A cura di Luisa
D’ambrosio
Le carceri italiane non sono un luogo
accogliente e lo sono ancor meno per le persone trans.
La normativa penitenziaria vigente non
menziona in alcun modo i termini della loro detenzione cautelare; non sono state,
infatti, ancora individuate risposte univoche alle problematiche emerse nel
corso degli anni, e, di conseguenza, non è previsto un piano d’azione unitario
che possa contrastare soprusi ed episodi ricorrenti di violenza e
discriminazione.
Le soluzioni finora messe in
atto, infatti, hanno tutte condotto a notevoli problematiche; si verifica, quasi sempre, una forte difficoltà a far
accedere le persone trans ai percorsi trattamentali ed alle attività di
istituto, e manca, molto spesso, la predisposizione di un adeguato servizio
sanitario in relazione alla specificità dei loro bisogni di salute.
Tali criticità si
manifestano anche per ciò che concerne i sistemi di collocazione, che vanno dai reparti dedicati, a volte
presso istituti maschili, altre femminili, fino alla collocazione presso
sezioni precauzionali.
Nondimeno, un aspetto
rilevante da tenere in considerazione è quello psicologico: spesso il disagio
che accompagna lo stato di detenzione delle persone trans si manifesta in
comportamenti che fanno temere per la stessa sopravvivenza della persona; autolesionismo e automutilazione diventano in
alcuni casi l'ultimo disperato tentativo di denunciare la mancanza di
riconoscimento al proprio diritto di autodeterminazione.
Sono le iniziative dei singoli istituti
penitenziari a mettere al centro della propria organizzazione azioni di
apertura al riguardo.
Alcuni di essi hanno in
questi anni tentato di affrontare tale questione creando sezioni dedicate
all’interno degli istituti (es. Belluno, Firenze, Roma, per citarne alcuni). Nel carcere di Poggioreale (NA), ad esempio,
è stato aperto uno sportello di ascolto per le persone trans.
Alcune direzioni di istituti
in accordo con associazioni quali il MIT (Movimento Identità Transessuale) di
Bologna, hanno organizzato incontri e seminari indirizzati alla formazione del
personale penitenziario.
Basta fermarsi un attimo a riflettere,
per capire quanto su questa questione si accavallano diverse e delicate
problematiche, relative alla questione di genere, ai diritti delle detenute e
dei detenuti, ai diritti LGBT+, alla sessualità e alla funzione stessa della
detenzione carceraria.