrio nel rapporto di forza tra un ragazzo (vittima) e un ragazzo o un gruppo di ragazzi (bullo/i). Questo squilibrio può essere dovuto ad una diversa forza fisica, ad un maggior prestigio sociale, familiare, intellettivo. Il più delle volte si tratta di uno squilibrio che riguarda differenze nel carattere e nella personalità che impediscono alla "vittima" di difendersi dai comportamenti di prepotenza. Il bullismo è, quindi, prima ancora che un atto aggressivo, una dinamica relazionale in cui un gruppo di pari, ognuno con i rispettivi ruoli, recita una specie di copione basato sulla distribuzione del potere;
- Intenzionalità. Il ragazzo che si trova in una posizione di maggior forza rispetto al compagno si avvale della propria superiorità per infliggere un danno al più debole attraverso atti aggressivi intenzionali di varia natura. Non sempre quest'intenzionalità indica la piena consapevolezza emotiva di ciò che si prova nell'altro: questi comportamenti sono, infatti, intenzionali, ma non sempre vengono pienamente voluti per ciò che significano nell'esperienza di chi li riceve;
- Persistenza. Sebbene anche un singolo episodio può essere considerato come una forma di bullismo, è più opportuno parlare di bullismo quando questo tipo di relazione persiste nel tempo. Inoltre risulta essere anche organizzato, nel senso che l'aggressore pianifica l'azione con grande meticolosità.
Va evidenziato che però, con l'evolversi delle nuove tecnologie e con le nuove modalità di comunicazione e relazione apprese dai ragazzi, il fenomeno delle prevaricazioni tra pari sembra aver assunto connotazioni sempre più specifiche. In particolare, l'evolvere delle nuove tecnologie ha messo in luce un fenomeno tutto nuovo di prevaricazione tra pari, già molto diffuso ed estremamente complesso, ossia il cyber bullismo, o bullismo elettronico. Molti studi si sono interrogati sulle assonanze e sulle differenze tra i due fenomeni, allo scopo di comprenderne le caratteristiche principali, le modalità di attuazione e le possibilità di prevenzione ed intervento.
I più recenti studi della letteratura sul cyberbullismo (Formella, Ricci, 2010; Schneider, 2012; Genta, Brighi, Guarini, 2013; Pozzoli, Gini, 2013) tendono a descriverlo come atti di violenza, molestia, diffamazione e azioni aggressive effettuate tramite mezzi informatici come e-mail, messaggeria istantanea, blog e/o siti web.
Si tratta di un comportamento intenzionale: la vittima è tormentata, minacciata, perseguitata e umiliata tramite apparati elettronici o informatici quali l'invio di messaggi molesti sul cellulare o la diffusione in rete di immagini personali senza consenso, con lo scopo di diffamare, minacciare o infastidire (Saccà, Martelli, Guarnieri, Coppola, 2010). Le cyberviolenze sono consumate solitamente tra coetanei, per lo più adolescenti, ma se coinvolgono anche adulti vengono denominate cyberstalking.
L'utilizzo dei diversi metodi è frutto della fantasia del cyberbullo e della sua capacità di utilizzo delle diverse tecnologie. Il fenomeno del cyberbullying è in costante aumento in quanto consente
l'anonimato. Schneider (2012) individua nella mancanza di visibilità, nell'anonimato, la pericolosità del bullo elettronico: egli pensa di molestare e perseguitare senza poter mai essere scoperto, barricandosi dietro la cosiddetta "mask of electronic anonymity"; difatti, il concetto di Identificazione assume dei confini labili nel mondo virtuale, dove l' "Identità Reale" viene sostituita dall'identità Virtuale".
A partire da tali riflessioni, appare spontaneo chiedersi quali siano, se ce ne sono, i punti di connessione e le differenze tra il "classico" bullismo e la sua variante elettronica.
Il bullismo elettronico presenta sicuramente percorsi di rischio comuni al bullismo tradizionale, ma anche specifiche peculiarità, che ne mettono in evidenza le differenze e le analogie. Per tale motivo, quindi, considerarlo un "prolungamento elettronico" del bullismo tradizionale appare giustificato solo in parte: potremmo anzi definirlo una evoluzione del "vecchio" fenomeno che si manifesta attraverso l'aggressione informatica (Civita, 2011).
Anche i principali elementi caratteristici del fenomeno, precedentemente descritti, vengono a manifestarsi in maniera differente, ed appare interessante tracciare questa distinzione che può sicuramente favorire una maggiore comprensione delle peculiarità del bullismo elettronico:
1. Asimmetria relazionale: Per quanto riguarda il cyberbullismo, sicuramente il mezzo elettronico non necessita di un potere mediato, come per esempio la forza fisica, né di un'intimidazione psicologica che deriva da una supremazia numerica o psicologica nei confronti della vittima: una sola persona, nel chiuso della propria stanza e senza particolari doti fisiche, può compiere atti di bullismo su di un numero illimitato di vittime con poche operazioni telematiche. Alcuni autori (Raskauskas, Stoltz, 2007) ritengono che la reale disparità derivi dall'anonimato dietro cui si cela l'aggressore e quindi dall'impotenza e dall'impossibilità di fermare le aggressioni.
2. Intenzionalità: La principale differenza in questo caso consiste nel fatto che, nel bullismo tradizionale, è relativamente immediato leggere l'intenzionalità nelle azioni del bullo, mentre nel bullismo elettronico la responsabilità può essere estesa e condivisa anche a chi "semplicemente" visiona il video o decide di inoltrarlo ad altri. L'astante, che frequenta siti e fruisce delle immagini, diventa uno "strumento" fondamentale per lo scopo del cyberbullo, e assume un ruolo di responsabilità attiva nei confronti della vittima, anche se spesso non la conosce affatto
(Genta et al., 2009).
3. Persistenza nel tempo: Nel cyber bullismo i tempi sono necessariamente diversi, e devono essere considerati in relazione alla comunicazione in ambienti virtuali. Difatti, innanzi tutto in questo caso le comunicazioni possono avvenire 24 ore su 24; inoltre non appare necessaria la persistenza nel tempo: un solo episodio, divulgato attraverso YouTube, può arrecare risultati ugualmente devastanti per la vittima, in quanto il post pubblicato è sempre disponibile e può essere visto da migliaia di persone in tempi diversi. Lo stesso contenuto offensivo (MMS, SMS) divulgato da un bullo può venire diffuso a cascata tra i riceventi; infine, non è necessario che l'atto aggressivo venga ripetuto dallo stesso aggressore nel tempo poiché una vasta platea di spettatori potrà comunque amplificare l'effetto dell'aggressione. Emergono quindi punti in comune e specificità utili a comprendere le modalità di intervento (Pozzoli, Gini, 2013) più adatte per ciascuna forma di prevaricazione; in entrambi i casi appare essenziale costruire relazioni educative significative: è importante realizzare un rapporto educativo nel quale gli alunni siano riconosciuti come risorsa e possano esprimersi con protagonismo all'interno di una circolarità educativa.
Tuttavia, le differenze tra le due manifestazioni del fenomeno mostrano anche l'importanza di non sottovalutarne le specificità, magari attraverso la riflessione su nuove categorie che possano marcare le differenze e favorire un più facile orientamento anche nella prevenzione e nell'intervento. Queste categorie potrebbero porre l'accento sulle dimensioni essenziali che permettono questo tipo di prevaricazioni e che sono caratteristiche dell'on-line, quali la possibilità di mantenere l'anonimato, l'immediatezza nell'attuazione della prevaricazione e la raggiungibilità perenne della vittima, l'assenza di una specifica temporalità, la possibilità di diffusione dell'atto di bullismo.
Probabilmente, l'approfondimento del fenomeno e la sempre maggiore distinzione delle differenze potrebbero essere i principali strumenti per contrastare la diffusione di queste nuove forme di prevaricazione, attraverso un'educazione che tenga in considerazione l'utilizzo della rete da parte delle nuove generazioni.
Bibliografia
* Civita A. (2011) Cyberbullying: Un nuovo tipo di devianza, Franco Angeli, Milano
* Genta M. L.,Brighi A., Guarini A. (2009), Bullismo elettronico. Fattori di rischio connessi alle nuove tecnologie, Carocci, pp. 32-34.
* Genta M. L., Brighi A., Guarini A (2013), Cyberbullismo. Ricerche e strategie di intervento. Editore Franco Angeli.
* Olweus D. (1996), Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono. Firenze,Giunti.
* Pisano L., Saturno M. E. (2008), Le prepotenze non terminano mai, Psicologia contemporanea, n. 210, nov .- dic. 2008, edizioni Giunti.
* Pozzoli, T., & Gini, G. (2013). Friend similarity in attitudes toward bullying and sense of responsibility to intervene. Social Influence, 8, 161-176.
* Raskauskas J., Stoltz A.D. (2007), Involvement in traditional and electronic bullying among adolescents. Dev Psychol. 2007 May;43(3):564-75
* Saccà , Martelli, Guarnieri , Coppola (2010), Zaino in spalla! Manuale per operatrici e operatori sui temi dell'educazione alle differenze e il bullismo omofobico a scuola. Bologna, Arcigay.
* Schneider S. K., O'Donnell L., Stueve A., Coulter R. W. S. (2012), Cyberbullying, School Bullying, and Psychological Distress A Regional Census of High School Students. Am J Public Health 2012;102(1):171-177.
* Volturo S. (2011), Bullismo. Definizioni, ricerche e strategie d'intervento. In Autonomie locali e servizi sociali, n. 1 (mag. 2011), pp. 81-94
* Zbigniew F., Ricci A. (2010), Il disagio adolescenziale : tra aggressività, bullismo e cyberbullismo. Roma : LAS.