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Coming out: Cosa, come, quando e perché

L'immagine raffigura una persona che viene fuori da un armadio buio e grigio.

A cura di Veronica Pinto

Cosa
Coming out è una espressione inglese, abbreviazione della frase coming out of the closet, ossia uscire dall'armadio o uscire dal ripostiglio. Si tratta di un termine che viene utilizzato per indicare la rivelazione di fatti o informazioni sul proprio mondo, ancora sconosciuto alla persona con cui si interloquisce o al gruppo di appartenenza (famiglia, amici, gruppo classe ecc.). Nel mondo LGBTQ[1], questa espressione, viene utilizzata per indicare un atto di grande condivisione e di dono che una persona omosessuale, transessuale o bisessuale, sceglie di compiere ad un certo punto della propria esistenza, nei confronti di un'altra persona.

Come

Si tratta di una scelta libera, fatta nei modi e nei tempi che la persona ritiene più opportuni. Tuttavia, non è sempre così. Spesso, infatti, vi è confusione tra l'espressione "coming out" e la parola outing[2]. Si tratta di due concetti differenti, che hanno non solo un significato linguistico diverso, ma portano con sé un bagaglio emotivo completamente differente. La parola outing indica la rivelazione che qualcun altro fa di una persona omosessuale, bisessuale o transessuale a sua insaputa o meno. Questo accade, ad esempio, quando il miglior amico di un ragazzo omosessuale, rivela la sua omosessualità a degli amici in comune. Il problema di questo tipo di rivelazione è che può risultare impropria nel momento in cui viene operata senza il permesso della persona interessata. Questo può portare a conseguenze positive, ma anche, purtroppo, negative. La rivelazione, di un fatto intimo, di qualsiasi tipo, deve essere sempre controllata dal diretto interessato, affinché possa operarla come ritiene e quando ritiene più opportuno.

Quando
Non c'è un tempo entro cui si prefigura la necessità di compiere questo atto, né tanto meno una regola sulle modalità. La prima persona a cui si decide di dirlo non sempre è un familiare, alle volte può essere un amico o una amica. Questo rientra nel sentire del singolo e nella sua libera espressione come persona. E' frequente, soprattutto tra i più giovani, l'usanza di scrivere una lettera alla propria famiglia. Sicuramente questa è una modalità che evita l'imbarazzo di guardare l'altra persona in viso mentre si parla, ma allo stesso tempo è come se delegasse una parte di responsabilità all'altro che, una volta ricevuta la comunicazione, dovrà comunque cercare un dialogo.

Perché
Una frase che spesso ricorre, quando si parla di persone omosessuali e bisessuali in particolare, ma anche di transessuali laddove esteticamente sia evidente la loro transizione (per un approfondimento sul transessualismo rimando alla seguente pagina [inserire il link]) è: perché devono dire fatti della propria vita privata? A questo si aggiunge: io non voglio sapere quelle persone che fanno, non mi interessa, ma perché lo devono dire? Ecco. La risposta a questo enorme dilemma è molto semplice, quasi ovvia, scontata: ancora oggi, nel mondo occidentale fintamente libero, l'omosessualità, la bisessualità e la transessualità sono realtà considerate anormali. Anormalità come distanza da una norma, quella eterosessuale, che statisticamente è più evidente. Se per un eterosessuale o un cisgender[3] non è necessario esporsi, dichiararsi, spiegare quali scelte sentimentali o quali scelte identitarie, di genere, ha operato, per una persona omosessuale, bisessuale o transessuale è sostanzialmente necessario. È importante notare come questa necessità sia determinata da molte componenti sia interne, sia esterne. Le componenti esterne sono rintracciabili nella pressione sociale, ossia in quella forza agente sul soggetto dall'esterno, che impone, in maniera più o meno evidente ed in maniera più o meno obbligatoria, di operare delle scelte, di organizzare il proprio vissuto, di normare la propria vita secondo dei parametri da sempre e ancora tutt'oggi vigenti, dell'eterosessismo e dell'eteronormatività[4]. Le componenti interne invece, sono rintracciabili in quella forza personale che spinge il soggetto a provare una serie di sentimenti, a volte contrastanti: affermarsi, riconoscersi, rivelarsi, accrescere la propria autostima attraverso l'accoglienza degli altri, sentirsi nel mondo e non fuori dal mondo, riconciliarsi, con se stesso, con i propri cari, con i propri amici, colleghi, compagni. Il coming out è necessario, pur nel rispetto di chi deve compierlo e di chi questa rivelazione deve riceverla, affinché l'amore diventi libero.

L'amore, oggi, non è libero perché è un fatto sociale. Dire che l'amore si possa definire intimo non è esattamente vero.
L'amore non è morto, ma come fatto intimo non è mai pienamente esistito. L'amore è un fatto sociale e in quanto tale, oggi, si avverte ancora la necessità di dichiararlo, non solo alla persona amata, ma a tutti gli altri. Affinché l'amore diventi un fatto intimo si dovrebbe aspirare all'utopia assoluta: non avere la necessità di formalizzarlo, di pubblicizzarlo, di giustificarlo. Fino a quando questo non sarà possibile, il coming out sarà necessario e resterà un vissuto molto particolare per le persone LGBT.

[1]
LGBTQ è un acronimo inglese che sta per: Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer (o Questioning) ed indica tutte le possibili categorie diverse dall'eterosessualità. [2] Il termine deriva dall'avverbio out - fuori, contenuto in coming out , usato come verbo transitivo, to out, ossia, letteralmente, buttare fuori qualcuno dall'armadio. Questo termine è stato indicato dal Movimento di liberazione omosessuale come quella pratica politica di rivelare pubblicamente e contro la volontà del soggetto interessato di alcune persone pubbliche segretamente omosessuali. Spesso a portare alla pratica dell'outing sono le posizioni contrarie al movimento di esponenti politici segretamente gay. [3] Cisgender è l'opposto di Transgender, ossia una persona che è in linea tra sesso biologico e identità di genere. Quindi  un maschio biologico che si sente uomo o una donna biologica che si sente donna. [4] Eterosessismo: sì intende quel tipo di società o ambiente che dà per scontato che tutti siano eterosessuali, e che non esistano altri veri e propri orientamenti sessuali, o che comunque, riguardino qualcosa di ignoto e sconosciuto. Eteronormatività: il termine fu coniato da Michael Warner nel 1991 ed è usato per descrivere situazioni in cui orientamenti diversi da quello eterosessuale sono emarginati, ignorati o perseguiti a partire da assunti sociali, credenze politiche o religiose. Questo concetto include l'idea che l'umanità si divida in due categorie distinte e complementari: maschio e femmina, in un binarismo che non prevede sfumature o vie di mezzo. Secondo l'eteronormatività ogni sesso ha, per natura, determinati ruoli e dunque identità di genere, sesso e ruolo di genere sociale devono adeguarsi a standard interamente maschili o interamente femminili, integralisti. Inoltre, l'eterosessualità è l'unico orientamento considerato normale e degno di essere praticato.

 

 

 

 
 

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