A cura di
Camilla Esposito.
Con
l'espressione coming out ci si riferisce a quel processo attraverso cui
le persone LGBT+ decidono di rivelare la propria identità sessuale a qualcun
altro. Si differenzia dall'outing, che, invece, è quell'atto di
svelamento che qualcun altro attua al posto della persona LGBT+.
Spesso al coming
out si guarda come a qualcosa di superfluo, talvolta anche eccessivo, come
ad un atto esibizionistico. In realtà, in una società in cui soggettività
diverse da quelle eterosessuali non sempre sono previste, fare coming out
è davvero un atto necessario. Esso è il modo per autodeterminarsi, per potersi
dire, definire senza lasciare che siano gli altri a farlo.
Nel processo di coming
out tappa fondamentale è certamente quella di dire a se stessi la propria
omosessualità, se parliamo, per esempio, di orientamento sessuale. Si tratta di
un passaggio che, come indicato da Barbagli e Colombi (2007), può avvenire a 7
così come a 45 anni, ma che mediamente si verifica un anno dopo il primo
rapporto sessuale. Non per tutti è scontato, infatti, abbracciare serenamente
una definizione della propria identità sessuale. Ci sono fattori che lo rendono
più semplice, quali età, genere, religione, provenienza. Per cui è più facile
definirsi omosessuali per le persone nate negli ultimi venticinque anni,
rispetto a quelle appartenenti a generazioni precedenti; per i laureati,
rispetto a chi ha la licenza media; e per chi cresce in famiglie laiche
settentrionali, rispetto a chi è cresciuto nel meridione, peggio ancora se in
famiglie fortemente religiose.
Proprio lo svelamento alla famiglia è uno dei
passaggi fondamentali nel processo di coming out, rappresentando spesso,
ma non sempre, un momento di crisi familiare.
E se il coming
out in famiglia avvenisse a Natale?
Per chi ancora
non ha rivelato il proprio orientamento sessuale in famiglia, le festività
natalizie, seppur probabilmente non quelle del pandemico anno 2020, possono
significare esperienze di invisibilità o di mortificazione: non poter invitare
il proprio compagno o la propria compagna al pranzo di Natale, per esempio;
oppure sentirsi in estrema difficoltà di fronte a quella inesauribile domanda
degli zii sul fidanzato, se sei una donna, o sulla fidanzata, sei sei un uomo.
Fare coming out durante un pranzo o una riunione di famiglia, come
durante le festività natalizie, avrebbe l'indubbio vantaggio di doverlo dire
un'unica volta a tutti i parenti. Certo, potrebbe provocare momenti di
tensione. Ma questo può accadere non solo a Natale.
Quello del 2020
sarà, però, un Natale particolare: in alcuni casi ci si ritroverà con le stesse
persone con cui si è trascorsa la maggiore quantità di tempo in questi mesi di
pandemia; in altri, invece, sarà la possibilità di rivedere i propri cari dopo tanti
mesi. In questo faticoso anno, probabilmente più che mai, abbiamo inteso
l'importanza delle relazioni interpersonali, di quanto sia costosa la
lontananza. Il Natale potrebbe essere un buon momento per donarsi e donare ai
propri cari l'autenticità entro una relazione così significativa, per colmare
distanze non solo fisiche: potrebbe essere un buon momento per il coming out
in famiglia.
FONTI:
Barbagli, M.,
& Colombo, A. (2007). Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia. Bologna:
il Mulino.