a cura di Andrea Pennasilico
Call me by your name è un film del 2017 tratto dall’omonimo
romanzo di André Aciman, uscito nelle sale dopo un periodo di progettazione di
circa 10 anni. L’adattamento del romanzo di Aciman era stato infatti
programmato da ancora prima che il libro stesso venisse pubblicato e ha subito
un mare di cambiamenti e riprogettazioni. Lo stesso regista Luca Guadagnino era
stato inizialmente scelto solamente come consulente per le location italiane delle
riprese, ma dopo un rifiuto iniziale e qualche ripensamento ha deciso di
prendere parte alla produzione della pellicola da regista.
Il film è stato candidato a tre Golden Globe e quattro Premi
Oscar ed è stato scelto dall’American Film Institute come uno dei migliori
dieci film dell’anno.
Gran parte della produzione, oltre che del compartimento
tecnico e delle location, è italiana, ma il film ha dovuto affrontare molti
scetticismi da parte dei produttori e investitori nostrani, soprattutto per la
natura insolita della trama del romanzo e per la mancanza di un antagonista.
La storia si incentra intorno ad Oliver, uno studente
americano in visita per motivi di studio, e Elio, il figlio diciassettenne del
professore di Oliver, un ragazzo semplice e riservato nel pieno della sua
esplorazione sentimentale. Fin da subito l’attrazione tra i due ragazzi è
palpabile attraverso gli sguardi di Elio e le frecciatine di Oliver, che in
questa idilliaca atmosfera estiva passano molto tempo insieme tra bagni,
studio, letture, feste e relax. La prima metà del film è intrisa di una calma
quasi irreale, cosa che potrebbe risultare per alcuni causa di lentezza, ma che
gioca un ruolo fondamentale nel rappresentare il periodo che i due ragazzi
stanno vivendo: un’estate perfetta, ideale, priva di preoccupazioni e pensieri,
dove l’unico impegno è quello di sdraiarsi a torso nudo per leggere e
assaporare le albicocche dagli alberi in fiore, un’estate che diventa quasi un
personaggio a sé per quanto è presente all’interno del film.
Nella seconda metà il film cambia radicalmente, mantenendo
quest’atmosfera bucolica sullo sfondo e concentrandosi sulla passione fra i due
ragazzi, una passione pura, accesa, frenata solo da un piccolo confine
caratterizzato dalla natura del loro rapporto interpersonale, confine che una
volta superato lascia solo la vivida e cruda sensualità emanata dai due.
L’atmosfera del film è immersa da riferimenti classicisti,
convogliati dal campo di studi del padre di Elio e del suo allievo Oliver che
si ritrovano a discutere dei più svariati temi, dalla filosofia all’etimologia,
ma anche trasmessi attraverso svariati simbolismi: le pose di Oliver e il suo
corpo statuario lo accostano ad un dio greco, con cui condivide il suo
carattere sereno e pacato, mentre la corporatura molto più esile ed efebica di
Elio, insieme al suo carattere, lo rendono molto più umano, in preda ad
imbarazzo, intento a rubare sguardi proibiti verso Oliver e mosso dalle sue
passioni nascoste. Nelle scene di sesso tra i due la passione pervade, gli
sguardi pieni di una voglia incontrollabile di saltarsi addosso, di
sperimentare, di conoscersi, di esplorarsi.
La regia della pellicola è coraggiosa e sperimentale,
Guadagnino osa ad ogni inquadratura con trovate registiche quasi sempre
riuscite, cercando di rappresentare con montaggi e movimenti di macchina la
sensazione tipica dei periodi estivi che i giorni si fondano fra loro,
impedendoci di capire esattamente il passare del tempo ma facendoci seguire i
due protagonisti nella loro passione reciproca. Grazie all’abilità registica di
Luca Guadagnino il film è in grado di trasmettere perfettamente i pensieri e le
sensazioni di Elio che nell’opera originale erano rappresentati dalla
narrazione del protagonista, che qui è invece totalmente assente.
La fotografia è assolutamente idilliaca, con queste
inquadrature rupestri quasi oniriche, che aiutano a trasmettere l’aria
classicista dell’opera, offrendoci giornate brillantemente soleggiate e i colori
accesi della natura che circonda la storia, cambiando radicalmente nei pochi
momenti in cui il contesto si sposta nel panorama cittadino.
Le interpretazioni sono magistrali, soprattutto dall’attore
di Elio (Timothée Chalamet) che insieme alla regia di Guadagnino riesce a farci
vivere le emozioni tempestose del protagonista attraverso una recitazione degna
della nomination ricevuta. Anche l’interpretazione di Oliver (Armie Hammer) è
ottima e il cast secondario fornisce una cornice fondamentale per la storia
d’amore centrale del film, soprattutto attraverso il ruolo del professore di
Oliver e padre di Elio (Michael Stuhlbarg) il cui monologo alla fine del film è
stato osannato da moltissimi critici cinematografici.
Unica pecca grave è data dal doppiaggio italiano, che ha
deciso di tradurre completamente l’intero film, mentre nella versione originale
è un meraviglioso connubio di lingua italiana, francese e inglese,
brillantemente parlate da tutti gli attori del cast.
Questo film, oltre ad essere un’opera cinematografica
bellissima, è molto importante anche per un altro aspetto: quello della
rappresentazione LGBT. Non solo, infatti, la storia d’amore è tra due uomini e
non si risparmia nel mostrarne i lati passionali e sensuali senza mai cadere
nei soliti cliché visti e rivisti nelle storie di amore omosessuale, ma è anche
una buona rappresentazione della bisessualità. Elio e Oliver infatti, sebbene
vivano pienamente il loro amore, vengono mostrati avere rapporti romantici e
sessuali anche con personaggi femminili. Il loro amore non viene mai messo in
discussione dai personaggi secondari e, sebbene si faccia qualche suggerimento
al fatto che possano stare sperimentando, non viene mai dato per scontato che
la loro parentesi estiva sia stata solo questo, solo una fase passeggera.
Purtroppo anche nella presentazione non c’è una totale assenza di difetti,
infatti vediamo Elio promettere ad una ragazza di non farla soffrire per poi
tradirla con Oliver, mostrando lo stereotipo dell’infedeltà dei ragazzi
bisessuali, ma fortunatamente il film non ci marcia troppo sopra ed anzi mostra
la ragazza completamente serena e comprensiva della situazione.
Purtroppo nel
corso del film non viene mai detta la parola “bisessuale”, che è una cosa molto
importante per combattere la bicancellazione, ma sinceramente non mi sarei mai
aspettato che un film del genere lo facesse, poiché si occupa solo di
rappresentare una passione pura ed incontaminata, che va oltre le etichette e
che sarebbe stato strana da classificare, ma purtroppo questo porta molte delle
persone che parlano di questo film a non menzionare mai la bisessualità dei
personaggi, ma di parlarne come se fossero omosessuali.