A cura di Emilia De Simone.
Il 23 settembre si celebra
la Giornata della Visibilità e dell'Orgoglio Bisessuale con lo scopo di
denunciare e combattere l'invisibilizzazione e la stigmatizzazione delle
persone bi+ (bisessuali,
pansessuali), sia da parte della società eterocisnormata che all'interno della
stessa comunità LGBTQIA+. Per
entrare nel vivo, anche questa volta vi proponiamo una testimonianza diretta,
confermiamo la modalità dell’intervista come nostra preferita, per prendere
parte a iniziative come il Celebrate Bisexuality Day, proprio perché ci sembra
essere la più congeniale allo scopo di dare voce e spazio alle esperienze delle
persone coinvolte.
A
questo giro la nostra intervistata è Lisa, alla quale abbiamo chiesto per prima
cosa se conoscesse la giornata, se la ritenesse utile e che cosa, invece,
cambierebbe.
Lisa:
Conosco
la giornata per tante motivazioni, non solo perché sono bisessuale. Penso che
istituzionalizzare queste giornate serva a far sì che ci siano dei momenti
collettivi e comunitari in cui si prende coscienza della diversità umana e del
fatto che esistono diversi orientamenti sessuali, che sono differenti da quelli
che magari più arrivano alle nostre orecchie come l’eterosessualità o
l’omosessualità.
Allo stesso modo penso
che purtroppo queste giornate spesso siano svuotate della loro carica, per
colpa di nessuno in particolare, infatti è meglio parlare di responsabilità più
che di colpa, quindi, ecco, per una responsabilità sistemica
nell’invisibilizzazione LGBTQIA+. È soprattutto per questo che si vengono a
creare queste giornate, come può essere la Giornata della Visibilità e
dell’Orgoglio Bisessuale, anche perché molto spesso, cosa che non sta
succedendo in questo caso e di questo te ne ringrazio, si parla di visibilità e
dell’orgoglio bisessuale come di una giornata da calendarizzare, soprattutto
nell’era digitale, per riempire il feed social, ed es. “è la giornata x quindi
facciamo un contenuto che parla di quest’argomento” ma visibilità e orgoglio
dovrebbero essere abbinate a chi vive quell’orgoglio e quella visibilità, o
quella invisibilità. Quindi si, penso si possa fare di più, ma lo penso in
generale nella vita, soprattutto quella politica. Perché si rischia così che
queste giornate rimangano un po’ fine a se stesse.
Quindi, in conclusione,
giornate come queste servono se si prende coscienza di ciò che sono con grande
spirito di comunità collettiva. Servono nonostante le contraddizioni che
portano dietro come tutte le cose della vita, che è contraddittoria. Noi esseri
umani siamo una grande contraddizione e potrebbe anche sembrare che io stessa
mi stia contraddicendo in questo momento con le mie parole, e va bene così, perché
il mio obiettivo non è NON contraddirmi bensì abbracciare la complessità umana.
Ci sono tante persone, ad esempio, che non sanno nemmeno cosa significhi
“visibilità e orgoglio bisessuale”, quindi da un punto di vista istituzionale
servono a dare una risposta alle esistenze umane non riconosciute nelle loro
specificità. Tuttavia ritengo che esistano ancora molte dinamiche bi-fobiche,
dentro e fuori la comunità LGBTQIA+, altrettanto complesse che finiscono per
svuotare il senso di queste giornate.
Emilia:
Ci
è capitato di intervistare persone che non conoscessero l’esistenza di queste
giornate, mi sembra che questo confermi proprio quello che stai evidenziando
tu, ovvero che è necessario che queste giornate esistano e vengano
istituzionalizzate, ma che questo non è sufficiente e meriterebbero di essere
più partecipate, in una maniera che ne restituisca il senso complesso e
complessivo.
Andando
avanti con l’intervista, riprendiamo il filo dall’ultimo aspetto toccato da
Lisa, ovvero le dinamiche bi-fobiche e facciamo riferimento alle ricerche e
alle testimonianze dalle quali sembrerebbe essere esperienza condivisa tra le
persone bisessuali quella di una sorta di “doppia esclusione” sia da parte
della società eterocisnormata che dalla comunità lgbtqia+, come se in entrambi
i casi bisognasse sempre dimostrare qualcosa a qualcuno. Chiediamo a Lisa se ha
esperienza di ciò e se le va di parlarcene.
Lisa:
Assolutamente
sì, confermo questa doppia esperienza di esclusione. Personalmente sono un
chiaro esempio di questa esclusione perché sono una persona bisessuale che
spesso ha avuto esperienze sessuali con altre donne, ma esperienze romantiche
solo con uomini. Questo mi mette e mi ha messo in situazioni di esclusione,
perché stesso nella comunità non si riesce ad accettare questa cosa che in
realtà è normalissima.
Penso che dovremmo un
po’ liberarci dall’ottica di dover per
forza definire la sessualità e le relazioni in un unico e solo modo, le
etichette servono a chi le vuole usare per definirsi, ma non servono se sono
strumenti che opprimono.
Io sono orgogliosamente
bisessuale, in realtà io mi definisco pansessuale o bi+, perché provo interesse
verso qualsiasi persona, al di là del suo genere o del suo genitale. Però
questo non significa che debba per forza sperimentare questa cosa nella
pratica, io potrei anche non avere mai avuto esperienze sessuali con donne o
persone trans e non binarie, ma comunque essere bisessuale, perché la
sessualità fa parte, in qualche modo, anche della propria identità e non di
quello che fai nel letto. Questo è in sostanza il grande problema. Inoltre, ci
sono anche un’altra serie di invisibilizzazioni che avvengono nella società
eterocisnormata, ma questo in realtà succede anche nella comunità LGBTQIA+, ad
esempio molto spesso si dice che noi persone bisessuali siamo magari “confuse”,
siamo “in una fase”, che poi “è soltanto una fase” è una frase che si usa
rivolgere anche alle persone omosessuali, ma ancora di più con noi perché
appariamo confusɜ, quando in realtà non lo siamo. Una cosa che dico sempre è
che se le persone bisessuali socializzate donne, nonostante le violenze
machiste che provano giornalmente, continuano a provare attrazione, o comunque,
non voglio solo parlare di attrazione perché sono anche una persona demi-sessuale,
non provo propriamente attrazione, ma possono piacermi o meno gli uomini,
dicevo che probabilmente siamo molto più convinte di quello che ci piace o non
ci piace, perché viviamo una doppia, tripla invisibilizzazione in questo senso.
Spesso capita che viviamo relazioni molto problematiche anche in relazioni
saffiche. Direi che l’invisibilizzazione è totale, un altro pregiudizio è
quello di essere avide di sesso, parlo al femminile perché sono una donna
cisgender, ma essendo parte dello spettro a-sessuale, sono l’esempio del fatto
che nemmeno questa “accusa” è vera e non lo sarebbe anche se fossi allosessuale
perché l’orientamento sessuale non ha niente a che vedere con quello che
facciamo nel letto, lo ripeto.
Ci
avviamo verso la conclusione dell’intervista e chiediamo a Lisa di salutarci
lasciando un messaggio, chiedendole: c’è qualcosa che tuttɜ dovrebbero sapere e
di conseguenza mettere in pratica?
Lisa:
Il mio messaggio è generale e si rivolge a tutte le persone, che sono o meno
parte della comunità LGBTQIA+, anche se chiaramente ci tocca molto da vicino in
quanto persone bisessuali. Mi riferisco al fatto di lasciare spazio alle
persone che hanno fatto un percorso identitario in questo senso. Bisogna dare
visibilità a queste persone, farle parlare, mettersi in ascolto e questo manca
anche negli spazi lgbtqia+. Abbracciare la complessità significa accogliere le
contraddizioni piuttosto che respingerle e volerle risolvere, perché non è
possibile risolvere le contraddizioni. L’essere umano è complesso e lo sono
tutte le sfaccettature della nostra vita, questo è fondamentale per comprendere
la diversità e, per usare un linguaggio che si porta molto in questo momento (e
che dovremmo risignificare parlando piuttosto di “accoglienza delle
differenze”), “essere inclusivi” per davvero e non solo per riempire i nostri
CV o in nostri spazi online! Questo è il mio messaggio.
Ringraziamo
Lisa per l’energia trasmessa dalle sue delicate parole e soprattutto per il
messaggio che ci lascia: per accogliere le differenze fino in fondo ed essere
realmente “inclusivi” (tra tante virgolette), bisogna liberarsi dall’ottica di
dover definire la sessualità e le relazioni in un solo e unico modo e
abbracciare la complessità, accogliere le contraddizioni piuttosto che respingerle
nel tentativo di risolverle. Dare spazio e voce alle esperienze complesse è uno
dei modi attraverso cui si può combattere l’invisibilizzazione di molte
esistenze, costruendo insieme momenti collettivi e comunitari in cui prendere
coscienza della diversità e specificità di ciascunə e, perché no, anche della
propria.